Io non sono una grande amante della televisione, sono pochissimi i programmi che guardo volentieri: il primo nella lista è “Le parole della settimana” di Massimo Gramellini, il sabato su Rai 3.

È un programma intelligente e garbato, ove si prende spunto dalle parole “chiave” della settimana, insieme a molti e variegati ospiti, per raccontare e commentare i fatti della vita.
Sabato scorso Gramellini ha presentato Laura Imai Messina, autrice di un libro dal titolo “Quel che affidiamo al vento”.

Quello che ho ascoltato mi ha intrigato al punto che ho subito comperato il libro e mi è venuta voglia di parlarne qui sul blog.
Si parla di un luogo chiamato Kaze-no-Denwa che è in Giappone. La scrittrice è stata sul luogo quindi ne parla con cognizione di causa.
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Nel suo giardino chiamato Bell Gardia, Itaru Sasaki aveva costruito nel 2010 una cabina per parlare col suo cugino morto.
Dopo il terremoto che ha scosso con estrema violenza la terra a Otsuchi, Iwate. – nordest del Giappone nel 2011, un’onda impressionante, un terribile tsunami si avventa contro la costa distruggendo tutto, portando via case alberi persone, lasciando una scia di desolazione…

Rimane quella cabina dai vetri trasparenti, un telefono nero collegato col nulla e un quaderno: dopo quella tragedia i sopravvissuti hanno cominciato ad andare per parlare con le persone che avevano perduto la vita, con la speranza di continuare un colloquio interrotto, dire quelle cose che non c’era stato tempo di dire, per alleviare un po’ il dolore della perdita.

Non bisogna inserire monete o gettoni. Si può anche solo ascoltare. Il rumore del vento, i propri ricordi, il suono della natura. Oppure si parla di sé, con sé, o con chi non c’è più.

Non ci sono indicazioni per arrivarci e quella ricerca del sentiero tra le piante e gli alberi, quel magico silenzio, crea un’onda di pace che allevia il dolore, nonostante la consapevolezza di un’assenza, di un vuoto che niente potrà mai riempire.
Sono tantissime le persone, da ogni parte del mondo, che si avviano su quella collina
Ora anche in Italia c’è un telefono del vento: in Liguria, sul Monte Beigua, al Rifugio Pratorotondo.

Appeso sul tronco di un albero c‘è un telefono su cui è scritto: “questo telefono non collegato trasporta le voci nel vento”.
È li e aspetta chi vuole lasciare al vento le parole che vorrebbe dire a chi non c’è più…
Basta alzare la cornetta…