Anno nuovo

Il nuovo anno

 

 

 

Indovinami indovino,

tu che leggi nel destino.

L’anno nuovo come sarà,

bello, brutto o metà e metà?

Leggo stampato nei miei libroni

che avrà di certo quattro stagioni.

Dodici mesi, ciascuno al suo posto,

un carnevale e un ferragosto,

e il giorno dopo il lunedì

sarà sempre un martedì.

Di più per ora scritto non trovo

nel destino dell’anno nuovo.

Per il resto anche quest’anno

sarà come gli uomini lo faranno.

 

 

(Gianni Rodari)

 

 

 

 

  Allora, diamoci da fare per “farlo bello”!

Tanti auguri!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Una famiglia

Una famiglia da conoscere

 

 

 

 

 

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Per fortuna ci sono anche tante cose belle nel mondo ed è bene che si vengano a sapere….

Questa è una di quelle che mi hanno particolarmente colpito…

 

 Multietnica la famiglia, mul­tietnico il vino

 Paolo Polegato, 49 anni, è proprieta­rio insieme al fratello Giorgio, 42, del­l’azienda agricola ‘Tenuta Val De Brun’ di Refrontolo, e  produce un vino dal nome innegabilmente poco ‘enologico’. Si chiama ‘No excuse’ ed è di forte impatto visivo: etichetta nera, la scritta ‘vino multietnico’, l’immagi­ne di tutti i continenti, due mani che si stringono, una nera e una bianca, e il motto di Martin Luther King: ‘I have a dream’, ho un sogno.

Dietro quella bottiglia c’è un proget­to che travalica l’oceano, nato da un incontro con il di­fensore interista Ivàn Ramiro Cor­doba, colombiano, un bravo ragaz­zo, ricorda Polegato. «Io gli ho rac­contato delle mie campagne contro il razzismo nel mondo del calcio, lui della sua terra e di un progetto ‘E­speranza’ a favore dei bambini del­la Colombia, un Paese per certi ver­si ancora così arretrato che intere po­polazioni non hanno mai visto un medico».
  La ‘Esperanza’ è una nave ospeda­le a bordo della quale un’équipe medica dell’ospedale San Raffaele di Milano risale i fiumi dall’Oceano Pacifico e raggiunge i villaggi più re­moti, portando medicinali e cure in regioni in cui la mortalità infan­tile è elevatissima. Argomento cui Polegato e la sua famiglia ‘multietnica’ non è rimasto insensibile: «Due dei miei tre figli, Wilson e Filippo, sono colombiani – spiega – , mi è sembrato giusto contribui­re anch’io e così è nato ‘No excuse’, niente scuse, lo slogan adottato dall’Onu per il Terzo mondo». Per o­gni bottiglia venduta l’a­zienda vinicola rinuncia a un euro, che devolve alla fondazio­ne di Cordoba e di sua moglie Ma­ria Yepes, ‘Colombia te quiere ver’. «L’obiettivo mini­mo è venderne 25mila bottiglie l’an­no, quindi devolvere 50mila euro in due anni».
 Wilson e Filippo sono il primo pro­getto anti-razzista partorito in casa Polegato oltre un ventennio fa, che continua ora con la sponsorizzazione della squadra del Treviso.

22 anni fa Paolo e Laura si recarono in Ecuador per a­dottare un bambino ma il progetto fu rimandato perché la moglie si rese conto di aspettarne uno suo: è Carlotta, og­gi 21enne e iscritta al terzo anno di Servizi sociali all’università di Vene­zia, obiettivo il volontariato in Afri­ca e l’assisten­za sociale. «Dopo due anni però l’idea di da­re una fa­miglia a un bam­bino ri­masto senza ge­nitori si è ripresentata – conti­nua Paolo – così siamo andati a Bogotà e abbiamo conosciuto Wilson. Aveva 10 mesi, siamo ri­masti con lui altri due e poi è ve­nuto con noi in Italia. Oggi ha 19 anni e studia a Milano… Lo ab­biamo portato a visitare il suo Paese e a conoscere la donna cui era stato affidato dopo l’abban­dono, ma non ha rimpianti, qui è pie­namente realizzato e studia con pas­sione ». Dopo 3 anni è stata la volta di Filippo, «molto scuro di pelle perché viene dalla zona agricola dei cocale­ros, i coltivatori di coca.
Aveva solo 4 mesi quando è entrato in casa no­stra. Oggi ha 16 anni, studia ragio­neria in una scuola cattolica e gioca a calcio con il Treviso nel campiona­to nazionale degli allievi. Della Co­lombia nessu­na nostalgia: è felice, ha la morosetta… ».

