Il Cigno di Pesaro

In quello che Foscolo nei Sepolcri chiama “il tempio dell’Itale glorie” –la Basilica di Santa Croce a Firenze – riposano le spoglie di uno dei più grandi compositori italiani, di cui ricorrono oggi  i 220 anni dalla nascita: Gioacchino Rossini, nato a Pesaro il 29 febbraio 1792.

Ipocondriaco, collerico, ironico ma anche gioviale e amante della buona tavola, a volte soggetto a crisi depressive, pigro, con la sua produzione musicale ampissima impresse al melodramma uno stile destinato a far epoca e del quale chiunque, dopo di lui, avrebbe dovuto tener conto.

La sua opera comprende  farse e commedie, tragedie e opere serie e semiserie, oltre ad aver spaziato tra la più vasta gamma di generi musicali.

Come Mozart fu un genio precoce della musica: compose la sua prima opera, Demetrio e Polibio,  a 14 anni!

In circa venti anni compose una quarantina di opere, accolte con alterne sorti, dagli strepitosi successi di Guglielmo Tell, Semiramide (che fu il suo ultimo melodramma), Zelmira, La pietra di paragone,  a insuccessi clamorosi come per una delle sue opere più amate, Il barbiere di Siviglia, dove i detrattori del Maestro provocarono addirittura tafferugli nel teatro. Solo dopo alcuni giorni fu riconosciuto all’opera il successo che meritava.

Storica è anche la prima rappresentazione de La Gazza ladra: l’orchestra non riusciva neppure ad iniziare a causa del chiasso che veniva fatto dai soliti nemici del maestro. Gli venne in aiuto la sua ironia: chiese ai tamburi di eseguire un rullio…..la folla stupefatta restò un attimo interdetta e in quell’attimo iniziò l’opera ….e fu un grande successo! Il rullo dei tamburi è diventato parte integrante dell’Ouverture…

Negli ultimi anni compose solamente pochi lavori, tra i quali, bellissimi, lo Stabat Mater e la Petite Messe Solemnelle.

Si spense per un tumore nella sua villa di Passy, vicino Parigi il 13 novembre 1868 e fu sepolto nel cimitero parigino di Père Lachaise, ma solo nel 1887, dopo la morte della moglie, le sue spoglie furono riportate in Italia.

Madre Natura

I miei due ciclamini erano davvero belli affacciati alla ringhiera del balcone, due tonalità di rosso brillante, i fiori su steli robusti, alzati orgogliosamente verso il sole, le foglie di un verde cupo a fare da corona.

Poi la gelata, una serie di giornate col termometro fisso sotto lo zero che mi è sembrata infinita.

Non uno spiraglio di sole a stemperare l’aria e una mattina, alzando la serranda, ho visto i ciclamini chini verso il basso, senza forze, gli steli molli, i fiori appassiti, la foglie ingiallite….

Mi sentivo molto in colpa: c’era stata la neve (ma la neve non fa male alle piante..) ed erano previste temperature in discesa. Per restare io riparata al caldo della casa, non mi ero preoccupata di proteggere le piante…..bastava averle messe accostate al muro per ripararle da quel gelo, magari coprirle un po’…..

Invece eccole lì….e mattina dopo mattina mi ricordavano la mia disattenzione.

Avrei potuto spostarle per non vederle così tristi, ma non mi sembrava giusto ….. dentro di me nutrivo qualche speranza e l’unica soluzione che mi sembrava adeguata era quella di lasciarle così, senza disturbarle…..

E’ passato quasi un mese e le belle giornate che febbraio ci sta regalando mi hanno invogliato a dare un’occhiata al balcone: le piantine sul davanzale della camera stavano bene, c’erano un po’ di foglie secche ma è un ricambio naturale. Le piante grasse, come tutti gli anni (e mi stupisco sempre) erano in piena forma.

Anche l’orto di Romano…una piantagione di fave (o baccelli, come sono chiamate qui) che aveva retto al freddo, solo poche avevano sofferto.

E poi loro e la grande saggezza della natura: comincio a levare foglie e fiori secchi e man mano, sotto ai fiori e alle foglie morte, tanti boccioli avevano alzato il capo fuori dal terreno ed erano lì, pronti a crescere….una nuova generazione viva, forte, che sta crescendo, aprendosi la strada verso il sole…..la natura li aveva protetti fornendo loro una coperta naturale!

