Un vento caccio cane

 

                                                                                       Un vento caccio cane

 

 

In una bella città d’Italia abitava, con i suoi genitori, una deliziosa bambina, biondina e cicciotella.

 Era una bambina molto simpatica, sempre sorridente, con tanta voglia di giocare e soprattutto con tanta voglia di parlare con qualsiasi persona le capitasse a tiro.

 Tutte le mattine – quando andava con la mamma a fare la spesa – c’erano delle soste fisse: la prima dal fornaio (ed era pronta per lei una bella striscina di schiacciata calda), poi dall’ortolano (le olive…. la sua passione e qualche volta anche una bella banana) e sia con la fornaia che con l’ortolana c’era sempre da scambiare qualche parola mentre la mamma faceva la spesa!

 Poi c’era da scegliere: o si andava in salita – ed allora la strada diventava il campo di ricerca dei pinoli (un’altra passione) perché quel bel viale non aveva platani o tigli come quasi tutti i viali, ma dei magnifici pini; In questo caso il divertimento si prolungava anche al ritorno a casa perché c’era da sbucciare tutti quei  deliziosi pinoli che avevano ridotto le manine color terra…..

 Se non si andava in salita, si andava in giù verso la Stazione dei treni: niente male, vero? Perché oltre a vedere i treni che sfrecciavano o che si fermavano per far salire e scendere tante persone, c’era anche la pista di pattinaggio dove i bambini (più grandicelli di lei) imparavano a pattinare.

 La bimba si divertiva con tutto e la mattinata passava in fretta.

 Nella casa accanto alla sua abitavano tre bambini: al mattino erano a scuola ma a mezzogiorno tornavano a casa ed allora si precipitavano in terrazza e cominciavano i giochi perché le loro terrazze erano divise solo da un muretto basso che era facilissimo da scavalcare (ci riusciva perfino la nostra piccina!) e così la banda si riuniva ed era un pomeriggio di giochi.

 Ma nell’intervallo tra il rientro a casa  – quando la mamma preparava il pranzo – e il ritorno da scuola degli amici, bisognava inventare qualcosa: lei mangiava presto e rimaneva abbastanza tempo.

 La sua cameretta aveva un balconcino piccolo, che dava sulla discesa dei garages e la bimba aveva imparato che a quell’ora gli inquilini del palazzo tornavano a casa (come anche il suo babbo) e lei si metteva al balcone e salutava tutti e tutti rispondevano al suo saluto…. E per essere gentile la nostra Babi (così la chiamavano tutti) dava anche notizie sul tempo: “visto il sole?” “Fa freddo!”, ma soprattutto, poiché quella  città è sempre molto ventosa Babi  parlava del vento, e siccome era ancora piccola la frase di rito era “oggi c’è un vento …caccio cane”.

 La gente si divertiva e le sorrideva, ma un giorno Babi vide che le foglie dell’albero in fondo alla terrazza si muovevano più del solito e allungò il musetto incuriosita. Sentì una voce: “perché dici sempre di me che sono ‘caccio cane’?” Io sono buono, non lo sai? Faccio muovere le foglie così si levano di dosso la polvere, porto i semini della piante in giro perché possano arrivare lontano e far crescere nuove piante…. Ho tanti lavori da fare!”

 “Ma io non dico così perché penso che tu sia cattivo – anche se quando soffi troppo forte mi fai un po’ paura – maperchè sono piccola e non so ancora parlare bene”. “Ho capito, ma guarda, ti faccio vedere quante cose so fare: il vento soffiò piano sulla terrazza e tutte le foglie si riunirono e cominciarono a ballare e a volteggiare come in un allegro girotondo…. Babi era entusiasta e batteva le manine, ma il vento le disse che doveva restare un segreto fra loro due perché solo i bambini possono sentire cosa dice il vento

. E da quel giorno Babi diceva alle persone “vedi che bel venticello?” e sentiva il vento tra le foglie dell’albero in fondo alla terrazza che rideva piano piano…….

Alice..a casa sua

 

 

Alice…a casa sua

 

“La sapete la storia di Alice?”

