Zrcadlo

 

HO CONOSCIUTO GIANFRANCO – Zrcadlo

 

Non credete a quello che racconta!!! E’ un ragazzo piacevolissimo, dal viso aperto e un sorriso accattivante….

Abbiamo passato insieme forse un’oretta – non ho guardato l’orologio – e mi sembrava di conoscerlo da sempre….come gli amici delle mie figlie che ho visto crescere ….

C’era affetto sincero e una bella condivisione di pensieri……………. con buona pace di quelli che non credono possibili le amicizie tra bloggers e tra persone di età così diversa…

 

 

 

Li-T’Ai-Po

 

Li- T’Ai- Po

 

Nei miei viaggi nella poesia ho incontrato questo poeta cinese che mi è piaciuto tantissimo:

Li Po è stato un poeta cinese considerato tra i massimi della Dinastia Tang

Viene chiamato anche l’immortale caduto e l’immortale poeta

Li Po è conosciuto per l’esuberante immaginazione visiva, il desiderio di distacco dalla mondanità, per gli elementi taoisti nelle sue poesie e per la gran passione per l’alcol, spesso cantata. Egli cattura un momento, una sensazione particolare, riuscendo però a farne una categoria dell’anima, adatta a molte situazioni, in cui ci si possa facilmente rispecchiare:

Come il più giovane poeta Du Fu passò gran parte della sua vita viaggiando. La leggenda vuole che sia morto annegato nel Chang Jiang cadendo dalla barca mentre, ubriaco, tentava di prendere la luna riflessa nelle acque.

床前明月光,
疑是地上霜
,
舉頭望明月
,
低頭思故鄉,

Ecco due sue poesie…

Tre cinque sette parole

Leggero vento autunnale
Lucente luna d’autunno
Le foglie cadute si ammonticchiano e poi vanno distanti
Il corvo si accoccola e poi si agita
E quando ti penso vorrei conoscere il giorno in cui potrò rivederti
In questo momento, in questa notte, difficili sono i sentimenti

Incisione su un monastero montano

Bivacco notturno al monastero sui monti
Allungo la mano, afferro le costellazioni
Non oso parlare ad alta voce
Ho paura di svegliare chi sta sopra il cielo.

 

 

La pioggia nel pineto

 

Ascolto la pioggia che batte sui vetri e mi trovo a recitare questa poesia…..

 

 

LA PIOGGIA NEL PINETO

di Gabriele D’Annunzio

 

 

Taci. Su le soglie

del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove sui mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
sui ginestri folti
di coccole aulenti,
piove sui nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
l’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell’aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come un foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, ascolta. L’accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota.
più sordo e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancora trema, si spegne,
risorge, treme, si spegne.
Non s’ode voce del mare.
Or s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia

secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell’aria
è muta; ma la figlia
del limo lontane,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i malleoli
c’intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.

 

 

Sarei già

 

Questa mattina, sul blog Zolfo & Mercurio dl mio carissimo Marco ho trovato questa splendida poesia e l’ho voluta dividere con voi……

 

 

 

SAREI GIÀ ANDATO LONTANO

 

 

Sarei già andato lontano,

 

tanto lontano quanto è grande il mondo,

 

se non mi trattenessero le stelle

 

che hanno legato il mio al tuo destino,

 

così che solo in te posso conoscermi.

 

E la poesia, i sogni, il desiderio,

 

tutto mi spinge a te, alla tua natura,

 

e dalla tua dipende la mia vita.  

 

 

(Johann Wolfgang von Goethe)

 

Jean Folon

 

Jean Michel Folon

(Uccle, 1 marzo 1934 – Principato di Monaco 20 ottobre 2005)

 

Ho “incontrato” Jean Folon alla grande Mostra al Forte Belvedere, a Firenze, nel 2005, poco tempo prima della sua morte.

Vi erano esposti i suoi straordinari acquerelli e le sue sculture.

 

 

Girare nello splendore del Forte circondata dalla magia, dalla leggerezza, dalla vivacità dei colori, dalla fantasia delle sculture è stato come iniziare un viaggio nella sua terra e nel suo cuore, che mi ha fatto innamorare delle sue opere.

 

 

Deciso a percorrere la strada dell’arte, Folon aveva abbandonato il Belgio quando aveva appena 20 anni per andare a Parigi dove aveva conosciuto Picasso e i surrealisti, ma non vi aveva trovato successo. Lo trovò invece negli Stati Uniti dove cominciò a disegnare copertine per la rivista “New Yorker”.

Da allora gli si aprirono le porte di tutti i più importanti musei.

 

 

I protagonisti delle opere di Folon sono gli omini sottili e stilizzati, la nave, gli uccelli dalla tipica forma, le città blu o le chitarre, la mano, una mano sottile, elementi teneri e surreali che incantano per la delicatezza del tratto e il gusto dei colori.

