Ginnastica

foto varie 002                     ore 10.30 – corso di ginnastica
 

 

CORSO SEMISERIO DI GINNASTICA PER VECCHIETTI

 

Da usare nei giorni in cui non si fa la ginnastica “seria” in palestra

 

AVVERTENZE:

 

1 – E’ bene che la ginnastica sia fatta davanti ad uno specchio per controllare la postura. Se uno non ha lo specchio lungo ovviamente non può farlo, ma se ne possiede uno è importante che appena ci si mette davanti si faccia un bel sorriso per non farsi prendere dallo scompenso…..

2 – Siccome la ginnastica fatta da soli è una delle cose più noiose che esistano, quando non si è in palestra (dove ci si diverte e il tempo passa veloce) va presa in piccole dosi, tanto c’è tempo per tutto. Per questa ragione basta fare pochi esercizi alla volta, l’importante è che si facciano – alcuni anche più di una volta. Ricordarsi che non è vero che non abbiamo tempo, è vero che non ne abbiamo voglia!

3 – Pancia in dentro e autoallungamento!!!!!! Partiamo:

Dato che non abbiamo quei materassoni della palestra dovremo accontentarci del letto (si potrebbero fare gli esercizi a terra, ma poi chi ci ritira su?).

I primi esercizi si possono fare al mattino, prima di alzarci.

 

I° – Distese, gambe piegate, cominciamo con la respirazione di pancia, poi quella di torace, poi retroversione e pedalare dieci volte a destra e altrettanto a sinistra. (pancia tirata e ricordarsi il soffio!!!!) – un paio di volte.

Se vogliamo strafare possiamo anche distendere una gamba e tirare quella piegata il più possibile verso il petto – ovviamente si cambia gamba: salviamole tutt’e due….

Questo è il buongiorno.

Niente male!

Cercando di concentrarci sugli esercizi per farli il meglio possibile, ci saranno usciti dalla testa i brutti pensieri e la giornata sarà migliore.

 

II° – Durante il giorno: Forza! Davanti allo specchio – pancia tirata, spalle giù – muovere la testa su e giù, poi a destra e a sinistra. Ugualmente le spalle: su e giù, avanti e indietro.

Pancia in dentro e pancia in fuori (questo si può fare dappertutto, anche in autobus, tanto non vede niente nessuno…)

Circonduzioni delle braccia in avanti e indietro sollevandosi sui talloni (il soffio!!!).

Riposiamoci un po’ perché quello che viene dopo è una tragedia: piede destro avanti al sinistro (qui si dovrebbe stare in equilibrio invece sembra di stare in barca in un giorno di burrasca, ma niente paura: ci riusciremo!) dondolare le braccia avanti e indietro e – insieme – a destra e sinistra.

Chi ama il brivido può anche provare a muovere la testa a destra e sinistra e poi – qui ci vuole la cintura di sicurezza – provare a chiudere gli occhi…

 

III° – Sempre durante il giorno si può fare un po’ di equilibrio sulla riga.

Se non c’è una similriga sul pavimento basta farne una col cerotto di carta e camminare – braccia larghe – lentamente. Se non ci ricorderemo di tirare la pancia non staremo in equilibrio (per ora non ci stiamo che per pochi passi anche tirando tutto, ma è solo questione di tempo e di ottimismo).

Ancora: trovare un pezzo di muro e appoggiarsi – piedi contro il muro e allungarsi cercando di appoggiarsi il più possibile.

 

 IV° – E’ importantissimo e molto utile ricordarsi questo: non arrabbiarsi mai se qualcuno ci dice di stare diritti: se ce ne ricordiamo da sole nessuno avrà più occasione di dircelo.

 

E ora buon lavoro!

Cesare Pavese

 
Lo so, è la terza poesia, ma questa è qui perchè la voglio dedicare ad una persona che sul suo blog ha parlato della mia Roma e – stranamente – mi è venuta un po’ di nostalgia…
Il titolo è tratto da una poesia di Cesare Pavese, una delle più belle.
Angela, questa pagina è per te….
 

