… come il vento

Dalla pagina di una amica su facebook:

Se il nostro corpo è un testo

la malattia è un refuso.

La medicina del futuro

è l’attenzione alla lingua.

Badate prima di tutto alle parole,

le parole fanno tempeste

nella carne, possono fare buchi,

possono fare tane, trame, tele

di ragno.

Il male e il bene sono fasi, frasi,

sono mete, metafore

che legano un corpo all’altro,

un giorno all’altro.

Non dire una parola

che non sia felice di essere detta,

non ascoltare una parola

che non sia necessaria

come l’acqua, inafferrabile

come il vento.

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In tempo di coronavirus… con un po’ più di libertà

E finalmente, con la piccola libertà che ci è stata data, arriva un sabato di sole, una bella giornata calda … sarebbe sciocco non approfittarne!

A ma figlia Sabina e me piace girare senza fretta e, a volte, senza una meta precisa per conoscere i dintorni di Livorno: per noi è tutto nuovo!

Questa volta Sabina ha scelto un luogo di cui le è piaciuto il nome “Orciano Pisano”.

Scartiamo la scelta dell’autostrada e ci avviamo sulla strada statale, in questo modo scopriamo tanti paesini immersi nel verde della campagna.

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Si può andare con calma, ancora non c’è molto traffico quindi si può viaggiare a passo ridotto…se poi c’è qualcuno che ha fretta che ci sorpassi pure, non ci offendiamo.

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È bello godersi il paesaggio della campagna con i cipressi e le colline morbide, i piccoli corsi d’acqua e le distese dove il grano è stato appena tagliato e i grandi rotoli sono ancora sul campo.

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Mi vengono in mente i covoni che vedevo da piccola…certo in questo caso l’avvento delle macchine ha alleggerito molto il lavoro dei contadini!

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Il navigatore, per esempio, è quasi essenziale per trovare questi piccoli paesi che non sono ben indicati dai cartelli sulle strade; con un po’ di fatica, arriviamo in vista del cartello “Orciano Pisano” ma bisogna andare ancora avanti per trovare il piccolo Borgo.

Orciano è un comune con circa 600 abitanti, ma in questo momento sembra disabitato! È a 122 metri slm ma c’è un’arietta piacevolissima che ci fa credere di essere più in alto. Con molto piacere vedo che ha un Sindaco donna.

Non c’è molto da vedere, una piazza al centro del paese, la Chiesa Parrocchiale

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e un Oratorio o Confraternita che però sono un po’ distanti dalle case, uno sulla destra e l’altro sulla sinistra della strada.

Mi colpiscono i cartelli indicatori delle vie che sembrano scritti a mano sulla ceramica, con una calligrafia infantile.

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Sono passate le 13 e la fame si fa un po’ sentire. Nella piazza c’è un piccolo bar con i tavolini nel verde,

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non è particolarmente fornito ma ci sono dei bei tramezzini: prendiamo anche una spuma bionda e ci accomodiamo all’aperto.  Si sta così bene, circondate dal verde e da un magico silenzio che non viene voglia di muoversi! Qui l’onestà deve essere di casa perché mentre mangiamo il ragazzo che ci ha servito (unica persona presente nel bar) ci saluta e si avvia… dopo un po’ arriva un’altra persona e possiamo pagare.

Sulla strada incontriamo un cartello con la scritta “Lorenzana” all’inizio di una stradina che si inerpica piuttosto ripida, tiriamo avanti ma dopo una curva lo sguardo viene attratto da un paesino arroccato su un colle, circondato dal verde.

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Che sia quella Lorenzana? Torniamo indietro e andiamo a vedere. Ci fermiamo ad un piccolo slargo da cui parte una bella salita che porta ad una grande Chiesa.

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Comincio ad essere un po’ stanca, la sosta obbligata dal Coronavirus ha mandato in tilt le mie gambe che non hanno potuto usufruire della camminata giornaliera così, visto un muretto all’ombra, mi accontento di guardare la struttura dal basso mente Sabina va a vedere da vicino.