 

Con la sua tazza di cioccolata calda stretta fra le mani Ilaria mi guarda perplessa. “Ma nonna, ce l’hai regalato tu il CD di Alice nel paese delle meraviglie”!.”Davvero nonna”, fa eco  Matteo che non vuole mai rimanere indietro…

” Ma no, non quella!” esclamo, “un’altra Alice, una bambina come voi  – anche se è vero che la sua storia ha qualcosa di meraviglioso”.

 L’attenzione dei bambini è al massimo: l’inizio della storia sembra molto interessante.

 “Dai nonna, racconta intanto che beviamo la cioccolata, tanto scotta”. Questo vuol dire che la storia può essere anche lunga…….

 

 °°°°°

 “In una bella città viveva con i suoi genitori una bambina che si chiamava Alice; era bella e così alta che tutti credevano che avesse più anni di quelli che in realtà aveva.

 Certo, i bambini che vivono in città non possono stare distesi su un bel prato ad ascoltare le favole che qualcuno racconta loro, ma Alice aveva una grande fantasia e poteva benissimo immaginare di stare sotto un albero pieno di ciliegie mentre la mamma le raccontava una favola prima di andare a letto.

 La mamma le sta leggendo un libro molto bello, che parla di animali che vivono nei deserti africani e nelle savane.

 Ci sono serpenti e leoni, coccodrilli e splendidi uccelli e scimmiette simpatiche e birbone; tutto questo ad Alice piace molto perché ama gli animali e poiché non li può avere in casa – sarebbe anche pericoloso, vi immaginate un leone che dorme in salotto? – ha tanti, ma tanti peluches.

 La sua cameretta  ne è piena e spesso la mamma brontola perché sono sempre in giro sul letto e sui mobili. Non parliamo poi del pavimento, e ce ne sono anche sotto al letto!. “Un po’ come camera nostra” interviene Ilaria. “Sì, proprio così” le rispondo.

 “Dai, nonna”, fa Matteo che non ama le interruzioni,”vai avanti”.

“Alice chiude gli occhi per meglio immaginare la scena che la mamma racconta.

 La mamma abbassa la voce, è convinta che la sua bambina si sia finalmente addormentata  ed esce dalla cameretta.

Ma Alice non dorme, mentre chiudeva gli occhi le è sembrato di entrare nel libro e  ha visto uno dei leoni della favola che si stava avvicinando piano piano ad una deliziosa piccola giraffa,  sperando in un bel pranzetto.

La bimba ha sentito la maestra che spiegava che tra gli animali succede che uno mangi l’altro, ma loro lo fanno solo quando hanno fame e mai con cattiveria, ma qui è diverso, questo è il suo libro!

E non è il solo caso: la bimba gira gli occhi ed ecco che vede poco lontano due tigri che si stanno azzuffando ferocemente.

 Più in là un elefante sta tranquillamente bevendo nello stagno quando un coccodrillo salta fuori dall’acqua e prova a morderlo….. stanno tutti litigando e cercando di farsi del male….

 Alice salta giù dal letto, ma che cosa sta succedendo? Possibile che nel libro gli animali sembrassero così tranquilli ed ora che non possono vivere uno accanto all’altro senza farsi del male?

 “Basta” urla Alice e grida così forte che gli animali si fermano di scatto, allibiti.

 Bene, pensa Alice, per ora  si sono fermati, ma… che sta succedendo?

 Gli animali hanno cominciato a guardarla con una strana luce negli occhi… ecco che il leone parla per tutti e la sua voce è davvero un ruggito.

 Alice indietreggia un po’ impaurita.

"Cosa vuoi, che cosa ci fai qui, bambina, questa è casa nostra e facciamo quello che ci pare."

Che fifa – pensa Alice – ma è una bambina coraggiosa e poi non le piace vedere la gente che litiga, figurati poi se può vedere animali che cercano di mangiarsi l’un l’altro.

“ Insomma, volete smetterla!” Grida ancora Alice con voce severa –“vi sembra questo il modo di comportarvi? Bravi, davvero bravi…ora ci penso io: tutti in fila e vediamo di dare qualcosa ad ognuno. Aspettatemi.”

 In punta dei piedi Alice va in cucina (per fortuna i genitori sono andati a letto) e prende tutto quello che può.

Con le mani piene si siede in mezzo a loro: “Vieni leone, queste sono le polpettine che fa la mamma, Sono tanto buone, sai? speravo di mangiarle domani ma te le do volentieri però tu lascia in pace la giraffina”.