Quaresima

“Entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto” 
(dal Vangelo di Matteo)

Permettere al Silenzio di riprendere il giusto spazio nel cuore , nei pensieri e nello sguardo.

Vivere la fede, non “pensarla”.

Imparare la Misericordia, imparare la Libertà

Lasciarmi trovare….

…nel Segreto…

 

Un regalo fantastico!

Non mi era mai successo che qualcuno mi dedicasse una poesia, invece questa mattina ho trovato questo regalo ….e lo voglio dividere con voi….

Questo scritto voglio dedicare

alla mia amica Fausta senza indugiare,

perché essendo mia affezionata lettrice

si è stufata della mia solita tragica radice!

E come darle torto, cara amica,

son tutta lacrime, tormenti e fatica!

Ma oggi son pronta per dedicarle

una semplice poesia che serva a darle

tutto il calore che sento nel mio cuore,

con tanta allegria, sorriso e calore……….

………Se d’improvviso

la gioia ti coglie

e sul tuo viso

la durezza si scioglie,

se una risata

ti scappa violentemente

e lascia turbata

tutta la gente,

se vuoi cantare

una canzone a squarciagola

o felice urlare

anche se sei sola,

se ti capita tutto questo

fallo! Non ti bloccare!

Non ti curar del resto

ma lasciati andare!

Sei semplicemente felice

sei unicamente gioiosa

sei colei che dice

“la vita è meravigliosa”.

(da Stefania)

 

LA STRANA SENSAZIONE DI ESSERE VIVI PER MIRACOLO

Non sono ancora le 7.

Nel silenzio del mattino una sirena. Se ne sentono molte in questi giorni, un po’ perché siamo vicini ad una delle trafficatissime vie che escono dalla città e d’inverno, quando non c’è il fogliame degli alberi ad attutire il rumore, arriva anche qui il “suono” continuo del traffico, un po’ perché anche nella mia strada si fermano spesso le ambulanze (oramai siamo rimasti quasi più solo anziani dopo che il numeroso gruppo dei nostri ragazzi ha messo su famiglia e si è trasferito) con tutto il seguito di acciacchi e malanni che questo clima acuisce…..

Invece la sento fermarsi proprio qui, ma non è la sirena di un’ambulanza.

Mi affaccio per vedere: c’è un camion dei pompieri proprio al nostro portone, ma fa troppo freddo per fermarmi a vedere.

Quando scendo per andare a fare la spesa nel portone ci sono 6 pompieri che stanno facendo firmare delle carte all’amministratore. Chiedo che cosa è successo ed uno dei vigili mi spiega che in uno dei due miniappartamenti del seminterrato c’è stata una fuga di gas. Fortunatamente dal primo piano hanno sentito l’odore e si sono preoccupato di chiamare i vigili del fuoco visto che la casa era chiusa. Io sono al 4° piano e quegli appartamenti hanno l’entrata nel piazzalino dei garages….quassù non arrivava nessun odore altrimenti il mio naso l’avrebbe percepito!

Dopo aver individuato da dove proveniva, i vigili hanno trovato nell’appartamento ben quattro bombole di gas piene e l’ambiente saturo….praticamente una bomba sotto la nostra palazzina.. Sarebbe bastato accendere una lampada per far saltare tutto….

 

Quando si vedono queste cose in TV o si leggono sui giornali non si pensa mai che potrebbe succedere a te, che basta la leggerezza di una persona (c’è bisogno in un miniappartamento, anche se non allacciato alla rete del metano, di tenere quattro bombole piene di gas in casa quando basta una telefonata perché te la portino in pochi minuti?) per distruggere una casa e fare strage di persone?

 

Ci mettiamo in allarme per le malattie ma ultimamente situazioni come questa, comela Concordiaall’isola del Giglio, come l’emergenza neve di questi giorni con le situazioni estreme che sta creando, ci dovrebbero far pensare che siamo davvero tanto impermanenti, che  ci potrebbe essere richiesto il conto della vita in ogni momento.

Ci rifletto oggi, senza paura, perché in fondo saper perdere l’attaccamento esagerato alle cose e alle persone ci farebbe sentire più liberi e più pronti a vivere in pienezza ogni istante, senza rimandare a un “dopo” che non sappiamo neppure come sarà e se ci sarà.

