Babbo Natale

I bambini credono a un uomo che in una notte, nella sua slitta magica trainata da renne volanti, attraversi il mondo e infilandosi in un camino, porti dei regali a tutti.
Okay.
Però prima di prenderli in giro ricordiamoci che noi crediamo a:
– Ti chiamo uno di questi giorni;
– Tranquilla, lei è solo un’amica;
– Non ti ho risposto perché ero impegnato;
– Non ti ho risposto perché ho lavorato tanto;
– Non sei tu, sono io;
– Non sono pronto per una relazione;
– Sei la donna giusta al momento sbagliato.

ecc…

P. S. Lasciamoli credere a Babbo Natale, non ha mai fatto male a nessuno

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Un’amica…

Una mia cara amica ha scritto questa delicata favola. L’ho letta sulla sua pagina facebook e le ho subito chiesto se potevo condividerla. E’ tenera e piena di speranza.

Grazie Michela!

Favola del buongiorno

Controindicazioni: non adatta ai cuori duri, ma anche a quelli troppo teneri.
L’ho detto. 😜❤

(dedicata alla bambina che ero e che ancora sono, a volte)

La bimba, appena sveglia, per prima cosa aprì la finestra e mise fuori le bricioline per gli uccellini.
Attese. 
Eccoli!
Li guardò con tenerezza e poi prese coraggio e disse:
“Mangiate e riprendete forza per volare fin laggiù, dove si piange sotto la neve, dite loro di resistere!”
Chiuse la finestra. 
Una piccola lacrima scese sulle guance dolci.
La mamma l’abbracciò:
“E questa lacrima di tristezza?”
“no, mamma, non è di tristezza, è di speranza”
fine
e
inizio

uccellino

Quanta musica puoi creare?

Ho trovato questo breve racconto pieno di saggezza nella pagina di una amica di facebook.

Lo trovo molto bello e mi piace condividerne il pensiero:

Immagina questo.
Una violinista sta eseguendo un pezzo difficile di fronte ad una vasta platea.
Improvvisamente c’è un forte schiocco che si propaga attraverso l’auditorium.
Il pubblico si rende immediatamente conto che una corda si è rotta e aspetta che il concerto sia sospeso sino a quando un’altra corda, o un nuovo strumento, sia portato alla suonatrice.
In vece la violinista si ricompone, chiude gli occhi e poi invita il direttore d’orchestra a riprendere il concerto.
L’orchestra riprende da dove aveva interrotto e la violinista suona con tre corde.

Mentalmente ha calcolato il nuovo posizionamento delle dita per compensare la corda mancante.
Un brano che poche persone riescono a suonare bene con quattro corde, questa violinista riesce a suonare bene con tre, nonostante la corda rotta.
Quando termina, un solenne silenzio invade la stanza e subito il pubblico si alza in piedi e applaude con calore.
La violinista sorride e si asciuga il sudore dalla fronte. Quando nella grande sala torna il silenzio, lei spiega perchè ha continuato a suonare nonostante la corda rotta.
“Sapete” dice ancora senza fiato “qualche volta è compito dell’artista scoprire quanta musica puoi ancora fare con quello che ti è rimasto”.
Noi sappiamo che cosa significa vero?
Forse noi abbiamo vissuto la maggior parte della nostra Vita e ce ne è rimasta solo una piccola fetta.
Possiamo ancora creare musica?
Forse la malattia ci ha privato della nostra capacità di lavorare.
Possiamo ancora creare musica?
Forse una perdita finanziaria ci ha impoverito.
Possiamo ancora creare musica?
O forse una relazione importante è finita e ci sentiamo soli al mondo.
Possiamo fare ancora musica?
Verrà il momento in cui tutti vivremo una mancanza.
Come la violinista avremo il coraggio di scoprire quanta musica potremo ancora fare con quello che ci è rimasto?
Quanto bene potremo ancora fare?
Quanta gioia potremo ancora condividere con gli altri?
Perchè io sono convinto, più che mai, che il mondo ha bisogno della musica che solo tu puoi fare.
ALLORA, QUANTA MUSICA PUOI FARE TU CON QUELLO CHE TI E’ RIMASTO?

