50 anni di sofferenza:
10 marzo 1959:
Scoppia una rivolta a Lhasa, capitale del Tibet, contro il governo cinese. Pechino invoca la legge marziale. Il governo tibetano parla di decine di migliaia di persone uccise dall’esercito cinese.
A scatenarla la voce che i cinesi stessero per rapire l’allora giovanissimo XIV Dalai Lama: la rivolta avviò una protesta pacifica che però fu repressa con ferocia dalle forze cinesi e provocò la morte di 87.000 tibetani. Di lì a poco, il Dalai Lama riparò in India e di fatto comincia la diaspora del popolo tibetano.
10 marzo 2008:
Monaci buddhisti e cittadini tibetani manifestano per il 49° anniversario della fallita rivoluzione. Manifestazioni si susseguono in tutto il mondo.
14 marzo 2008:
Scoppiano rivolte anticinesi a Lhasa e nell’ovest della Cina. Secondo il governo tibetano in esilio, oltre 200 persone vengono uccise. La Cina replica di aver ucciso solo un "insorgente" tibetano e afferma che i "rivoltosi" sono responsabili di 21 omicidi.
10 marzo 2009
L’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) ha accusato la Cina di commettere genocidio culturale in Tibet. In occasione del 50esimo anniversario della sollevazione popolare in Tibet, l’APM ha pubblicato un rapporto che documenta la distruzione della lingua, cultura e identità tibetana e l’assimilazione del buddismo tibetano. Mai prima si è assistito a pressioni così forti da parte della Cina per assimilare la cultura tibetana, raggiungendo oggi il più alto numero di prigionieri politici da vent’anni a questa parte. Nel lasso di un solo anno e mezzo il numero dei prigionieri politici e degli scomparsi è aumentato di 40 volte, passando da 120 persone alle attuali 5.700.
Oggi nel pomeriggio a Dharamsala (India), sede del governo tibetano in esilio, si svolgerà una processione a lume di candela che raggiungerà il tempio buddista di Tsuglagkhang per osservare un minuto di silenzio in onore delle vittime della repressione cinese in Tibet che ha avuto un’ulteriore recrudescenza in questo ultimo anno.