 
Carlotta è da poco tornata dal Togo, dove ha fatto volon­tariato prima in un consul­torio medico a Lomé, poi in un’azienda agricola di commercio equo e solidale per l’es­siccazione della frutta, infine all’o­spedale delle Suore della Provviden­za di Udine, nella missione di Kouvè, tra i malati di Aids e i bambini de­nutriti. «Li ha visti morire, un’espe­rienza che ha indirizzato le sue scel­te per il futuro».

 ‘I have a dream’ è «l’u­nica campagna di sensibilizzazione contro il razzismo negli stadi, promossa in Italia da un privato».

 L’immagine che la rappresenta – la mano bianca e la mano nera strette tra loro – appare in tutti gli eventi e i momenti pubblici, sui gadget e sul­le magliette, "soprattutto quando sono invitati atleti di società con u­na tifoseria inquinata da frange raz­ziste".
 C’è aria di famiglia in quelle due ma­ni. Sono la sua e quella di suo figlio.
 Il nome «No Excuse», niente scuse, riprende il motto dell’Onu per il Terzo mondo. «È un vino multietnico, come la mia famiglia»

Anno vecchio – anno nuovo

 
Ultime notizie…
 
Benazir Buttho è stata uccisa. Con grande coraggio era tornata nel suo paese nonostante le minacce continue e gli attentati subiti.
Il 2007 sembra chiudersi con la violenza che l’ha contraddistinto…..
I telegiornali sembrano bollettini di guerra, la vita sembra non aver più valore e uccidere un modo semplice per non affrontare i problemi.
E le vere tragedie passano sottovoce tra la distrazione del mondo, solo le calamità più grandi, che colpiscono la parte "sentimentale" hanno un risalto…. ma per quanto?
A distanza di tre anni hanno fatto rivedere le immagini dello tsunami, hanno parlato di ricostruzione, i tg hanno fatto vedere alcune villette che sono state costruite, ma quanto c’è ancora da fare e non se ne può parlare solo il 26 dicembre….. senza contare i disastri provocati in quelle terre in questi giorni dalle tempeste… frane, smottamenti, allagamenti….. forse non sono abbastanza gravi da poter colpire l’opinione pubblica?
Il 2007 non è un anno da dimenticare…. è un anno su cui riflettere, per iniziare quello nuovo con una consapevolezza e una coscienza maggiori..
Allora l’augurio più vero è nelle parole di Tiziano Terzani…… ed è l’augurio che faccio a tutti per l’anno che viene….
 
«Ancor più che fuori, le cause della guerra sono dentro di noi. Sono in passioni come il desiderio, la paura, l’insicurezza, l’ingordigia, l’orgoglio, la vanità… Dobbiamo cambiare atteggiamento. Cominciamo a prendere le decisioni che ci riguardano e riguardano gli altri sulla base di più moralità e meno interesse. Facciamo più quello che è giusto, invece di quel che ci conviene. Educhiamo i nostri figli ad essere onesti, non furbi. È il momento di uscire allo scoperto; è il momento di impegnarsi per i valori in cui si crede. Una civiltà si rafforza con la sua determinazione morale, molto più che con nuove armi».

Auguri!!!

 

 Il mio augurio di Buon Natale a tutti!

 

 

foto varie

 

 

A
chi
ama
dormire
ma si sveglia
sempre di buon
umore, a chi saluta
ancora con un bacio, a
chi lavora molto e si diverte di
più, a chi va in fretta in auto ma
non suona ai semafori, a chi arriva
in ritardo ma non cerca scuse, a chi spegne
la televisione per fare due chiacchiere, a chi è
felice il doppio quando fa a metà, a chi si alza presto
per aiutare un amico, a chi ha l’entusiasmo di un bambino
e pensieri da uomo, a chi vede nero solo quando è buio
A chi non aspetta Natale
per essere
Migliore

 

A U G U R I

Aspettando Natale

 

 

 

 

 Babbo Natale sta preparandosi un bel pranzetto, la casa è calda e il fuoco nel camino brucia allegramente, le faville volano ad ogni scoppiettio della legna e rendono ancora più festosa l’atmosfera.

