Il Primo Giorno dell’Anno

 Lo distinguiamo dagli altri
come se fosse un cavallino
diverso da tutti i cavalli.
Gli adorniamo la fronte
con un nastro,
gli posiamo sul collo sonagli colorati,
e a mezzanotte
lo andiamo a ricevere
come se fosse
un esploratore che scende da una stella.
Come il pane assomiglia
al pane di ieri,
come un anello a tutti gli anelli…
La terra accoglierà questo giorno
dorato, grigio, celeste,
lo dispiegherà in colline
lo bagnerà con frecce
di trasparente pioggia
e poi lo avvolgerà
nell’ombra.
Eppure
piccola porta della speranza,
nuovo giorno dell’anno,
sebbene tu sia uguale agli altri
come i pani
a ogni altro pane,
ci prepariamo a viverti in altro modo,
ci prepariamo a mangiare, a fiorire,
a sperare.

(Pablo Neruda)

I libri

 

sono lì        quieti        giorno dopo giorno

                    colmi

delle loro luci precise

delle loro vecchie passioni

del loro peso delizioso

dei loro sogni

 

 

colonna dopo colonna        i loro colori

amalgamandosi

                             descrivono edifici

                              replicano piani

sono lì                        semplice geometria        diedri

                                    sfogliabili                            secchi

                                      arbusti

dove la polvere                         incoscientemente

                                                    fiorisce

 

sono lì                            mosche invisibili

che turbano

il mio ozio

mi vengono            addosso                senza

che possa

evitare                    di lanciar loro        un’occhiata

                              una manata

improvvisa

 

 

sono lì                 membri anch’essi

                           della famiglia

                           amati        sì

alternativamente

                            accarezzati

                            vicini

                            generosi

                            accucciati

                            segreti

                            egoisti

 

sono lì

per fortuna

 

   Javier Sologuren

 

La poesia nella Bibbia

Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce

Su coloro che abitavano in terra tenebrosa

Una luce rifulse.

Hai moltiplicato la gioia

Hai aumentato la letizia.

Gioiscono davanti a te

Come si gioisce

Quando si spartisce la preda.

….

Poiché un bambino è nato per noi,

ci è stato dato un figlio.

Sulle sue spalle è il segno della sovranità

Ed è chiamato:

Consigliere ammirabile, Dio potente

Padre per sempre, Principe della pace.

(Isaia 9, 1 – 2; 5.)

 

 

 

Novità

 

Da oggi, Dio, non sei più solo Dio;
da oggi, uomo, non sei più solo uomo.
Il grembo di una donna
ha fatto nascere
qualche cosa di nuovo,
sulla terra e nel cielo.

E niente sarà più come prima.

 

(Adriana Zarri, La scala di Giacobbe)

Giorni di silenzio

Quattro giorni fa, a metà del pomeriggio,  il computer ha deciso che voleva una vacanza…..

Lì per lì la cosa non mi ha preoccupato, succede – a volte – che per lavori sul server o per affollamento non si possa navigare…di solito la mattina dopo è tutto a posto.

Invece nulla: il giorno dopo provo ad accendere il pc ma niente internet…

Spengo e riprovo…ancora niente…

Va bene, mi dico, devo fare la spesa…ora esco e quando torno sarà tutto a posto. Nulla…

Diversamente dalle altre volte non mi ha nemmeno sfiorato l’idea che era il caso di chiamare l’amico tecnico, oramai abituato a “salvarmi” quando mi perdo in situazioni difficili…

La cosa mi piaceva….il pc è una grossa tentazione – anche se è un grande salotto sempre pronto ad ospitare gli amici – l’essere obbligata a staccarmi per un po’ mi ha fatto ritrovare spazi che avevo un po’ trascurati..

Solo tre giorni, dopo la nevicata,  e le strade erano gelate ed era pericoloso uscire….non ci tenevo a fare qualche capitombolo!

Così ho fatto alcune telefonate che rimandavo perchè mi costava  fare, ho iniziato e finito  un libro…… ma la cosa che mi ha dato gioia è stato il riprendere in mano carta e penna e scrivere i biglietti di auguri ad alcune persone “particolari”….. mi sarebbe piaciuto mandare un biglietto a ciascuno di voi ma mi sono resa conto che di tanti amici ho solo la e-mail!

Il terzo giorno ho deciso che era il caso di chiamare il “dottore” e il pc è guarito….in tempo per permettermi di mandare il mio augurio a tutti, pieno di affetto….

Pochi di voi conosco di persona – ed è stato una gioia incontrarci – tutti vorrei conoscere una volta o l’altra…..ma l’amicizia vola alta anche sulle pagine dei nostri blog e mi siete cari come se vi conoscessi…..

Perciò…un bacio per uno ed una carezza

ed i miei auguri!

Firenze imbiancata

E così, quest’anno, anche su Firenze è scesa la neve.

Prima una spruzzata di leggere briciole bianche,  poi i fiocchi sempre più grandi e fitti per tutta la giornata. In poco tempo uno strato bianco ha ricoperto le strade e i giardini, ha decorato alberi e auto e motorini….

E’ bella la neve, ha una magia tutta particolare, avvolge le cose nel bianco e nel silenzio. Firenze per un po’ è rimasta ammutolita, non si sentiva nessun rumore…..sembrava quasi che il mondo trattenesse il fiato per non disturbare…… sì, è bella la neve…..