(KH Marolìa)

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Il vecchio e il cane

Ho trovato questa lettera sul web: non so se è vera o inventata, so però che mi ha commosso perché è molto realistica….

Per quanti anziani un cane o un gatto sono l’ultimo affetto sincero che allevia la loro solitudine….

Lettera di un anziano al suo amico a quattro zampe

Abbiamo trascorso una vita insieme e mai avrei pensato di essere io a doverti salutare. Mai avrei potuto aspettarmi un dolore così grande… TU, il mio amico sincero, il compagno che ha colmato tanta solitudine. Ora ti sono accanto e le mie mani ormai stanche si adagiano ancora su di te, come facevo ieri, quando ogni sera ci ritrovavamo vicini a dividerci quel poco che ci era rimasto. Eppure non ti sei mai lamentato, ti sei sempre preoccupato di distrarmi con le tue capriole e quando mi sentivo poco bene eri come una sentinella ai piedi del mio letto. Ti guardo mentre la mente confonde i ricordi come una palla impazzita, sei tu qui, che dolorante cerchi ancora il mio sguardo come se fosse l’ultima immagine da portarti via. Anche io ti guardo amico caro, mentre cerco di trattenere le lacrime che copiose hanno già raggiunto il cuore. Sono qui compagno mio, sono ancora vicino a te a raccontarti di quando la guerra mi ha rubato troppo presto la gioventù, sono qui, come ieri a raccontarti tra malinconia e rimpianto di quell’amore che mi ha lasciato quel buco nel cuore. Ho vissuto una vita modesta, tutto doveva quadrare, non ci siamo permessi mai neppure una vacanza al mare, ma la tua presenza mi ha fatto vivere di rendita. Sono solo un povero vecchio a cui tu hai donato tanta gioia e affetto. Come farò domani? Nessuno coglierà mai più la mia disperazione, solo TU sei stato la mia famiglia, hai saputo attendere anche intere ore quando a fatica riuscivo a malapena a farti fare un giretto sotto casa per i tuoi bisogni, perché il freddo mi paralizzava le ossa e a scaldarci erano solo delle vecchie coperte. Eppure mi hai reso felice, così senza rispondermi ti accostavi a me con quel tuo musetto, quasi volessi ogni volta abbozzarmi un bel sorriso. Ciao amore mio, non ti dimenticherò mai e se i miei giorni saranno brevi, conterò i minuti per ritornar da te. Resto qui, sulla mia vecchia sedia a guardare dietro i vetri l’inverno che passa, mentre nel silenzio cerco ancora nella stanza quell’amico che il destino mi ha portato via.

vecchio e cane

La Befana

“Nonna, ma tu l’hai mai vista la Befana?”

“Certamente! Quando ero piccina come voi” –  comincia la nonna – Babbo Natale non aveva ancora trovato la strada dell’Italia e così soltanto la Befana veniva a portare i regali ai bambini. Non c’era nemmeno la possibilità di comperare tante cose durante l’anno (era tempo di guerra) – solo un regalino per il compleanno ed era certamente qualcosa di “utile” – e così l’attesa del 6 gennaio era veramente grande! Sedete qui che vi racconto una storia….”

Paoletta già da tempo stava pensando cosa chiedere alla Befana: non si poteva chiederle troppo, bastava guardare il suo vestito per capirlo!! Doveva fare in fretta, bisognava lasciarle il tempo di cercare i doni nei suoi negozi lassù nel cielo: la sua scopa non era mica veloce come quella di Harry Potter!!

Paoletta bussa alla porta di Marilù. La sua sorellina va già a scuola ed è sempre lei che l’aiuta quando c’è qualcosa da scrivere…Con la letterina in mano Paoletta va in cucina e dà la letterina alla mamma, che la posa sopra i fornelli, e guarda nella cappa del camino: è buio lassù… la Befana verrà a prenderla?

Per un istante si spengono le luci di casa……. Quando si riaccendono la letterina non c’è più. Paoletta tira un sospirone: anche per quest’anno la vecchietta è passata!! In fin dei conti ha cercato di essere brava e qualche regalino se lo merita.