 Fuori c’è la neve, un manto bianco soffice soffice – nessuno ha camminato sulla neve oggi – le renne, capitanate dal magnifico Rudolf sono anche loro al caldo, ben accudite e sazie.

 Babbo Natale è contento: quest’anno è riuscito a fare le cose con calma, anzi è un po’ in anticipo rispetto agli anni passati….. certo gli uomini cominciano sempre prima a vestire a festa le città per invogliare la gente alle spese e i bambini sono i primi a pensare alla loro letterina piena di richieste….

 Gli elfi – aiutanti di Babbo Natale – sono già in giro a  cercare le tante cose che verranno distribuite, perché i desideri dei bambini sono veramente numerosi!

La slitta è pronta, tirata a lucido e ben oliata per evitare fermate impreviste, le renne come ho detto sono in piena forma, ansiose di fare una bella corsa nei cieli.

Ad un tratto si spalanca la porta e una folata di vento ghiaccio entra vorticando e con il gelo entra anche una vecchina, un po’ stortignaccola e vestita alla meno peggio con abiti raccattati qua e là, messi insieme per ripararsi dal freddo; dalle calze rotte si vedono le dita dei piedi rosse rosse per il freddo….

”Oh no! pensa Babbo Natale – la Befana! Tutti gli anni è la stessa cosa”.

Infatti è proprio la nostra vecchina, tanto buona ma confusionaria che arriva sempre nei momenti meno opportuni. Babbo Natale non ha il coraggio di mandarla via.. “Sto per pranzare, vuoi farmi compagnia?”

 “Questa sì che è musica per le mie orecchie!” esclama la vecchina “Saranno almeno dieci mesi che non metto in bocca qualcosa di buono! Gli ultimi dolcetti che ho mangiato erano quelli che mi avevano lasciato i bambini l’anno scorso all’Epifania!, cosa stai facendo di buono? C’è un profumino!”

 “Un bel brodo caldo caldo e dentro ci sono delle squisite patate” “Mi piace” – dice la vecchina e Babbo Natale pensa un po’ preoccupato che gli  toccherà dividere quella bontà.

 Ma Babbo Natale è sì  parecchio goloso (basta guardare la sua pancia) ma è generoso e buono, così mette subito un’altra scodella sulla tavola e riempie di buon vino un bicchiere anche per la sua amica.

 “Beato te che porti tanti regali e hai tanti aiutanti e quella bella slitta” – dice la vecchina un po’ invidiosa – “io con la mia scopa vecchiotta non posso fare altro che portare un po’ di calzine ai bimbi e sono costretta dai genitori anche a metterci un po’ di carbone a causa delle birbonate che fanno, ma se le birbonate non le fanno i bambini chi le deve fare? Però ho tanta paura che – dopo tutti i tuoi regali – ai bambini le mie calzine piacciano poco!”

 “Ma che dici” – le risponde Babbo Natale – “li aspettano eccome!”

 “Ma le vedono in tutti i negozi!”

 “Ma non è la stessa cosa…. I regali dei genitori e degli amici vanno bene per i compleanni, ma quelli di Babbo Natale e della Befana sono una cosa diversa”.

 La vecchina è un po’ rassicurata…

 “Comunque, se vuoi essere sicura fai un giretto sulla terra il giorno dell’Epifania e sentirai quello che dicono”

 “Grazie mille, sei davvero un grande amico; sai, quando sei arrivato tu ho avuto paura di sparire e invece siamo rimasti tutt’e due e la festa per i bambini è diventata doppia.

 Grazie anche per il pranzo, mi ci voleva proprio qualcosa di caldo! Buon lavoro..”.

 La porta si spalanca di nuovo per far  uscire la vecchina e la neve entra in un vortice…. ma la stanza è calda e Babbo Natale può riprendere posto sulla sua poltrona, i piedi appoggiati sullo sgabello, una bella coperta rossa sulle gambe….. c’è tempo per un pisolino.