 Poi apre un po’ di confezioni di merendine e le posa in mezzo all’erba e uno per uno gli animali si servono: è tanto carina quella bambina che fa piacere ubbidirle, poi almeno la fame si calma per un po’.

Finalmente è tornata la pace nella savana, gli animali si sono messi a riposare al sole.

 Alice è contenta: ha fatto un buon lavoro….

 Ora posso dormire anche io, pensa.

 Ma ecco che si apre la porta, è la mamma..

 “Forza Alice, sveglia, si fa tardi, è ora di andare a scuola”….”Ma io ho sonno… vedi mamma,  gli animali del libro litigavano e ho dovuto……”

 ”Ma se hai dormito tutta la notte” – ride la mamma.

 Alice si guarda intorno: possibile che sia stato tutto un sogno? Forse la mamma ha ragione, in fin dei conti non si sente poi così stanca e i peluches sono sparsi dappertutto nella cameretta, come al solito…

La bimba si ferma improvvisamente:  no, non ha dormito… il leone è sotto la finestra abbracciato alla giraffa, la scimmietta sta accarezzando  il coccodrillo….. ieri sera non stavano così, che è successo stanotte?

 Perplessa Alice dà un’ultima occhiata alla sua cameretta prima di uscire: le tigri le fanno l’occhietto e la giraffina agita il codino….

 Alice ride fra sé, è meglio che la mamma non sappia nulla, chi sa se potrà giocare ancora con i suoi amici?”

 Ilaria e Matteo battono le mani:”brava nonna, questa sì che è una favola a sorpresa”…..

 

 

 

 

 

Dracula

 

DRACULA

 

 

 

 

La spaggia assolata è un deserto, è l’ora in cui tutti – dopo aver mangiato – vanno a fare il riposino  o a cercare un po’ di fresco in pineta.

Sotto il sole si aggira sconsolato un povero Dracula…

In un mondo di abbronzantissimi è pallido, emaciato, avvilito, affamato….

Eh, sì, proprio affamato…. O per meglio dire assetato….

Da qualche giorno non mette in bocca niente: Ha paura.

Qualche giorno fa, girando per la spiaggia, osservando tutti quei colli (colli, colli, proprio quelli su cui poggia la testa… mica quelle verdi colline che si vedono dalla spiaggia e che a lui non interessano minimamente!) pensando a quale scegliere per un aperitivo, gli è capitato di sentire un discorso sull’AIDS…. : ci si infetta col sangue…..!

E ora ha paura, non può mica chiedere l’analisi del sangue prima di un bel morsetto…. E andare così a casaccio non gli sembra più il caso….troppo pericoloso… non si vuole mica ammalare lui…

Prova con il suo braccio… meglio di niente. Con un coltellino si fa un piccolo taglio… Ahi, che male! E poi escono poche gocce…. Non riesce neppure a sentire il sapore…

Cominciano a mancargli le forze, gli si annebbiano gli occhi, gli gira la testa…..

Tutto buio.

Il bagnino l’ha visto cadere giù come una pera cotta ed è corso a soccorrerlo…

Una telefonata all’ambulanza e Dracula si trova in ospedale…

Ha battuto la testa contro una sdraia ed ha perso parecchio sangue … proprio il colmo!!!

Il dottore chiede una trasfusione: è troppo debole.

Arriva l’infermiere con una bella sacca piena, fa per attaccarla all’asta, ha già in mano l’ago….

Dracula gliela strappa di mano velocissimo e se la beve contento… finalmente!

Le forze sono tornate, salta giù dal lettino e corre via velocissimo…. Ha trovato finalmente la soluzione dei suoi guai!

L’infermiere è ancora lì, con la bocca aperta e gli occhi sbarrati…..

Trova il tempo

 

E’ tardi, anche se stanotte cambia l’ora legale e si può dormire un’ora in più…

Voglio darvi la buonanotte con questa antica ballata irlandese, come augurio per……. oggi

 

 

 

 

 

 

Trova il tempo

Trova il tempo di riflettere,

è la fonte della forza.

Trova il tempo di giocare,

è il segreto della giovinezza.