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Mentre l’aspetto vado a leggere notizie sul paese.

Il paese di Lorenzana è un comune autonomo composto da Lorenzana, Crespina, Cenaia e Tripalle (i nomi di questi paesi sono eccezionali). È in provincia di Pisa ed è il capoluogo del comune italiano sparso di Crespina Lorenzana. In passato fu la meta privilegiata delle ricche famiglie di Livorno e Pisa che vi costruirono numerose ville, tra queste la villa Kiernek che ospitò Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Telemaco Signorini ed altri macchiaioli.

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È incredibile come tanta storia sia racchiusa in paesi dal nome sconosciuto: bisogna andare a frugare nei meandri della storia per ritrovare delle radici così belle e profonde del nostro territorio.

Il cielo si sta oscurando e non promette niente di buono per cui rimontiamo in macchina e prendiamo la strada del ritorno per non farci cogliere dal temporale, ma questa volta scegliamo l’autostrada e la Variante Aurelia per Livorno.

Una bella passata di pioggia ma oramai siamo a casa!

(Giovanni Fattori : panorama livornese)

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San Giuliano Terme

Con la complicità di un gennaio che ci sta regalando splendide giornate, sabato scorso con mia figlia Sabina siamo andate a fare un giro nei dintorni di Livorno, un territorio per noi ancora tutto da scoprire. Così in una mappa antica.

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Meta scelta San Giuliano Terme, località subito dopo Pisa e quindi vicina, da non dover stare troppo tempo in macchina.

Abbiamo scelto di fare la strada ordinaria per godere il paesaggio, con la bellezza di viaggiare a “velocità di crociera” in tutto relax.

San Giuliano Terme è un comune della provincia di Pisa, conosciuto in antichità come Aquae Pisanae e poi come Bagni di Pisa.

La prima cosa che colpisce all’arrivo è lo splendido Palazzo d’estate del Granduca di Toscana, ora diventato un hotel ed una Spa d’eccellenza.

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A proposito di Spa sono andata a cercare da cosa derivasse il nome ed ho trovato due diverse interpretazioni: una dice che il nome deriva dalla città belga di Spa, famosa sin dai tempi dell’antica Roma per le sue acque termali, da cui Spa è diventato il termine generico per indicare il termalismo; l’altra, per me più intrigante, sarebbe l’acronimo di Salus per aquam…

Poco più in alto del palazzo c’è una stravagante costruzione, il Café House, un edificio rettangolare con archi aperti, sostenuto da dieci pilastri, riservato ai clienti delle terme, da cui si poteva vedere tutta la pianura pisana.

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Alle Terme si arriva attraversando il ponte sul Fosso del Mulino che porta alla piazza antistante l’ingresso.

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Non ci siamo allontanate molto da lì ma le stradine intorno si aprono su scorci piacevoli,

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e angoli fioriti.

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Le morbide colline verdi che la circondano formano belle geometrie con i tetti delle case

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e della Chiesina con la sua campanella.

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Sulla via principale – la strada dell’Abetone – si trova anche un antico istituto, ormai in disuso, l’OPA – Opera Pia dei Bagni di San Giuliano – che permetteva anche ai poveri di usufruire almeno in parte del benessere delle acque termali. La struttura è malridotta ed è un peccato perché ha una bella facciata e penso che anche l’interno debba essere molto interessante.

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Sulla strada del ritorno – oramai erano le 13 – abbiamo visto un Ristorante Sushi … decisione immediata: “ci fermiamo a pranzo qui”!

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Tutto ottimo…risaliamo in macchina e ci avviamo lungo la strada circondata dai pini ma, come la ciliegina sulla torta, uno slargo tra il verde … e ci appare questa meraviglia!

