Gli autori sono tanti, tutti quelli che il 29 aprile sono passati a Firenze in piazza della Repubblica ed hanno voluto lasciare il loro pensiero o la loro poesia… anche solo la firma.. sulla pagina più grande del mondo!
Nell’ambito di “Street without Wall", Ivan (un poeta milanese, artista di strada) ha allestito la pagina verniciando di bianco un rettangolo di nylon di circa mq.1300 ed ha invitato i passanti a riempirla delle loro idee, pensieri, poesie.
Fiorentini e turisti hanno preso d’assalto la maxipagina, armati di colori e pennelli che Ivan aveva disseminato in vari punti della pagina e piano piano il foglio si è riempito di scritte d’amore, messaggi di pace, pensieri dedicati al tecnico della Croce Rossa rapito nelle Filippine e tantissimi messaggi di speranza indirizzati agli abruzzesi. Tra questi spiccava “Forza Abruzzo e tutti gli aquilani”.
Un gruppo si suore filippine ha scritto a caratteri cubitali “Kapayapan” (pace in filippino).
C’erano anche tanti disegni, simboli come il crocifisso, la stella d’Israele e le mezze lune islamiche.
Per un attimo era apparsa anche una svastica che è stata immediatamente cancellata dai writers.
Il primo pomeriggio la pagina era già piena!
Questa è stata una delle varie iniziative della Misericordia per la raccolta di fondi per la costruzione di una struttura di riabilitazione per malati mentali.
arricchisce chi lo riceve, senza impoverire chi lo da. Dura un solo istante, ma talvolta il suo ricordo è eterno. Nessuno è così ricco da poter farne a meno, nessuno è abbastanza povero da non meritarlo. Crea la felicità in casa, è il segno tangibile dell’amicizia, un sorriso dà riposo a chi è stanco, rende coraggio ai più scoraggiati, non può essere comprato, né prestato, né rubato, perché è qualcosa di valore solo nel momento in cui viene dato. E se qualche volta incontrate qualcuno che non sa più sorridere, siate generoso, dategli il vostro, perché nessuno ha mai bisogno di un sorriso quanto colui che non può regalarne ad altri.
Così scrive Tito Livio nel suo libro “Ab urbe condita”
« Non so se valga davvero la pena raccontare fin dai primordi l’insieme della storia romana. Se anche lo sapessi, non oserei dirlo, perché mi rendo conto che si tratta di un’operazione tanto antica quanto praticata, mentre gli storici moderni o credono di poter portare qualche contributo più documentato nella narrazione dei fatti, o di poter superare la rozzezza degli antichi nel campo dello stile. Comunque vada, sarà pur sempre degno di gratitudine il fatto che io abbia provveduto, nei limiti delle mie possibilità, a perpetuare la memoria delle gesta compiute dal più grande popolo della terra. »
Proprio la locuzione “ab urbe condita” – dalla fondazione di Roma – segna il momento dal quale viene datata la storia di Roma.
Il 21 aprile dell’anno 753 a.C. nasceva Roma, come descritto da Varrone, sulla base dei calcoli effettuati dall’astrologo Lucio Taruzio.
La celebrazione del 21 aprile, nell’antichità, era una grande festa chiamata "Palilia" in onore della Dea Pale, un’antica divinità romana della pastorizia, connessa con la sacralità del Colle Palatino.
Proprio i pastori che abitavano i numerosi colli formarono il primo nucleo urbano fermandosi sulla sponda sinistra del Tevere.
L’area veniva chiamata Septimontium, per il numero di monti da cui era costituita, che poi divennero i “sette colli”: Palatino, Aventino, Quirinale, Viminale, Celio, Esquilino, Campidoglio.
Ci sono varie leggende su come venne fondata Roma. Ne ho scelte due, le più famose, forse…. Quelle che si studiavano a scuola:
« Siccome erano gemelli e il rispetto per la primogenitura non poteva funzionare come criterio elettivo, toccava agli dei che proteggevano quei luoghi indicare, attraverso gli auspici, chi avessero scelto per dare il nome alla nuova città e chi vi dovesse regnare dopo la fondazione. Così, per interpretare i segni augurali, Romolo scelse ilPalatino e Remo l’Aventino. Il primo presagio, sei avvoltoi, si dice toccò a Remo. Dal momento che a Romolo ne erano apparsi il doppio quando ormai il presagio era stato annunciato, i rispettivi gruppi avevanoproclamato re l’uno e l’altro contemporaneamente. Gli uni sostenevano di aver diritto al potere in base alla priorità nel tempo, gli altri in base al numero degli uccelli visti. Ne nacque una discussione e dal rabbioso scontro a parole si passò al sangue: Remo, colpito nella mischia, cadde a terra. (Tito Livio).