Trova il tempo di leggere,

è la base del sapere.

Trova il tempo di essere gentile,

è la strada della felicità.

Trova il tempo di sognare,

è il sentiero che porta alle stelle.

Trova il tempo di amare,

è la vera gioia di vivere.

Trova il tempo d’esser contento,

è la musica dell’anima.

Ugo

IL GATTINO

 

In un gattile di una grande città nacquero quattro gattini. Erano molto belli – per lo meno tre di essi: uno era color fumo con una bella coda che sembrava una bandiera, un altro era grigio, con una rigatura così bella che si vedeva chiaramente che ne andava fiero; c’era poi una gattina tutta nera, con due occhi fulvi dolcissimi….. poi c’era l’ultimo, un gattino rosso, piccolo piccolo.

 Forse non c’era molto spazio nella pancina della mamma (o forse gli altri gattini se l’erano preso quasi tutto) e il piccolino si era arrangiato e tutto rannicchiato non  si era accorto della sua codina. Infatti la sua coda formava un buffo nodino che non si poteva allungare e sventolare  e poi il gattino era rimasto più piccolo degli altri. Anche i suoi occhi – che erano di un bellissimo azzurro – erano un po’ storti probabilmente perché si era sforzato di guardare al di là dei fratellini.

 Ogni tanto veniva qualcuno al gattile in cerca di un gattino e così piano piano i suoi fratellini furono tutti adottati, ma il nostro micetto rimaneva là perché tutti volevano dei gatti belli.

 Finalmente successe una cosa bellissima: una bambina aveva perso il suo amico gatto ed era tristissima perché lo amava tanto, ma non voleva sostituirlo se non con un gatto rosso. La sua sorellina cercò in tutti i negozi di animali, ma sembrava che non ci fossero gatti rossi  in tutta la città. Alla fine provò a telefonare al gattile.

 Le rispose una ragazza molto gentile: “Noi abbiamo un gatto rosso, è piccolo e molto buono…..se vuole può venire a vederlo, però ha qualcosa che non va, ha la coda rotta”.

  Ma la bimba sapeva che la sua sorellina era buona e amica di tutti gli animali e chiese se potevano portarlo ugualmente a casa..  Lo portarono e la piccola Bina (questo era il nome della bambina) si innamorò subito di quel gattino che faceva tenerezza, e il gattino si innamorò di quella bambina che non aveva riso di lui.

 Divennero inseparabili e sapete come andò a finire? Il gattino crebbe e l’affetto fece il miracolo: divenne grosso e bellissimo, l’occhio si raddrizzò e quella buffa coda annodata divenne il suo distintivo che lo rendeva unico e particolarmente simpatico. Gli piaceva tanto quando qualcuno gli faceva le coccole, che lui ricambiava con le sue zampine morbide.  La sua bontà lo faceva amare da tutti: certamente, perché la bontà e l’amore rendono belli!

 

L’uovo di Pasqua

 

L’uovo di Pasqua

   

C’era una volta un ovetto di cioccolata.

 Non era tanto grande e nemmeno di una marca famosa. Era di  cioccolata al latte, abbastanza sottile: solo dove le due metà vengono incollate c’era più spessore perché qualche goccia di cioccolato era rimasta a formare un’isoletta  un po’ sollevata.

 Il nostro ovetto, però, era contento lo stesso perché si sentiva bello: era rivestito di una bella cartina argentata ed era chiuso in un foglio di cellophan tutto colorato e scricchiolante ad ogni movimento… si sarebbe sentito da lontano se qualcuno avesse cercato di aprirlo di nascosto.

 L’ovetto era nella cucina di una casa, dove abitavano una bambina con i suoi genitori: non c’era una particolare ricchezza, ma c’era tanto affetto.

 Alla bambina i genitori avevano detto di non aprire l’uovo fino a Pasqua e la bambina obbediva anche se ogni volta che passava in cucina le veniva l’acquolina in bocca e avrebbe voluto assaggiarne anche un pezzettino piccolo piccolo. Inoltre, ogni volta che passava lo scuoteva un po’ per sentire se c’era la sorpresa, ma non si sentiva quasi niente. Matilde (così si chiamava la bambina) resisteva, e poi mancavano così pochi giorni!