 In fin dei conti è stata una bella giornata e anche l’intrusione di quella simpatica Befana ha dato gioia alla serata. “Buonanotte ragazzi!”Aspettatemi e fate i bravi, arrivo presto!”

 

  

 

 

 

 

 

        

 

 

 

letto su L’Avvenire

MANDATI ASSOLTI GLI STUPRATORI DI UNA BAMBINA
  Chi difenderà gli innocenti se si confonde il bene col male?

 CARLO CARDIA

 L
a globalizzazione e la multiculturalità possono avvicinare gli uomini, diffondendo valori comuni. Ma possono anche dividerli definitivamente scavando un abisso tra le persone, nel quale a perdersi sono soltanto gli innocenti. Quasi seguendo la logica di alcune sentenze di Roma e di Berlino, un tribunale australiano ha mandato assolti tre uomini e sei ragazzi che avevano commesso stupro di gruppo su una bambina di dieci anni. Per il giudice Sarah Bradley i responsabili di una colpa così grave possono non averla percepita come reato, perché la violenza sessuale è diffusa nelle aree indigene.
  Dietro questa mostruosità sta tutta una politica di isolamento degli indigeni che, sulla base di una malintesa difesa dell’identità culturale, sono lasciati vivere secondo i propri costumi, mentre ogni applicazione delle leggi dei bianchi viene interpretata come una imposizione. E d’altronde, la bambina in questione era stata affidata ad una famiglia non indigena, ma il Dipartimento competente aveva decretato che in questo modo si rubava la sua identità. A pagare il prezzo più alto di questa ideologia relativista è la bambina, alla quale la legge dei bianchi e le violenze degli indigeni hanno rubato la speranza, la speranza del proprio futuro, di divenire e realizzarsi come donna.
  Nessuno saprà mai spiegarle che se i colpevoli della violenza non vengono puniti allora lei non ha subito alcuna violenza, non è neanche una vittima, e non può chiedere nulla. Deve rimanere sola con se stessa, con un male che i giudici e la legge non hanno voluto vedere né giudicare. Una solitudine infinita alla quale non c’è rimedio perché nessuno può consolarla. Un prezzo viene pagato anche dai violentatori ai quali la legge ha ridato la libertà, e dunque non avranno motivo di riflettere su ciò che hanno fatto, e che potrebbero fare di nuovo con il conforto di un giudice che li dichiarati non colpevoli. Ma il prezzo più alto, in termini di degrado etico e civile, lo paga la nostra coscienza che da tempo sta entrando in una notte oscura dove il male si confonde con il bene, dove si cancellano i concetti di castigo e di rieducazione, perché tutti sono da considerarsi innocenti, le vittime come i loro carnefici. Il multiculturalismo corre il rischio di diventare un
passepartout
  con il quale si torna indietro nella storia e nella costruzione della società. A volte il concetto stesso di morale è ripudiato come offensivo, e sostituito con quello di cultura, quasi che la strutturazione etica della persona sia il frutto di un autoritarismo da respingere, il retaggio di un passato da negare.
  Ma con questa logica il problema nuovo che si pone sarà presto un altro: chi darà voce alle vittime se non sappiamo più distinguere il bene dal male?
  Chi difenderà gli innocenti se viene meno ogni capacità di giudicare e di educare? Le sentenze di Roma, Berlino, e d’Australia, sono la punta di un iceberg sul quale stiamo senza esserne consapevoli. Sono messaggi che sembrano dire una cosa sola, e terribile: vittime di tutto il mondo da oggi siete sole, e da sole dovere difendervi, se ci riuscite. Noi non possiamo fare nulla. Questo messaggio lo si sta mandando a chi è vittima della fede in tanti Paesi che non rispettano la libertà religiosa, a chi subisce i pesi del clan o della tradizione di appartenenza perché l’Occidente non può proporre null’altro che l’identità culturale di ciascuno, a chi è vittima della violenza del branco perché a quanto pare (così dice un giudice d’Australia) esiste anche una cultura del branco di cui aspettiamo l’evoluzione, senza troppo crederci. Se la globalizzazione avesse un significato umano autentico, essa dovrebbe provocare le nostre urla tutte le volte che vittime innocenti come la bambina d’Australia subiscono il male e la violenza peggiore sotto gli occhi intorpiditi di molti di noi. Queste vittime escono ancor più mortificate da giudizi e sentenze che sono in conflitto con tutta la nostra tradizione umanistica e cristiana, che ci fanno vergognare e ci condannano, senza possibilità di appello.