È più nota la versione secondo la quale Remo, per prendere in giro il fratello, avrebbe scavalcato le mura appena erette [più probabilmente il pomerium, il solco sacro] e quindi Romolo, al colmo dell’ira, l’avrebbe ammazzato aggiungendo queste parole di sfida: «Così, d’ora in poi, possa morire chiunque osi scavalcare le mie mura». In questo modo Romolo s’impossessò da solo del potere e la città appena fondata prese il nome del suo fondatore. »(Plutarco)
Anche per il nome ci sono tante interpretazioni. A me piace molto questa:
“Sulle rive dell’insenatura sorgeva un fico selvatico che i Romani chiamavano Ruminalis o, come pensa la maggioranza degli studiosi, dal nome di Romolo, oppure perché gli armenti erano soliti ritirarsi a ruminare sotto la sua ombra di mezzogiorno, o meglio ancora perché i bambini vi furono allattati; e gli antichi latini chiamavano ruma la mammella: ancora oggi chiamano Rumilia una dea che viene invocata durante l’allattamento dei bambini »
Quando ero piccola ricordo che i festeggiamenti per il natale di Roma ricordavano più l’antica Palilia, feste dedicate alla natura, all’amore per la terra e i suoi doni… che finivano quasi sempre con un finale mangereccio.. “a li Castelli”…
Ora, leggendo su internet, le celebrazioni per la festa sono di altro genere – culturali, storiche, tecnologiche e, purtroppo, politiche…..
Così, Roma, oggi spegni 2762 candeline….
Lo sai, non nego il mio grande amore per Firenze…. Ma tu sei la mia Roma, la mia radice e unpezzo del mio cuore è sempre con te…..
(Le parti scritte in corsivo sono tratte da Wikipedia – La nascita di Roma)
Dopo 31 giorni di immobilità, Tessa – che è stata tutto il tempo a covare le sue uova, l’ho vista a volte spilluzzicare per terra…. forse Giotto le portava qualcosa o qualche insetto – stamani finalmente si è allontanata per sgranchirsi un po’ le ali. Ed ecco i suoi piccoli….
un tenerissimo monticino di piume bianche. L’ultimo pullo è nato proprio questa mattina….
L’aria si è raffrescata parecchio e piove, e Tessa – da mamma premurosa qual’è tiene i piccoli al caldo….. però uno dei pulli, più sbarazzino, si è affacciato per guardare il mondo….
Lo scoppio del carro – “I’ brindellone” – è la più antica tradizione popolare fiorentina, che risale al tempo delle crociate, 9 secoli fa.
Il mattino della domenica di Pasqua, verso le 8.30, si formano due cortei.
Uno parte da Palazzo Vecchio con le autorità e il gonfalone della città e raggiunge la chiesa dei ss. Apostoli dove sono conservate le pietre focaie, portate dal Santo Sepolcro dove Goffredo di Buglione le aveva donate a Pazzino de’ Pazzi come ringraziamento per il valore dimostrato. Con queste pietre il corteo prosegue verso il Battistero dove vengono consegnate all’Arcivescovo che le porta in Duomo dopo averle benedette.
L’altro è quello del Carro che, trainato da due vacche bianche, accompagnato da musicisti, sbandieratori e figuranti in abiti storici, parte dal piazzale di Porta a Prato, dove c’è la rimessa che lo protegge durante l’anno e dove viene preparato nelle settimane che precedono la Pasqua e – con un giro un po’ lungo (per farsi ammirare) – arriva nel piazzale antistante il Duomo.
Qui i buoi vengono staccati dal carro, cui viene legato un filo di ferro che lo collega all’interno della cattedrale.
Durante la S. Messa, al canto del Gloria, l’Arcivescovo accende i razzi della Colombina, la quale scorre lungo il cavo e percorrendo tutta la navata centrale, arriva al Carro; qui appicca il fuoco ai mortaretti sul carro e poi segue il percorso inverso tornando all’altare Maggiore.
Con un fragore assordante inizia l’accensione dei fuochi che erano stati posti sul Carro con molta accuratezza proprio perché il fuoco arrivi ad accendere successivamente tutti i piani di cui il carro è formato: sono più o meno 12 minuti di festa e di tensione perché se il volo si svolge senza intoppi, per Firenze si preannuncia un anno buono, altrimenti sarà tempo di “vacche magre”….