 Di notte – per non farsi vedere – l’ovetto provava anche lui a scuotersi per essere sicuro di avere dentro di sé una sorpresa, una bella sorpresa, ma il suono che veniva era davvero leggero – bisognava stare attenti per sentirlo!

L’ovetto era addolorato: quella bella bambina le piaceva, era brava, ubbidiente e gentile con tutti e lui avrebbe voluto avere una sorpresa meravigliosa per premiarla, ma si rendeva conto che in un ovetto piccolo e semplice come lui non ci poteva essere che qualcosa di piccolo e inutile…..

 Arrivò Pasqua e, finito il pranzo, la mamma prese l’ovetto e lo dette alla sua bimba.

 Matilde slegò con attenzione il nastrino rosa e cominciò a levare la carta che lo avvolgeva.

 La spianò con la mano  per vedere il disegno.

 La carta ebbe un fruscio che sembrò una musica: era bella così aperta, sembrava un prato pieno di fiori.

 Poi  Matilde levò la carta d’argento, piano piano per non romperla: la piegò con cura finchè non divenne una striscina sottile e se ne fece un anellino.

 Uscì fuori l’ovetto: si vergognava un po’ per essere così nudo e perché aveva paura che la bimba sarebbe rimasta male nel trovare una sorpresa così piccola: si sa bene – anche nel mondo degli ovetti – che il bello delle uova di Pasqua è soprattutto la sorpresa.

 Ecco, ci siamo: la bimba prende un coltellino e con la punta divide delicatamente le due metà.

Dentro c’è un pacchettino minuscolo, di carta velina bianca.

 Matilde apre piano il pacchetto e fa un salto di gioia. Nel pacchetto c’è un ciondolino di corallo, un cuoricino rosso come il fuoco.

 La mamma glielo mette subito alla catenina che ha al collo e Matilde si va a guardare felice allo specchio.

 Poi assaggia il  cioccolato dell’ovetto… “mamma, si è un po’ sciolto!. ….. Sarà stato il caldo delle mie mani?” L’ovetto ride piano…. A lui si è sciolto il cuore per la gioia!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La sedia a dondolo

La sedia a dondolo

 

 

Era una sedia a dondolo di legno, a casa dei nonni, con la spalliera  lavorata – non aveva mai capito che disegno fosse, forse erano solo ghirigori che potevano diventare via via draghi, fate, foreste oscure, onde altissime…. dipendeva dal gioco-sogno – i braccioli terminavano con una specie di ricciolo e così le due mezzelune che le permettevano di dondolare dolcemente…..ed era il posto di osservazione di Faustina.

Di solito era girata verso la finestra, perché al nonno piaceva leggere il giornale alla luce del giorno, dondolandosi lentamente.

Ma quando, al pomeriggio, si riunivano tutti in quella grande casa, la sedia diventava il mondo della piccola… Sì, perché tra le sorelline, i cuginetti e Faustina c’era una bella differenza d’età…. La più piccola dei “grandi” era la sua sorellina Franca e c’erano sei anni fra loro.

Per questo Faustina per un po’ giocava con loro – ma le permettevano di fare solo il cane o lo schiavetto negro (erano i tempi delle colonie italiane…)- poi si stufava e preferiva andarsene sulla sedia ad osservare……

Bastava girarla un po’ e il campo d’osservazione diventava perfetto, un colpo d’occhio sul salotto – dove nonna riuniva figlie, generi e amici – e la terrazza e le camere dove di solito giocavano i “grandi”…

La lasciavano tranquilla perché pensavano che fosse addormentata, ma lei teneva gli occhi appena socchiusi e le orecchie bene aperte pronta a far tesoro di ogni cosa.

I discorsi nel salotto di nonna, tra un tè e un pasticcino le piacevano moltissimo, a meno che non cominciassero a parlare delle spese di casa, dei lavori da fare o di politica.

Di solito però parlavano di musica, di pittura, di architettura (lo zio Ugo che era architetto stava costruendo una nuova chiesa a Roma e teneva tutti al corrente dei lavori e dei contatti che aveva preso con un pittore per gli affreschi delle cappelle)….