Che fatica aspettare il giorno dell’Epifania! Paoletta è sveglia prestissimo: la sera prima ha apparecchiato la tavola per la vecchina – avrà certo fame dopo tanto viaggiare!

Un’occhiata in cucina  (evviva…ha mangiato tutto!) e poi in camera da pranzo: la tavola è piena di doni, c’è anche quella bambola che non aveva avuto il coraggio di chiedere…..

befanaaaaa

 

 

Buon Natale 4

….e con una favola

BABBO NATALE

  Babbo Natale sta preparandosi un bel pranzetto, la casa è calda e il fuoco nel camino brucia allegramente, le faville volano ad ogni scoppiettio della legna e rendono ancora più festosa l’atmosfera.

 Fuori c’è la neve, un manto bianco soffice soffice – nessuno ha camminato sulla neve oggi – le renne, capitanate dal magnifico Rudolf sono anche loro al caldo, ben accudite e sazie.

 Babbo Natale è contento: quest’anno è riuscito a fare le cose con calma, anzi è un po’ in anticipo rispetto agli anni passati….. certo gli uomini cominciano sempre prima a vestire a festa le città per invogliare la gente alle spese e i bambini sono i primi a pensare alla loro letterina piena di richieste….

 Gli elfi – aiutanti di Babbo Natale – sono già in giro a  cercare le tante cose che verranno distribuite, perché i desideri dei bambini sono veramente numerosi!

La slitta è pronta, tirata a lucido e ben oliata per evitare fermate impreviste, le renne come ho detto sono in piena forma, ansiose di fare una bella corsa nei cieli.

Ad un tratto si spalanca la porta e una folata di vento ghiaccio entra vorticando e con il gelo entra anche una vecchina, un po’ stortignaccola e vestita alla meno peggio con abiti raccattati qua e là, messi insieme per ripararsi dal freddo; dalle calze rotte si vedono le dita dei piedi rosse rosse per il freddo….

”Oh no! pensa Babbo Natale – la Befana! Tutti gli anni è la stessa cosa”.

Infatti è proprio la nostra vecchina, tanto buona ma confusionaria che arriva sempre nei momenti meno opportuni. Babbo Natale non ha il coraggio di mandarla via.. “Sto per pranzare, vuoi farmi compagnia?”

 “Questa sì che è musica per le mie orecchie!” esclama la vecchina “Saranno almeno dieci mesi che non metto in bocca qualcosa di buono! Gli ultimi dolcetti che ho mangiato erano quelli che mi avevano lasciato i bambini l’anno scorso all’Epifania!, cosa stai facendo di buono? C’è un profumino!”

 “Un bel brodo caldo caldo e dentro ci sono delle squisite patate” “Mi piace” – dice la vecchina e Babbo Natale pensa un po’ preoccupato che gli  toccherà dividere quella bontà.

 Ma Babbo Natale è sì  parecchio goloso (basta guardare la sua pancia) ma è generoso e buono, così mette subito un’altra scodella sulla tavola e riempie di buon vino un bicchiere anche per la sua amica.

 “Beato te che porti tanti regali e hai tanti aiutanti e quella bella slitta” – dice la vecchina un po’ invidiosa – “io con la mia scopa vecchiotta non posso fare altro che portare un po’ di calzine ai bimbi e sono costretta dai genitori anche a metterci un po’ di carbone a causa delle birbonate che fanno, ma se le birbonate non le fanno i bambini chi le deve fare? Però ho tanta paura che – dopo tutti i tuoi regali – ai bambini le mie calzine piacciano poco!”

 “Ma che dici” – le risponde Babbo Natale – “li aspettano eccome!”

 “Ma le vedono in tutti i negozi!”

 “Ma non è la stessa cosa…. I regali dei genitori e degli amici vanno bene per i compleanni, ma quelli di Babbo Natale e della Befana sono una cosa diversa”.

 La vecchina è un po’ rassicurata…

 “Comunque, se vuoi essere sicura fai un giretto sulla terra il giorno dell’Epifania e sentirai quello che dicono”

 “Grazie mille, sei davvero un grande amico; sai, quando sei arrivato tu ho avuto paura di sparire e invece siamo rimasti tutt’e due e la festa per i bambini è diventata doppia.

