Un vento caccio cane
In una bella città d’Italia abitava, con i suoi genitori, una deliziosa bambina, biondina e cicciotella.
Era una bambina molto simpatica, sempre sorridente, con tanta voglia di giocare e soprattutto con tanta voglia di parlare con qualsiasi persona le capitasse a tiro.
Tutte le mattine – quando andava con la mamma a fare la spesa – c’erano delle soste fisse: la prima dal fornaio (ed era pronta per lei una bella striscina di schiacciata calda), poi dall’ortolano (le olive…. la sua passione e qualche volta anche una bella banana) e sia con la fornaia che con l’ortolana c’era sempre da scambiare qualche parola mentre la mamma faceva la spesa!
Poi c’era da scegliere: o si andava in salita – ed allora la strada diventava il campo di ricerca dei pinoli (un’altra passione) perché quel bel viale non aveva platani o tigli come quasi tutti i viali, ma dei magnifici pini; In questo caso il divertimento si prolungava anche al ritorno a casa perché c’era da sbucciare tutti quei deliziosi pinoli che avevano ridotto le manine color terra…..
Se non si andava in salita, si andava in giù verso la Stazione dei treni: niente male, vero? Perché oltre a vedere i treni che sfrecciavano o che si fermavano per far salire e scendere tante persone, c’era anche la pista di pattinaggio dove i bambini (più grandicelli di lei) imparavano a pattinare.
La bimba si divertiva con tutto e la mattinata passava in fretta.
Nella casa accanto alla sua abitavano tre bambini: al mattino erano a scuola ma a mezzogiorno tornavano a casa ed allora si precipitavano in terrazza e cominciavano i giochi perché le loro terrazze erano divise solo da un muretto basso che era facilissimo da scavalcare (ci riusciva perfino la nostra piccina!) e così la banda si riuniva ed era un pomeriggio di giochi.
Ma nell’intervallo tra il rientro a casa – quando la mamma preparava il pranzo – e il ritorno da scuola degli amici, bisognava inventare qualcosa: lei mangiava presto e rimaneva abbastanza tempo.
La sua cameretta aveva un balconcino piccolo, che dava sulla discesa dei garages e la bimba aveva imparato che a quell’ora gli inquilini del palazzo tornavano a casa (come anche il suo babbo) e lei si metteva al balcone e salutava tutti e tutti rispondevano al suo saluto…. E per essere gentile la nostra Babi (così la chiamavano tutti) dava anche notizie sul tempo: “visto il sole?” “Fa freddo!”, ma soprattutto, poiché quella città è sempre molto ventosa Babi parlava del vento, e siccome era ancora piccola la frase di rito era “oggi c’è un vento …caccio cane”.
La gente si divertiva e le sorrideva, ma un giorno Babi vide che le foglie dell’albero in fondo alla terrazza si muovevano più del solito e allungò il musetto incuriosita. Sentì una voce: “perché dici sempre di me che sono ‘caccio cane’?” Io sono buono, non lo sai? Faccio muovere le foglie così si levano di dosso la polvere, porto i semini della piante in giro perché possano arrivare lontano e far crescere nuove piante…. Ho tanti lavori da fare!”
“Ma io non dico così perché penso che tu sia cattivo – anche se quando soffi troppo forte mi fai un po’ paura – maperchè sono piccola e non so ancora parlare bene”. “Ho capito, ma guarda, ti faccio vedere quante cose so fare: il vento soffiò piano sulla terrazza e tutte le foglie si riunirono e cominciarono a ballare e a volteggiare come in un allegro girotondo…. Babi era entusiasta e batteva le manine, ma il vento le disse che doveva restare un segreto fra loro due perché solo i bambini possono sentire cosa dice il vento
. E da quel giorno Babi diceva alle persone “vedi che bel venticello?” e sentiva il vento tra le foglie dell’albero in fondo alla terrazza che rideva piano piano…….