Venti anni fa

Il 6 febbraio 1992 moriva a Milano Davide Maria Turoldo, sacerdote  dell’Ordine dei Servi di Maria e poeta, che Firenze ha conosciuto bene per essere stato assegnato al Convento della Santissima Annunziata dal 1955 al 1961.

Un profeta, coscienza inquieta della Chiesa….

Ecco alcune delle sue poesie, scritte dopo che gli fu scoperto il tumore al pancreas

“Ieri all’ora nona mi dissero:

il Drago è certo, insediato nel centro

del ventre come un re sul suo trono.

E calmo risposi: bene! Mettiamoci

in orbita: prendiamo finalmente

la giusta misura davanti alle cose;

e con serenità facciamo l’elenco:

e l’elenco è veramente breve.”

La sentenza che ora tu sai

nulla di nuovo aggiunge a quanto

già doveva esserti noto da sempre:

tutto è scritto. Di nuovo

è appena un fatto di calendario.

 Eppure è l’evento che tutto muta

e di altra natura

si fanno le cose e i giorni.

 Subito senti il tempo franarti

tra le mani: l’ultimo

tempo, quando

non vedrai più questi colori

e il sole, né con gli amici

ti troverai a sera…

Dunque, per quanto ancora?”

“Non so quando spunterà l’alba

non so quando potrò

camminare per le vie del tuo paradiso

 non so quando i sensi

finiranno di gemere

e il cuore sopporterà la luce.

 E la mente (oh, la mente!)

già ubriaca, sarà

finalmente calma

e lucida:

e potrò vederti in volto

senza arrossire.”

 

 

3 febbraio – San Biagio

Quando ero piccola il 3 febbraio andavamo alla funzione che veniva fatta in tutte le Chiese di Roma  per la benedizione della gola, nel ricordo di San Biagio nominato protettore della gola perché sembra che  avesse liberato prodigiosamente un bambino da una lisca conficcata nella gola. La benedizione veniva fatta toccando la gola con due candele incrociate, invocando l’intercessione del santo.

Il Vescovo Biagio, probabilmente un medico, governava la comunità di Sebaste, in Armenia quando Licinio Augusto, imperatore romano insieme a Costantino, concesse ai cristiani la libertà di culto. Scoppiò però un dissidio fra di due imperatori, Costantino fece uccidere Licinio e questo scatenò delle persecuzioni in Armenia nelle quali morì anche il Vescovo Biagio, nel 316 d.c., perché aveva guarito degli animali con un segno di croce. Per questo fu imprigionato e torturato con pettini di ferro prima di essere decapitato: nella sua iconografia appare infatti con i ceri ed un pettine di ferro.

Il corpo di san Biagio fu sepolto a Sebaste ma nel 732 alcuni cristiani vollero portare una parte dei resti a Roma. La nave però fece naufragio nei pressi di Maratea e le spoglie del Santo furono sepolte in una piccola chiesa nel luogo dove fu poi  costruita la grande Basilica attuale

Queste sono le poche notizie storiche sulla vita di san Biagio, mentre molti sono i racconti e le tradizioni che lo riguardano, sempre ricchi di episodi prodigiosi.

Le numerose tradizioni che hanno come protagonista san Biagio, oltre all’imposizione delle candele (o dell’olio santo) sono molto vive in Sardegna:  per Santu Biasu si mangiano pane e dolci benedetti “pistoccheddus”. Nel Nuorese si offre un pasto che deve contenere le fave e il maiale sempre però accompagnati da una benedizione e una preghiera al santo. Inoltre, per va di quel pettine per cardare, da alcuni viene considerato il protettore dei pastori che lavorano la lana.

Una tradizione che non conoscevo me l’ha raccontata oggi un amico milanese: a Milano, sulle guglie del Duomo, c’è una statua di San Biagio e c’è l’usanza di conservare un panettone natalizio fino alla data odierna in ricordo della somiglianza della sua storia con quella di S Ambrogio anch’egli medico e Vescovo, che come lui curava le anime….ma si occupava anche dei corpi!

Un santo famoso, san Biagio! Il suo culto è vivo in molti luoghi d’Italia ma anche in Francia, in Spagna, in Svizzera e nelle Americhe……quanta strada ha fatto!!!