 Grazie anche per il pranzo, mi ci voleva proprio qualcosa di caldo! Buon lavoro..”.

 La porta si spalanca di nuovo per far  uscire la vecchina e la neve entra in un vortice…. ma la stanza è calda e Babbo Natale può riprendere posto sulla sua poltrona, i piedi appoggiati sullo sgabello, una bella coperta rossa sulle gambe….. c’è tempo per un pisolino.

 In fin dei conti è stata una bella giornata e anche l’intrusione di quella simpatica Befana ha dato gioia alla serata. “Buonanotte ragazzi!”Aspettatemi e fate i bravi, arrivo presto!”

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Uno spettacolo….e non solo

Appena passato Fiesole si trova una delle più belle ville fiorentine, la Villa Peyron al Bosco di Fontelucente.

La villa – che è stata probabilmetnte costruita sulle rovine di epoca etrusca – è circondata la un giardino formato da più terrazzamenti, da oliveti e da un rigoglioso bosco.

A monte della villa una fonte cinquecentesca – la Fontelucente – rifornisce di acqua le numerose fontane ed il laghetto.

Per la sua bellezza e per le molteplici locations la villa è stata scelta dall’attore, regista, creatore…e chi più ne ha più ne metta….Alessandro Riccio con la sua casa di produzione Tedavì 98, per alcuni spettacoli del Mese Mediceo che da dieci anni – sotto varie forme teatrali – racconta la storia della famiglia Medici, soprattutto dei suoi personaggi meno famosi ma non per questo meno interessanti.

Proprio il laghetto è stato scelto questa volta per lo spettacolo “A saperlo prima….(nascevo altrove)”, storia di bambini della famiglia Medici, scritto e interpretato dal Silvia Frasson, con l’accompagnamento musicale della violoncellista (e non solo) Naomi Berril.

Due protagoniste, belle:

Silvia, capelli neri, occhi scuri e brillanti, sorriso ammaliante, abbronzata, voce recitante dai mille registri, con la consueta mise nera.

Naomi, biondina, occhi chiari, chiarissima di carnagione – è irlandese – sorriso timido e divertito, voce delicata e dolce.

Silvia dona il gesto e la parola

Naomi dona il canto e la musica

La platea pian piano si è riempita, già affascinata dalla meraviglia della Villa Peyron che ospita lo spettacolo; anche la luna si è fermata a guardare!

E come al solito avviene il miracolo: quelle due casse nere che formano la scenografia, una per Naomi e i suoi strumenti, una per Silvia….lei sola….si allargano fino a diventare Firenze, Palzzo Pitti, un convento, fino ad arrivare in Francia ed in Germania, e si riempiono di persone…principesse e granduchi, nutrici e servitù e bambini, bambini che dovrebbero essere solo gioia ed invece portano su di sé un destino duro e difficile.

Cristiana, primogenita di Cosimo I, bambina che “non esiste” perchè nata deforme, bambina da dichiarare morta e far vivere come se fosse realmente morta…. e ci commuove la piccola e la vediamo camminare con fatica nei cunicoli dove è rinchiusa, ci indigna la madre e ci intenerisce la sorellina Margherita, unica a “vedere” Cristiana.

E poi Cosimo III, bambino bello e sano, ma triste, così triste da piangere per ogni cosa, la cui principale occupazione è salire sulla terrazza del palazzo ad ammirare il tramonto del sole, accompagnandolo con i suoi sospiri.

E si arriva agli ultimi tre rampolli del casato dei Medici – Ferdinando, Amma Maria Luisa e Giangastone – nessun erede per loro e fu la fine della famiglia Medici e l’arrivo dei Lorena a Firenze.

E c’è Silvia, con le sue battute, con la sua verve a tenere il filo del discorso, ad alleggerire il pathos quando si fa troppo forte, ma poi un attimo dopo non c’è più e ci sono solo i personaggi che lei racconta e vive, così vividi da sentirli presenti… Silvia che suscita la risata ma nello stesso momento ti fa riflettere sulla fatica del vivere, sui binari che portano avanti le varie esistenze anche a dispetto dei desideri e delle scelte.