La musica era l’argomento che le piaceva di più: veniva aperto il giradischi con mille precauzioni, cercata la puntina giusta – andava scelta più o meno grande a seconda del tipo di musica da ascoltare – applicata al braccino…. e poi una bella girata di manovella (non forzare troppo, mi raccomando! Era la richiesta di nonna che al suo giradischi teneva tantissimo) e la musica partiva….. classica, lirica…. Erano i famosi 78 giri di vinile… quasi tutti della Voce del padrone, con il disegno del canino davanti alla tromba di un fonografo…. Le custodie di carta erano trattate con attenzione…. I dischi si rigavano con facilità… Anche il braccino con quella puntina che sembrava un chiodo d’ottone poteva posarlo sul disco solo mamma che era la più attenta. ….Qualche volta, cullata dalla musica si appisolava davvero, ma più spesso cominciava a viaggiare con la fantasia e inventava favole meravigliose, dove lei era sempre la bellissima principessa a cui però succedevano un’infinità di peripezie prima che il bel principe azzurro venisse a liberarla…

Piano piano aveva imparato tutte le opere liriche più famose e non solo le cantava, ma poteva anche cantare tutte le parti orchestrali ….l’opera completa…

Anche la musica classica le piaceva e aveva le sue preferenze, ma non si ricordava mai né l’autore né il titolo del pezzo.

Il momento più bello però era quando Mamma si metteva al pianoforte (si era diplomata al conservatorio a Napoli) e cantavano le canzoni in voga ….. Questo lo facevano anche a casa, lei, le sorelline e papà – quando tornava abbastanza presto dal lavoro – ed erano momenti magici!

Quando guardava gli altri giocare, invece, le veniva sempre un po’ di rabbia perché sapeva che avrebbe potuto fare anche lei i giochi che facevano loro, ma non la lasciavano mai provare….

Così rimaneva sulla sedia a dondolo, in silenzio, a guardare quei 5 che ne inventavano di tutti i colori…

Solo Caterina, la “tuttofare” di nonna – che era diventata una della famiglia dato che era entrata in casa loro a dodici anni (a Faustina sembrava tanto vecchia… in realtà di anni ne aveva solo 40, ma si sa, per chi ne ha solo cinque c’è un abisso)…

Caterina si sedeva accanto a lei e le raccontava del suo paese in Ciociaria, della sua casa in campagna con tanti animali…le raccontava delle galline, delle uova fresche.. “calde calde quando le levi dalla paglia”, dei coniglietti, della mucca quando allattava il vitellino…

Lei aveva lasciato la sua casa da bambina perché c’era bisogno che lavorasse, era tornata qualche volta dalla sua famiglia, ma si era affezionata talmente alla nonna e a tutti noi che non sentiva neppure il bisogno di tornare a casa!

Allora la fantasia di Faustina si sbizzarriva e lei diventava la bella contadinella  che andava al mercato con la sua ricottina sulla testa…. E cominciava a ridere da sola perché la favola della ricottina le piaceva tanto….

Quando Caterina si allontanava per andare a preparare la merenda Faustina saltava giù dal dondolo e correva dietro a lei per arrivare prima di tutti. Almeno questo privilegio non se lo lasciava scappare!

Caterina preparava sempre per lei qualcosa a sorpresa… “zitta, zitta, questo è solo per te”!.

Faustina prendeva il suo piattino pieno di cose buone e tornava in punta dei piedi alla sua sedia per fare merenda tranquilla e comoda…..

Intanto il salotto si era vuotato, gli amici erano andati via….

Le era toccato sopportare i baci e le carezze di tutti (qualcuno gli era simpatico e accettava volentieri una coccola, ma alcuni non le piacevano… ma mamma le aveva detto che sarebbe stato maleducato scansarsi e per la sua mamma Faustina avrebbe accettato qualsiasi “sacrificio”!

Anche loro dovevano tornare a casa anche se il sogno non era ancora finito…. “Faustina, apri gli occhi o finirai per sbattere contro qualche lampione!”.

Eh, sì… bisognava rimandare al giorno dopo!!!!

 

La vacanza di Tini

La  vacanza di Tini

 

Quest’anno l’inverno è veramente freddo; sto aspettando i nipotini che vengono a passare il pomeriggio da me mentre i genitori fanno la spesa.