Passerò per Piazza di Spagna

 

Sarà un cielo chiaro.
S’apriranno le strade
sul colle di pini e di pietra.
Il tumulto delle strade
non muterà quell’aria ferma.
I fiori spruzzati
di colori alle fontane
occhieggeranno come donne
divertite. Le scale
le terrazze le rondini
canteranno nel sole.
S’aprirà quella strada,
le pietre canteranno,
il cuore batterà sussultando
come l’acqua nelle fontane –
sarà questa la voce
che salirà le tue scale.
Le finestre sapranno
l’odore della pietra e dell’aria
mattutina. S’aprirà una porta.
Il tumulto delle strade
sarà il tumulto del cuore
nella luce smarrita.

Sarai tu – ferma e chiara.

 

Parole

 

 

Ancora una poesia, forse perchè a quest’ora di notte mi fermo a leggere.

 Le poesie – con la loro musicalità – mi accompagnano al sonno……

 

PAROLE

 

Per molte ore della giornata
nella mia testa si macinano parole.
E’ una fabbrichetta individuale
con pochi operai:
la mia paura, il mio straniamento,
il mio stupore, i miei guai,
pim pum pam
battono i martellini
girano certe strane macchine impastatrici
piene di pagliuzze d’oro, granito e radici.
Poi, ma solo ogni tanto
fra lo stupore generale
mentre dagli opachi finestroni
entra un raggio di sole
si forma una poesia
è di vetro, è rotonda
è piccina, è splendente
si inchina e va via.
Qualche operaio applaude
io torno al mio niente

(Giovanna De Carli)

 

 

e invece….

 

E invece

E invece la terra si fa sempre più orrenda
il tempo è malato
i fanciulli non giocano più,
le ragazze non hanno più occhi
che splendono a sera.

e anche gli amori non si cantano più
le speranze non hanno più voce.
I morti doppiamente morti.
Al freddo di queste liturgie
ognuno torna alla sua casa
sempre più solo.

Tempo è di tornare poveri,
per ritrovare il sapore del pane
per reggere alla luce del sole
per varcare sereni la notte
e cantare la sete della cerva
e non chiedere nulla.

Davide Maria Turoldo

 

Una poesia?.. una preghiera?

certo che rispecchia l’oggi

parole

 

PAROLE

 

 

Una richiesta nuova
ha spalancato la porta
all’arcobaleno.
Le parole
sono più di quelle
che crediamo
di avere.
Lasciamole volare
libere
per raggiungere altri cuori.
Ascolteremo il sussurro
di altre voci
il battito
di altri cuori
saremo uniti
oltre lo spazio e il tempo.

Una storia

 

Ti regalo una storia

 

 

 

“Nonna, sai che è successo oggi  a scuola?” “No, Titti, raccontami!”

 Stacco la spina del ferro da stiro e mi siedo: le confidenze dei bambini vanno ascoltate con attenzione perché sono una cosa preziosa che presto o tardi perderà la loro freschezza originale….

 “Nonna, questa mattina ho litigato con la mia amica Anna e ora non ci parliamo più.”

 La storia dell’amicizia fra Titti e Anna è lunga e “travagliata”; è nata all’asilo ed è fatta di amore immenso e di liti feroci – sempre dovute a piccolezze. Anche questa volta scopro che tutto è nato da un pennarello rosso che serviva a tutt’e due proprio nello stesso momento.

 Conosco troppo bene questa piccola per dubitare che stia veramente male e vorrebbe fare la pace; ma è orgogliosa – “e poi  il pennarello è mio perciò doveva aspettare lei!” – e non vuole essere sempre lei a cedere..

La sua faccetta imbronciata mi fa tanta tenerezza e così studio il modo per darle qualche consiglio senza fare la predica. “Vieni qui, ti voglio raccontare una storia” le dico.

 Come immaginavo arriva di corsa – le storie hanno sempre un richiamo magico su di lei.

 “Ascolta: hai visto come è grande il cielo? Ci si perde a guardarlo!

 Una volta è successo che due uccelli che vivevano lontani  lontani , in due paesi diversi, per uno strano caso si sono trovati nello stesso posto, alla stessa ora e si sono conosciuti.

 Uno dei due uccelli- “Fri” – era grande, aveva le ali forti  e cercava di  insegnare agli uccellini più piccoli come si può volare sia nei cieli azzurri che in quelli pieni di nuvole o bagnati dalla pioggia e battuti dai venti.