Tra un personaggio e l’altro Silvia di ferma, testa bassa, braccia lungo il corpo, e lascia alla magica musica di Naomi il compito di “cambiare scena”.

Così anche alla fine…ma….le mani di Silvia vanno a coprire il volto….che fa, piange? Eccola che esplode: non sopporta i finali, la fine delle cose la fa piangere….dopo 200 anni finisce la dinastia dei Medici, dopo 10 anni finisce il Mese Mediceo…. e “scappa” via lasciando a Naomi il compito di concludere la serata, un modo grazioso e delicato per far apprezzare appieno la bravura di questa musicista, al di là dello splendido accompagnamento che ha sottolineato ogni momento dell’applauditissimo spettacolo.

Uno spettacolo che coinvolge in pieno: Non stacchi gli occhi dall’ammaliante Silvia – narratrice immaginifica, come ama definirsi – se non per posarlo nelle brevi pause del racconto su Naomi, con il suo magico violoncello e la piccola fisarmonica, col suo cantare leggero di nenie e cantilene, quelle che di solito si cantano ai bambini….

“O babbo mio raccontami i monti, o babbo mio le nubi li han coperti

O babbo mio raccontami le nubi, o babbo mio le nubi stan sul mare

O babbo mio raccontamelo il mare, o babbo mio io lo vado a cercare”

Una splendida location, come dicevo, con un solo problema: scale e sentieri per scendere dalla villa al lago

….le stesse scale egli stessi sentieri per tornare su, col cuore in gola, il fiatone e le gambe rotte….ma per una serata così…valeva la pena!

Caldo….

Da qualche giorno – praticamente da quando la temperatura ha fatto questo “salto in alto” lasciandoci col fiato corto e le gambe molli – intorno a casa c’è un gran cicaleccio.

Ma non sono gli “umani” che chiacchierano (e ce ne sarebbero tante da dire!!!) ma le cicale, quelle vere che si fanno sentire fino a che non arriva l’aria più fresca della sera.

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Ed ho ripensato alla favola di Esopo che La Fontaine ha ripreso, una favola che non mi ha mai convinto….

La cicala e la formica

 L’estate passava felice per la cicala che si godeva il sole sulle foglie degli alberi e cantava, cantava, cantava. Venne il freddo e la cicala imprevidente, si trovò senza un rifugio e senza cibo.

Si ricordò che la formica per tutta l’estate aveva accumulato provviste nella sua calda casina sotto terra. Andò a bussare alla porta della formica.

La formica si fece sulla porta reggendo una vecchia lampada ad olio.

– Cosa vuoi? – chiese con aria infastidita.

– Ho freddo, ho fame….- balbettò la cicala. Dietro di lei si vedeva la campagna innevata. Anche il cappello della cicala ed il violino erano pieni di neve.

– Ma davvero? – brontolò la formica – lo ho lavorato tutta l’estate per accumulare il cibo per l’inverno. Tu che cosa hai fatto in quelle giornate di sole?

– Io ho cantato!

– Hai cantato? – Bene… adesso balla!

La formica richiuse la porta e tornò al calduccio della sua casetta, mentre la cicala, con il cappello ed il violino coperti di neve, si allontanava, ad ali basse, nella campagna.

C’era sempre la morale finale: chi nulla mai fa, nulla mai ottiene.

Non mi piace questo finale, fa parte di una mentalità chiusa e un po’ gretta che anche ora mi sembra vada per la maggiore….

La cicala per tutta l’estate ha regalato il suo canto senza chiedere niente in cambio, al contrario della formica che ha pensato solo a se stessa…!

Invece trovo molto bello il finale con cui Gianni Rodari cambierebbe la favola:

        Ho visto una formica

        in un giorno freddo e triste

       donare alla cicala

       metà delle sue provviste.

 

       Tutto cambia: le nuvole,

       le favole, le persone…..

       La formica si fa generosa…..

       E’ una rivoluzione.