 Uno scampanellio e un ticchettare di ditini sulla porta… sono arrivati. “Come state cuccioletti? Che nasini rossi ! Svelti, andate a mettervi le pantofoline mentre io preparo una bella cioccolata calda..”

 Un saluto a mamma e babbo che vanno via e… al lavoro.

 Siamo seduti con le nostre tazze fumanti (nonna, scotta!).

 E’ un pomeriggio tranquillo, fuori il cielo è grigio ma in casa c’è un bel tepore….

 “Come stanno Tini e Farfallina?” chiedo ai piccoli che sono innamorati dei loro pesciolini e ne parlano sempre volentieri.

 “Bene, nonna, Tini mangia sempre tanto e Farfallina gli fa sempre la corte….. ma ci  racconti di nuovo di quando erano qui?”.  E inizia la storia.

 “In primavera vicino a casa vostra hanno fatto una fiera – c’erano tanti banchi che vendevano di tutto, giocattoli,  dolci e palloncini colorati – vi ricordate? Abbiamo preso il palloncino di Winnie the Pooh – e poi c’era un banco con tanti animali: coniglietti nani, criceti di tutte le misure e colori, uccellini (cantavano tutti insieme e si sentiva da lontano il loro vocio) e pesciolini rossi.

 Mamma si commosse alle vostre richieste, anche perché i pesciolini danno veramente poco da fare e così siamo tornati a casa (quel giorno ero anche io con voi)  con una vaschetta e due pesciolini rossi (arancioni – si arrabbia Ilaria…).

 A casa presero un posto d’onore, prima in camera vostra, ma rischiavano di cadere perché Matteo per vederli si arrampicava sul mobile e li avete spostati  in cucina.

 Erano molto carini e voi stavate sempre attenti che non gli  mancasse da mangiare….

Ilaria li aveva chiamati Farfallina e Fiorellino.

 Ma Farfallina – all’inizio dell’estate – morì.

 Fiorellino era rimasto solo e nuotava in su e in giù per la vaschetta.

La mattina, quando arrivavate in cucina veniva a salutarvi, ma forse si sentiva solo.

 Poi siete partiti per le vacanze e  Fiorellino si trasferì da me perché non era possibile portarlo.

 Ilaria si raccomandò: “nonna, compri un amichetto per Tini?” (Matteo lo aveva ribattezzato così…).

Qui vicino, però,  non ci sono negozi di animali e andare in autobus con un pesciolino nel sacchetto era un po’ scomodo. Mi dispiaceva non potervi accontentare però si vedeva che Tini si sentiva solo: andava in giro per la vaschetta e cambiava strada solo al mattino, quando veniva a salutare.

Inoltre  dormiva, dormiva tanto: probabilmente si annoiava!

 “Meno male che c’è la zia Sabi!” dice Ilaria a cui piace intervenire nel racconto.. “meno male!” si unisce Matteo che non vuole rimanere indietro…

 E’ vero: una  sera la zia arrivò a casa con sacchettino e dentro c’era un pesciolino nero (Una pesciolina, abbiamo deciso, perché era molto graziosa) con uno strano musino schiacciato, due occhioni  grandi e la coda e le pinne lunghe e morbide che agitava come se fossero ali, con un fare molto aggraziato.

  Avevamo un po’ di timore che Tini non l’accettasse perché  ormai era solo da tanto tempo, ma la pesciolina cominciò subito a nuotargli davanti muovendo la coda come se volesse dirgli “diventiamo amici?”  e – incredibile! – Tini non solo la accolse con entusiasmo, ma diventarono inseparabili…..

 Sembrava quasi che Farfallina (aveva preso il nome dell’altro pesciolino – e per lei era  perfetto) baciasse il suo amico. Anche a dormire si mettevano vicini vicini: facevano tenerezza! Alla fine della vacanza sono tornati con voi a Livorno e  la loro amicizia è ancora forte.

 Quando Tini è andato via mi è sembrato di sentirlo ringraziare per la bella vacanza che aveva passato e per il dono che gli avevamo fatto!”

Ora avete due amici di cui prendervi cura e a cui volere bene” “E’ vero, ma noi gli vogliamo tanto bene e anche loro ne vogliono a noi: siamo grandi amici!”.

Anche questo pomeriggio è passato: quanto poco basta per far contenti i bambini!…