Qualche giorno fa, chiacchierando con una amica, abbiamo parlato di una nostra amica comune….. e mi è venuta voglia di raccontare di lei….
NONNA DINA
Nonostante il nome, nonna Dina non era la mia nonna….. in realtà non era nemmeno nonna perché non aveva avuto figli, sebbene li avesse desiderati tanto…
Poi, come succede a chi ha amore da donare, di “figli” nel suo lavoro ne aveva avuti tanti…
Ma non voglio anticipare…
L’incontro con nonna Dina, una donna alta e robusta, con una camminata veloce (almeno i primi tempi) ed un piglio da granatiere, è stato abbastanza fortuito. Conosciuta in un gruppo di persone che entrambe frequentavamo, qualcosa ci ha avvicinato in modo particolare…..forse quella che Goethe chiamava “affinità elettive”…
Un incontro importante, che mi ha dato tanto, sotto tutti i punti di vista.
Quando l’ho conosciuta Dina aveva già più di 80 anni, ma la testa di una ventenne.
Era un libro di storia, con la differenza che i libri di storia facilmente sono noiosi mentre ascoltandola, la storia diventava viva, piena di aneddoti di vita vissuta, vista e letta da un occhio sensibile e obiettivo…..
Quando andavo a trovarla, il pomeriggio passava velocissimo, anche troppo, e spesso le nostre chiacchierate finivano per cadere sui nostri ricordi…. e i miei mi sembravano così pochi a paragone dell’arco di storia che la sua vita aveva attraversato….
Ma soprattutto mi incantavo a sentirla quando parlava dei suoi “ragazzi”
Nonna Dina era stata insegnante all’Istituto per i Ciechi di Firenze.
Quanto amore, quanta dedizione, che grande capacità avesse nel dare a queste persone la possibilità di essere autosufficienti, di imparare non solo nozioni ma soprattutto a “vedere” quello che studiavano, a muoversi facendo uso di tutti i sensi per sopperire alla mancanza della vista.
Tra le altre difficoltà che incontrava era il fatto che erano tutti giovani adulti. Alcuni di loro erano diventati ciechi, spesso in seguito ad incidenti sul lavoro. Queste persone avevano come vantaggio di “aver visto” per cui parlare, per esempio, di un albero creava dentro di loro immediatamente un’immagine, mentre invece quelli ciechi dalla nascita non avevano nessuna immagine in loro. Però spesso con i primi c’era da combattere con la rabbia di essersi trovati all’improvviso nell’incapacità di proseguire il loro lavoro, con la frustrazione di non essere più autosufficienti…..
Mi raccontò una volta di aver portato “i suoi ragazzi” – come li chiamava – a San Lorenzo: mi spiego….. pensate ad un mercato…. banchi a destra e sinistra delle strade, tanta gente (allora era il mercato più importante di Firenze…ora un po’ meno…), tanta confusione, tanto chiasso…. e poi la chiesa, grande e silenziosa. Poche persone si erano accorte che quel gruppetto allegro e curioso era composto da ciechi, tanto disinvoltamente si muovevano tra la gente. Poi entrati nella chiesa Dina aveva insegnato a capire le forme usando la voce e l’orecchio. Avete mai provato a “sentire” un arco semplicemente usando il suono della voce e il tempo che questo impiega ad incontrare l’ostacolo? Io ho provato….. ma non sono riuscita a percepire la differenza…. I miei occhi prevaricano gli altri sensi…..
E i bassorilievi, “visti” con le mani a carezzare la pietra, a scoprire il disegno e le forme…
Oppure mi diceva dei loro pomeriggi al “Campo di Marte” che allora era ancora un parco immenso, e qui scoprire gli ostacoli …… il ruscello, per non finirci dentro….. i viali asfaltati, i vialetti ghiaiosi, il prato…..
E bearsi del calore del sole, e godere del canto degli uccelli…..
Tra i suoi “alunni” c’è stato anche un ragazzo sordomuto che era diventato cieco…. solo questo ha reso il lavoro di nonna Dina diverso da quello che Annie Sullivan aveva dovuto inventare per Ellen Keller: quello che mi ha sconvolto è sentirla parlare con lui al telefono. La sorella di lui trasmetteva quello che l’uomo (perché oramai aveva più di 50 anni) voleva dire, mentre lui “ascoltava” con le mani appoggiate alla cornetta, attraverso le vibrazioni che arrivavano alle sue mani….
Il 25 marzo del 2000 nonna Dina è morta, a 94 anni.
Ad ognuno aveva lasciato un suo ricordo, scelto con cura e con amore, a dimostrazione di quanto fosse speciale per lei ogni singolo rapporto e di quanto si fosse preparata alla morte, nonostante il suo grande amore per la vita.
Io porto sempre al dito il suo anellino, così poco invadente…. donato da lei che conosceva bene la mia idiosincrasia per i gioielli…