 Anche quel giorno stava facendo vedere ad un piccolo pubblico come uccellini considerati quasi incapaci di volare potessero in realtà – con i loro voli brevi – scoprire mondi che gli altri non vedevano neppure, tutti presi dalla smania di essere i più bravi.

L’altro uccello – “Ron” – pur essendo tanto più vecchio, era piccolino, ma dentro di sè aveva tanta curiosità di scoprire quello che muove il cuore e le ali degli uccelli  ad affrontare voli anche pericolosi  per seguire il proprio istinto.

 Per loro fu facile stringere una bella amicizia: in fin dei conti il loro modo di vedere la vita si somigliava moltissimo, anche se lo esprimevano in modi diversi.

 Si rividero e si conobbero più a fondo, ma la vita non sempre permette alle storie di camminare su binari facili. Ci furono periodi di assenze, brevi momenti in cui poterono incontrarsi – ma sembrava che qualcosa fosse cambiato fra loro….. poi si persero di vista.

Nel cuore dei due uccelli era però rimasta una traccia indelebile di quei voli insieme….

Un giorno Ron, ormai invecchiato, con l’amore del volo ormai solo nel cuore e non più nelle ali, vide arrivare un uccello nel suo nido: era sporco e arruffato, con le piume bagnate e le penne che sembravano spezzate da quanto erano contorte; Ron a prima vista non lo riconobbe: che strano, era un uccello grande, ma sembrava piccolo piccolo da quanto si stringeva in se stesso!

 Anche il suo cinguettio era irriconoscibile, ma il cuore riesce a vedere quello che gli occhi faticano a riconoscere e Ron riconobbe Fri e aprì subito le ali per accogliere la disperazione del suo amico.

 Fri – perché era proprio lui – era incappato in uno di quegli uragani  che distruggono tutto sulla terra e in cielo e sconvolgono le vite di uomini e animali. Non riusciva più neppure a capire dove fosse il suo nido ed era così stanco e avvilito che non aveva più voglia di vivere.

 Bisognava far presto: Ron – per quanto gli fu possibile – lo rincuorò e fece quello che gli amici fanno, quando  amicizia e affetto sono veri: lo tirò fuori dalla sua disperazione e lo fece sorridere di nuovo.

 Sì, perché “gli amici sono degli angeli che ci aiutano quando non ci ricordiamo più come si fa a volare”.

Titti mi guarda sorridendo: “Allora non fa niente se Anna ed io litighiamo? Non vuol dire che non siamo più amiche?” “Ma certo che no! Forza, telefona subito ad Anna e fate la pace e conservate questa bella amicizia. Anche se crescendo la vita vi porterà su strade diverse sarete sempre Titti e Anna, le due “amiche del cuore”!

 

primavera

primavera
 
Sul delizioso sito filastrocche.it ho ritrovato questa poesia di Angiolo Silvio Novaro, che avvo imparato da bambina….
 

 

PRIMAVERA

Primavera vien danzando
vien danzando alla tua porta.
Sai tu dirmi che ti porta?
Ghirlandette di farfalle,
campanelle di vilucchi,
quali azzurre, quali gialle;
e poi rose, a fasci e a mucchi.

E l’estate vien cantando,
vien cantando alla tua porta:
Sai tu dirmi che ti porta?
Un cestel di bionde pesche
vellutate, appena tocche,
e ciliegie lustre e fresche,
ben divise a mazzi e a ciocche.

Vien l’autunno sospirando,
sospirando alla tua porta.
Sai tu dirmi che ti porta?
Qualche bacca porporina,
nidi vuoti, rame spoglie,
e tre gocciole di brina,
e un pugnel di foglie morte.

E l’inverno vien tremando,
vien tremando alla tua porta.
Sai tu dirmi che ti porta?
Un fastell d’aridi ciocchi,
un fringuello irrigidito;
e poi neve neve a fiocchi
e ghiacciuoli grossi un dito.

La tua mamma vien ridendo,
vien ridendo alla tua porta.
Sai tu dirmi che ti porta?
Il suo vivo e rosso cuore,
e lo colloca ai tuoi piedi,
con in mezzo ritto un fiore:
Ma tu dormi e non lo vedi!