Io non ho più parole…… e – ancora peggio – il giudice è una donna!

L’altra Fausta

 

L’altra Fausta

 

Rimettendo a posto i libri mi è capitato il libro di mamma "Lettere senza francobollo". All’interno sapevo di trovare una fotocopia di alcuni foglietti scritti da lei dopo la morte della sua terza bambina: Fausta. Li ho letti, ancora una volta, con una fortissima emozione – un po’ per la bellezza delle parole, un po’ perchè io sono nata probabilmente perchè questa sorellina se ne è andata e mi ha lasciato il suo posto…..

E, a volte, mi sembra di essere io e lei insieme….

 

=°=°=°=°=

 

 

 

“Vorrei che la mia mano avesse la leggerezza d’un petalo di rosa, mentre scrivo il tuo nome, Fausta.

 Fausta, Fausta….

È il cuore che lo ripete, con uno scampanare che non ricorda i lenti rintocchi della morte, ma piuttosto il saluto dell’Ave, che invita alla preghiera

Fausta, Fausta….

E l’anima si stacca dalla terra e t’insegue volando sempre più in alto, sempre più su, e se il dolore non si placa, si modifica, però, e diventa meno amaro, perché lo accompagna la speranza  e lo sorregge la fede.

Fausta, Fausta….

E ti ritrovo finalmente. E tu mi sorridi e mi sussurri: “Sto così bene, mamma. Non piangere per me. Non piangere più”.

 

Ti avevamo messo un nome che sembrava doverti propiziare tutte le gioie della vita, Fausta. Te lo aveva scelto il nonno, leggendo sul calendario il Santo del giorno, nel mattino della tua nascita, ed il nome era parso a tutti di buon augurio – come se, imponendotelo, avesse dovuto allontanare da te ogni tristezza.

E ti vedevamo già camminare nella vita protetta dal tuo piccolo dolce nome sereno.

Invece a te non è piaciuto vivere e cinquantacinque giorni ti sono sembrati un troppo lungo percorso.

Ti sei appena affacciata alla finestra del mondo.

Hai appena aperto gli occhi sulle cose d’intorno.

Poi la finestra si è richiusa e le palpebre si sono abbassate nel sonno senza risveglio.

Che cosa non hai voluto vedere nel tuo futuro?

Che cosa, piccola mia, ti ha messo paura?

Avevi la tua mamma, il tuo papà per proteggerti, c’erano le sorelline per amarti.

Ma tu hai preferito lasciarci, e te ne sei andata via dolcemente, con la grazia di un uccellino che ha terminato il suo canto e si riposa.

Di te ci è rimasto, ultimo ricordo, la visione della tua inalterata bellezza, piccola bamboletta addormentata.

Non ci avessi dato altro, questo basterebbe ai nostri cuori, Fausta, per benedirti in eterno.

Una dolcissima sorpresa

dolcetti

Una dolcissima sorpresa

 

Questa mattina il postino ha suonato il campanello…. c’è un pacchetto per lei!!!

Scendo le scale, incuriosita…. cosa sarà?

A casa c’è un’amica che è venuta a trovarmi….. mi tocca aspettare…..

Non riesco ad intuire cosa può esserci in quella busta così allegra, con tanti babbi natale e stelline!

Alla fine ci salutiamo: di corsa apro il pacchetto…..

Guardate un po’ cosa è venuto fuori….

Dalle mani della mia meravigliosa amica – amica anche del pane e dei biscotti – stelline e alberi di natale, manine e freccette, pupazzetti …… e zuccherini colorati, decorazioni di cioccolata…… un paradiso per gli occhi e per la gola!

Grazie, dolcissima Ambra, il tuo regalo è una coccola, un abbraccio, è lo specchio di quello che sei…. una persona fantastica!

Una bella giornata – parte seconda

 

Una bella giornata – parte seconda

 

 

“Nonna, nonna, eccoci….. ci finisci di raccontare la storia di Paoletta?”