 

 

 

La sua produzione copre un numero esteso di generi, dai manifesti pubblicitari ai film di animazione e ai francobolli, dall’illustrazione di libri al passaporto dei diritti umani che ha illustrato per Amnesty Intrnational, alla sua campagna di sensibilizzazione alla tutela dell’ambiente.

 

 

I suoi disegni sembrano impalpabili, leggeri….la sua scultura invece è più corposa: i suoi omini si trovano in varie parti del mondo. A Milano c’è "L’uomo sulla panchina"

 

 

A Firenze – a cui era legato profondamente – ha lasciato due delle sue sculture, due fontane: “L’omino con l’ombrello”, una figura in bronzo dal cui partono fili di acqua che formano proprio la cupola di un ombrello sotto la pioggia, che si trova davanti al Saschall

 

 

 

e “L’homme de la Paix”, con il tipico uccello sulla mano , ch si trova alla Fortezza da Basso.

 

 

Ma famosissimo è anche “La mer” che si trova a Knokke, dove da bambino passava le vacanze, un omino seduto davanti al mare che ad ogni marea lo copre o l’omino seduto sulla valigia, simbolo del “viaggio”…

 

Nel 2000, nel cuore del Parco Solvay, a La Hulpe, dove ha vissuto la sua infanzia, Folon ha creato la “fondazione Folon”, il museo che racchiude oltre 300 opere, in una cornice fantastica ed originale.

Ho trascorso qui la mia infanzia” aveva detto “e la scelta mi parve del tutto naturale. Ho sempre amato questo posto magico”. E stupisce e ammalia ciò che si cela al di là della porta che apre le stanze del museo

che rappresenta una copertina di libro: da lì inizia un viaggio…il viaggio che spesso ricorre nella sua opera…è come se Folon aprisse il libro della sua vita per raccontarsi pagina dopo pagina……

 

 

 

 

 

 

 

16 ottobre 2009

  16 Ottobre 2009.
 
Oggi ricorre la giornata mondiale dell’alimentazione promossa dalla FAO. 
 
 L’EVENTO QUEST’ANNO E’ INCENTRATO SUL TEMA "LA SICUREZZA ALIMENTARE IN TEMPI DI CRISI".  
 

  

Julia la farfalla

 

Julia, la farfalla…

 

 

Il 9 settembre, presso l’Orto Botanico di Firenze, tra gli alberi secolari che lì vivono, c’è stata una bellissima conferenza di Julia Hill, conosciuta col soprannome di Butterfly, la giovane ragazza che per 2 anni e 6 giorni ha vissuto su una sequoia millenaria – che lei ha chiamato Luna – per poterla salvare dalle motoseghe delle multinazionali del legname.

Julia oggi ha 34 anni e gira il mondo per raccontare la sua storia, ma soprattutto per sensibilizzare al rispetto degli alberi, e della natura in generale.

Per opporsi al taglio delle sequoie andò a vivere sulla piccola piattaforma di legno a 56 metri nonostante il freddo, la fame e le condizioni durissime. Julia poteva continuare a fare surf come le sue coetanee californiane, invece poco più che ventenne mise a repentaglio la sua vita per salvare quella di una sequoia e dell’intera foresta millenaria che stava per diventare legname per camini.

 

 

 

A vederla non diresti che è proprio lei l’ecoterrorista più famosa del mondo. Una graziosissima giovane, snella, capelli corti e piedi scalzi anche in città, “come quando era su”

Racconta di come è stata drammatica la sua lotta: una battaglia quotidiana contro il freddo, la fame, le tempeste violentissime, il rombo minaccioso degli elicotteri sopra la testa e delle motoseghe sotto di lei. Ma anche la paura, la solitudine, il disagio di restare in una piattaforma di un metro e mezzo per due, le febbri e la malattia ai reni.

Julia spiega di aver scritto il libro-diario dettando al registratore le sue paure e le sue poesie, le sue giornate piene di interviste, lettere e arrampicate sui grandi rami intorno alla sua piccola piattaforma.

Dice con molta semplicità: “ci si abitua a tutto, anche a mangiare cous cous e frutta secca, a lavarsi con le spugnature di acqua piovana e ad andare in bagno in un secchio foderato da una busta”. Quello che l’ha aiutata è stato il fatto di avere uno scopo importante: salvare qualcun altro, salvare Luna e la foresta”.

“Luna mi è rimasta nel cuore, continuo le battaglie ecologiste, e lavoro per i diritti dei nativi americani e contro la pena di morte negli Stati Uniti”.

 

 

E’ deliziosa da ascoltare… semplice ed umile, non si ritiene una persona che ha fatto una cosa eccezionale…..anzi!

E’ come se non fosse mai scesa dalla sua sequoia e passa nella vita proprio come una farfalla (fin da bambina ha avuto con loro un rapporto particolare), volando al di sopra della banalità e delle convenzioni….

Al termine della conferenza (che è durata un’ora in più del previsto a causa delle mille domande che le venivano poste – con grande pena del custode che non riusciva a chiudere il Giardino….) sono state mandate alcune musiche delle piante elaborate dal Damanhur insieme ali studiosi dell’Orto Botanico.