Venerdì Santo

COLLOCAZIONE PROVVISORIA di don Tonino Bello

Nel Duomo vecchio di Molfetta c’è un grande crocifisso di terracotta. Il parroco, in attesa di sistemarlo definitivamente, l’ha addossato alla parete della sagrestia e vi ha apposto un cartoncino con la scritta: collocazione provvisoria.
La scritta, che in un primo momento avevo scambiato come intitolazione dell’opera, mi è parsa provvidenzialmente ispirata, al punto che ho pregato il parroco di non rimuovere per nessuna ragione il crocifisso di lì, da quella parete nuda, da quella posizione precaria, con quel cartoncino ingiallito.
Collocazione provvisoria. Penso che non ci sia formula migliore per definire la Croce. La mia, la tua croce, non solo quella di Cristo.

Coraggio, allora, tu che soffri inchiodato su una carrozzella. Animo, tu che provi i morsi della solitudine. Abbi fiducia, tu che bevi al calice amaro dell’abbandono. Non ti disperare, madre dolcissima che hai partorito un figlio focomelico. Non imprecare, sorella, che ti vedi distruggere giorno dopo giorno da un male che non perdona. Asciugati le lacrime, fratello, che sei stato pugnalato alle spalle da coloro che ritenevi tuoi amici. Non tirare i remi in barca, tu che sei stanco di lottare e hai accumulato delusioni a non finire. Non abbatterti, fratello povero, che non sei calcolato da nessuno, che non sei creduto dalla gente e che, invece del pane, sei costretto a ingoiare bocconi di amarezza. Non avvilirti, amico sfortunato, che nella vita hai visto partire tanti bastimenti, e tu sei rimasto sempre a terra.

Coraggio. La tua Croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre “collocazione provvisoria”. Il calvario, dove essa è piantata, non è zona residenziale. E il terreno di questa collina, dove si consuma la tua sofferenza, non si venderà mai come suolo edificatorio. Anche il Vangelo ci invita a considerare la provvisorietà della Croce.

“Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio, si fece buio su tutta la terra”. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Ecco le sponde che delimitano il fiume delle lacrime umane.

Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota. Al di fuori di quell’orario c’è divieto assoluto di parcheggio. Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci. Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva anche da Dio.

Coraggio, fratello che soffri. C’è anche per te una deposizione dalla croce. Coraggio, tra poco, il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali, e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga.

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  1. Beh, cara Fausta,
    anche se non sono molto religioso, so riconoscere quello che muove l’animo umano.
    Anche io penso che nessun titolo migliore possa definire una vita.
    La vita sulla croce.
    La vita, che è croce e delizia per tutti.
    Da mezzogiorno alle tre: dalla croce alla delizia, poi, dopo , si scende, finisce la provvisorietà e comincia la collocazione definitiva, che ripudia lancette, orologi e orari.
    L’eterno.
    Solo l’eterno.
    Ma senza il tempo da contare, sempre a ritroso, sempre più scarso, quell’eterno non ci basta, non ci soddisfa, non lo curiamo.
    E stiamo tutti affannati, stipati, costretti, nel traffico che si addensa cupo e minaccioso man mano che il tempo scorre, fra mezzogiorno e le tre, fra il nostro mezzogiorno e le tre che quando verranno ci allontaneranno da noi stessi…
    Si.
    Collocazione provvisoria.
    Il titolo perfetto anche per una festa come quella pasquale.
    Che, per chi ha la fede, è la festa che porta dalla terra al cielo.
    Una festa che celebra la collocazione provvisoria come anticipo di quella definitiva.
    Io, solo da una cosa sono trattenuto, riguardo alla fede nell’aldilà: che la nostra condizione naturale è questa provvisorietà della vita, questa corsa affannata in mezzo ai due tempi che delimitano la corsa del mio orologio.
    Il tempo di prima è un tempo nel quale viviamo attraverso i nostri progenitori, il tempo in cui si forma, per un’alchimia inspiegabile, ma alchimia certa e sicura, il progetto che ci porta ad esistere.
    Ed il tempo di dopo, che è il tempo in cui anche noi saremo, ma al passato, progenitori, fattori alchemici di altri progetti di vita, a cui partecipiamo indirettamente ma certamente.
    E a cui parteciperemmo ancora di più se fossimo interrati, dopo la partenza, nudi nella nuda terra, proprio come dice la parola INTERRATI: materia che torna a farsi materia, saremmo, oltre fattori indeterminati di futuri progetti di vita.

    Ma non riesco ad andare oltre la speranza.
    Anzi.
    Oltre la Speranza.
    Credere in Dio, nella Resurrezione, nella Vita Eterna, significa andare oltre la speranza.
    Io, in quella terra promessa, non riesco ad andare.

    Un abbraccio, cara Fausta.
    Scusa se ho trattato un tema così poco… ortodosso proprio qui, sulla tua pagina e sotto un post così bello.
    Non volevo essere offensivo in nessun modo.
    Volevo solo mettere sullo stesso piatto anche la mia umile esperienza umana.
    Credo che essere uomini ci renda tutti uguali, tutti fratelli.
    Senza differenze di fedi o di credo.
    Fratelli che si devono amare fra di loro.
    “Ama il prossimo tuo come te stesso” è il comandamento più bello: uno migliore, finora, non sono riuscito a trovarlo.

    Buona Pasqua, cara Fausta!
    Piero

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    • Grazie Piero, invece sono proprio belle le tue parole! Essere qui, nel tempo, richiede un a fede immensa, quella che don Tonino Bello aveva… per noi c’è a sorreggerci una Fede che a volte vacilla, una Speranza che a volte diventa solo speranza….
      “Ama il prossimo tuo come te stesso”… è un bellissimo comandamento. Io aggiungo “Ama il tuo prossimo come Dio ti ama”….sapermi amata riesce a farmi andare Oltre…..

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