 

Pensiero

Un pensiero di don Lorenzo Milani che amo e condivido:
 
"Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho patria e reclamo il dritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro.
Gli uni sono la mia patria, gli altri i miei stranieri."
 
Basta intendersi su significato che si dà alle parole…..

La favola del porcospino

UN PORCOSPINO

Un porcospino irsuto di lance
Vive sul ciglio del mondo
E par strano, ch’ogni strale
Lungo sette braccia almeno
Sia affilato e d’oro vestito.
E questi, sentendo il freddo
Della notte oltre quel ciglio,
si sporge aumentando gli aculei
e ogni lancia si conficca
sempre più vicino al cuore,
per cercare l’onore di morire
soffrendo la sua libertà.

Zolfo

° ° ° ° °

Sul blog del mio giovane e carissimo Marco (Zolfo) ho trovato questa bella poesia da lui scritta – ispirata alla favola dei porcospini di Shopenauer che non conoscevo e mi ha molto incuriosito:

“Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali, finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione.”

(Schopenhauer, Parerga e Paralipomena, II, 2, cap. 30, 396)

 

La favola è molto istruttiva: l’uomo non è ancora riuscito a trovare la giusta misura per vivere accanto agli altri, accettandoli e facendosi accettare, nonostante idee, abitudini, stili di vita, religioni, culture diverse… stiamo ancora ferendoci con i nostri aculei… Impareremo dai porcospini?

° ° ° ° ° °

 

Ai miei nipotini però l’ho raccontata così….

Quando la vostra mamma e la zia erano piccole avevamo una casa in campagna.

La zia – come sapete – impazziva per gli animali (aveva sempre qualche ranocchietta in tasca)…

Una sera eravamo andati a pescare a un lago lì vicino. Quando stava cominciando a fare buio, la zia – che era andata a fare una giratina lì intorno – arrivò tutta di corsa con in mano qualcosa di scuro….“Mamma, babbo, guardate! Stava tutto solo in mezzo al viottolo e piangeva (chissà come avrà fatto a capirlo!!!). Lo posso portare a casa, è solo e ha fame!

Guardiamo incuriositi…. In mano la zia aveva un piccolo porcospino, e non siamo mai riusciti a capire come avesse fatto a prenderlo e a tenerlo in braccio senza farsi male….

Sì, perché i porcospini hanno il corpo ricoperto di aculei – come grosse spine – che bucano chi prova ad avvicinarsi. Solo sul pancino non ne hanno, infatti è tenero e caldo come quello dei gattini…

Quando hanno paura, i porcospini si chiudono come il riccio delle castagne e nessuno riesce ad avvicinarsi. Ma la nostra amica degli animali faceva eccezione: con lei nessun animale aveva paura e si lasciava prendere e accarezzare tranquillamente.

Nonostante i nostri tentativi (la mamma lo starà cercando…come farai a dargli da mangiare…..) non fu possibile farle cambiare idea: era una fontana, lacrimoni le scendevano lungo il visetto….

Acconsentimmo, pensando di riportarlo la mattina dopo.

Il riccetto si chiamò Chicco, e passò la notte in una scatola vicino al letto della zia. Al mattino si svegliarono insieme e sembrava che si conoscessero da sempre: Chicco zampettava dietro alla zia… fecero colazione insieme – il porcospino è un animale che mangia solo carne – ma Chicco mangiò un po’ di biscotti e a pranzo si divisero la pastasciutta e le polpettine….

Noi non potevamo prenderlo, gli aculei ci tenevano a distanza, al massimo potevamo fargli una carezzina sul nasino che sporge da un musetto proprio carino, con due occhietti furbi!!!

Con la zia era diverso: quando la vedeva arrivare sollevava il pancino e si sistemava sulla mano, tutto contento.

Quando fu tempo di ritornare a casa fu veramente difficile separarli.

Riportammo Chicco al lago, chiedendo al proprietario di prendersene cura e soltanto la promessa che saremmo ritornati a trovarlo ci permise di tornare a casa.

Così la zia ci ha insegnato che l’amicizia è sempre possibile: basta un po’ di amore e di buona volontà.