Ma poi sono cominciati i dolori: le strade si sono bloccate, code di macchine non abituate a camminare su quell’insolito tappeto….. chi sbandava, chi aveva paura a fare manovra e si fermava nel mezzo di strada…… e allora il silenzio è sparito: clackson, gente inviperita che non sapeva come fare a tornare a casa, ghiaccio pericoloso per i pedoni….. una città totalmente impreparata  senza mezzi e senza fantasia per alleviare almeno un po’ il disagio di tanti….

Solo i bambini, in tutto questo caos, riuscivano a godersi questa insolita occasione di divertimento…almeno le loro voci erano voci di gioia!

Poi, calato il buio, la magica luminosità delle strade innevate…. sembra che tutto sia dipinto con l’oro…la città è tornata al silenzio.

Tanti, chi era abbastanza vicino da poter arivare a piedi, sono andati in centro ad ammirare lo spettacolo della grande  cupola e delle meraviglie della città imbiancate, camminando nelle strade per una volta deserte…..

Sì, è bella la neve…

Ma poi …. il mattino dopo leggi che qualcuno nella notte è morto per il freddo, per non aver trovato neppure un riparo….

Eugenio Montale

Il 10 dicembre 1975 Eugenio Montale fu insignito del Premio Nobel per la letteratura.

Era nato a Genova il 12 0ttobre 1896. Studiò ragioneria, ma i suoi interessi erano diretti alla letteratura, e per il fatto di essere autodidatta, la sua formazione è stata libera e personale.

Nel 1927 Montale è a Firenze come redattore presso l’editore Bemporad. Lo spirito libero e aperto della cultura fiorentina  aveva dato inizio alla poesia italiana moderna. Qui egli è chiamato a dirigere il Gabinetto scientifico letterario G.P. Vieusseux e collabora alla rivista Solaria ed altre ma non trova né certezza economica né legami sentimentali, così si trasferisce a Milano: ha già pubblicato Ossi di  seppia, ora pubblica Occasioni, che vengono considerate entrambe la più alta espressione poetica del Novecento.

Il poeta, ironico e mai amaro anche se disincantato, disse di sé: “pensai presto, e ancora penso, che l’arte sia la forma di vita di chi veramente non vive: un compenso o un surrogato”

Mentre era a Firenze Montale fu un assiduo frequentatore del caffè Le Giubbe Rosse che allora, come ora in misura minore, era un importante ritrovo letterario.

Ogni volta che passo per il centro mi fermo per un caffè…..entro e mi trovo immediatamente a respirare un’aria diversa: le foto alle pareti, le testimonianze di “grandi” che si sono fermati per mangiare o anche solo per incontrare amici o conoscere e farsi conoscere. Può capitare ancora di trovare persone che – sedute ad un tavolino – discutono di poesia o letteratura.

Sembra più buono il caffé….

 

 

“Meriggiare pallido e assorto”  


Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.

Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

 

Volontariato

Ieri è terminata la settimana del volontariato.

Questa mattina da un libro è caduta una foto….. una coincidenza?

Mi ha fatto ricordare un periodo molto bello della mia vita, giorni e persone che mi hanno dato tanto, che mi hanno fatto crescere – nonostante avessi un marito e due figlie già grandi…..

Verso il 1985, una mattina la settimana, salivo fino in via dei Cappucini, sulla collina di Montughi…..una bella passeggiata nonostante la ripida salita finale…..ma allora non avevo problemi, preferivo fare tutta la strada a piedi piuttosto che prendere due autobus…..

Quasi in cima alla collina c’è la Piccola Casa della Divina Provvidenza, il nome che hanno le case del Cottolengo.

Chinarsi sulla sofferenza dell’uomo è un principio fondamentale dello stile di servizio attuato da Cottolengo. Farsi solidale con l’altro con una concreta condivisione, mossa da una solidarietà che si fa carico dell’uomo perché esso ha in sé la dignità di essere creato a immagine e somiglianza di Dio.

Anche la persona più gravemente disabile è considerata nella sua dignità e viene aiutata a scoprire il proprio valore, si respira con loro uno spirito di famiglia, di gratuità, di condivisione.

Ho imparato, insieme alle “bimbe” ed alle suore – splendide persone – che si può sempre dare un senso alla propria esistenza, che si può costruire sull’amore, sull’amicizia, sulla speranza….

Fra i tanti ricordi ce ne è uno che mi è rimasto nel cuore perchè mi ha fatto riflettere tanto.

C’era una delle ospiti, Maria, che camminava sempre, a passo veloce, non riusciva proprio a stare ferma…..per lei era una tortura il momento del pasto anche se – brontolando – stava seduta il tempo indispensabile per mangiare.

Una mattina, scendendo dal letto, Maria si ruppe il femore. La diagnosi per lei: 40 giorni immobile a letto sperando che l’osso riscisse a rimarginarsi. Ce l’avrebbe fatta?

Maria ce la fece, coccolata e viziata per farla stare tranquilla, anche se ogni tanto cercava di girarsi nel letto. Passati i 40 giorni il dottore disse che per scrupolo era meglio per lei stare ancora qualche giorno a letto mentre si organizzava la necessaria terapia che avrebbe dovuto fare nella speranza che potesse riprendere un po’ di movimento…..almeno 15 giorni, se non un mese la sua previsione per ricominciare a camminare. Comunque era guarita!

Maria ascoltava il dottore e sorrideva, un sorriso sornione il suo…..

Appena il dottore andò via, senza tanti complimenti Maria scese dal letto e ricominciò la sua frenetica camminata, con un sorriso trionfante!!!!

Il suo desiderio era stato più forte di qualunque dolore!