Mi sembrava strano che se ne fossero dimenticati….. riescono a ricordare pure le parole che uso….

“Via, sediamoci ….. una fettina di torta di mele, stasera…. È appena uscita dal forno e mentre si raffredda un po’ vi racconto di Paoletta.

Dobbiamo tornare un po’ indietro, perché allora con la festa dell’Epifania, quando arrivava la Befana, finivano le feste e il giorno dopo tutti tornavano a scuola….. e Paoletta all’asilo…

Ma durante le vacanze succedevano tante cose meravigliose…..      

I primi di dicembre la mamma tirava giù dal mobile lo scatolone del Presepe: tutti insieme, intorno al tavolo, veniva aperto e i personaggi uscivano fuori – ognuno incartato in un pezzo di giornale perché non si sciupassero (non erano di plastica!) – e per ognuno c’era un saluto…. Erano vecchi amici, ognuno col suo nome…. C’erano la sora Cesira, il sor Alberto, Marianna la lavandaia, Giovannino il pastorello bambino…e tante pecorelle. E via via tutti…

Paoletta aveva imparato tutti i nomi e voleva essere sempre lei a mettere i pupazzetti sulla tavola, bene in fila e le sorelline l’accontentavano perché era la più piccina….

Poi gli alberelli, il fuocherello di carta rossa con il paiolo della polenta… il pozzo con il secchio, il muschio, le cortecce raccolte dagli alberi durante le passeggiate estive, lo specchietto e la carta celeste per fare il lago…..

Ultimi erano Giuseppe, Maria e il bambino che passavano di mano in mano per il bacetto rituale.

Un discorso a parte erano i Magi che con l’elefante e il cammello arrivavano da lontano e per questo venivano messi all’ingresso… per avanzare giorno per giorno….

La cosa che piaceva tanto a Paoletta era andare a vedere i Presepi che venivano fatti nelle Chiese: alcuni erano grandi come una camera e sembrava quasi di entrarci dentro….Facevano un bel giro per vederne tanti e la sera era bello tornare a casa nelle strade un po’ buie ( non c’erano tutti gli addobbi e le luci di ora) con la manina stretta nella mano di mamma.

La notte andavano alla Messa. Era bello, nella Chiesa illuminata… anche se il più delle volte Paoletta si addormentava appoggiata alla mamma! Ma al ritorno era lei che metteva il Bambinello nella grotta sul suo lettino di paglia..

Il giorno di Natale Paoletta con le sorelline, mamma e papà andavano a casa dei nonni…

Era davvero un pranzo speciale quello del Natale: c’erano i cappelletti in brodo e non la solita minestrina…. e il brodo era vero…. Perciò c’era il lesso e le patatine, e poi il panettone e le noci, le nocciole e i fichi secchi….. da leccarsi i baffi!!!!

Alla fine del pranzo c’era l’unica cosa che a Paoletta non piaceva, perché era molto timida e il nonno soprattutto le metteva un po’ soggezione….. bisognava recitare la poesia. Per fortuna quella di Paoletta era corta e facile e così – a occhi chiusi – la recitava :

 

“E’ Natale, è Natale

gli angioletti son discesi

hanno candide le ali

e la veste tutta d’or.

Oh mammina mia diletta

Oh mio caro e buon papà

Questa vostra figlioletta

Tanti auguri oggi vi fa!”

 

Poi per non scontentare i nonni aggiungeva sempre: E tanti auguri a nonna e nonno!

Che fatica…. Ma c’era la soddisfazione di avercela fatta… e poi la nonna le regalava sempre un soldino!!!

Nel pomeriggio la Tombola, con le cartelline e il cartellone… e i fagioli per segnare i numeri usciti!!!!

Paoletta aveva imparato i numeri e voleva giocare da sola…. I fagioli le saltavano via dalle caselle…. Ma riusciva a vincere lo stesso…… tra i sorrisi dei grandi..

Era Natale, tutto era semplice … ma Paoletta sentiva tutto l’amore che aveva intorno…..

 

Con la loro fetta di torta in mano i bambini mi guardano ad occhi sgranati…. Il Natale ora è tutto diverso… cosa pagherei per sapere cosa pensano!         

Ila però ha chiesto se a Natale giochiamo a tombola………