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Fashion in Flair

Quando andavo alle elementari, tanto tempo fa, l’inizio del tema del lunedì era sempre lo stesso: “Ieri sono andata con i miei genitori e le sorelline a…”

Dal momento che i vecchi tornano bambini… comincio ancora così: sabato scorso sono andata con le figlie a Lucca a vedere una mostra intitolata “Fashion in Flair!

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L’evento si svolgeva nella suggestiva Villa Bottini

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nei pressi della Porta San Gervasio

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una splendida villa cinquecentesca all’interno delle mura della città, una mostra di artigianato ad alto livello, con tutta la sua forza e creatività.

Tradizione e sperimentazione coprono tutti gli ambiti dei lavori: gioielli, oggetti di arredo, cosmetici, fragranze e pitture, è una festa di colori, profumi e allegria.

Nel grande giardino erano dislocati alcuni stand di abbigliamento, il bar e altri che riguardavano comunque il cibo e la sua cultura con la possibilità di fare una merenda “ecologica”…

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Il resto della mostra era all’interno della magnifica villa: un labirinto di sale dove c’era da guardare i banchi ma anche le pareti e i soffitti affrescati

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mentre, scendendo una scala altri banchi si trovavano nei locali che ospitavano probabilmente le cucine e le camere della “servitù “con i soffitti a botte, molto belli.

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Tanto pubblico da far girare la testa, per cui mi sono soffermata soprattutto su quello che amo di più: i fiori e la grande abilità delle mani.

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con dei curiosissimi frutti di una felce tropicale

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Ma soprattutto mi ha incantato il banco degli origami: la carta che si piega all’abilità delle mani diventando uccello, fiore, gioco…

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Era così tanto che non riuscivo più ad andare a vedere un evento che nonostante la stanchezza mi sono riempita gli occhi e il cuore!

Poi sulla via del ritorno …

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Mare…

Era cominciato con un “vi passo a prendere così si va a bere un caffè vista mare” …

Ma non si voleva una delle baracchine della Terrazza Mascagni da cui si vede sì il mare ma sono sul cemento… doveva essere un posto quasi sul mare…

Perciò ci avviamo verso l’Ardenza: la strada – praticamente il lungomare che porta verso Quercianella e via via verso le altre cittadine marinare della costa livornese – ha solo due corsie ed è trafficata come le vie di una grande città nell’ora di punta. Trovare parcheggio vicino alla spiaggetta che si vuole raggiungere è un’utopia e, se non si ha un colpo di fortuna rarissimo, si rischia di dover fare tanta strada sotto il sole cocente. All’andata questo non è poi un gran danno perché all’arrivo ci si tuffa nell’acqua e ci si rinfresca, ma al ritorno sono dolori!

Bene o male arriviamo nel posto dove va mia figlia Sabina quando esce dal lavoro. C’è una baracchina che si chiama La Vela con i tavoli sotto tendoni e alberi e dove arriva la brezza marina a rinfrescare;

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da lì c’è una breve discesa e ci si trova sul mare… anzi, per essere esatti, praticamente nel mare.

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Basta noleggiare un lettino e lo si può piazzare in una delle piccole vasche che gli scogli formano e stare “a baco” a prendere il sole e contemporaneamente fare il bagno!

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Quando c’è la bassa marea le vasche sono tantissime, con l’alta marea diminuiscono ma in compenso l’acqua è più fresca…

Ci sediamo ad un tavolino. La vista è bellissima, il mare azzurro e calmo ed il cielo quasi dello stesso colore, all’orizzonte navi e cargo alla fonda, un motoscafo, qualche bagnante che si lascia trasportare dal materassino… in fondo in fondo, dove il mare sembra finire, azzurrina e lieve la sagoma della Gorgona…

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E’ quasi l’una ed è passato sia il tempo del caffè che quello dell’aperitivo ma si sta così bene che restiamo a mangiare: polpo e verdure grigliate per Romano, cubi di tonno con avocado per Sabina e Caesar salad per me, piatti ottimi e freschi…

E’ ora di andare ed ho una richiesta: passare a vedere la mitica Amerigo Vespucci che in questi giorni è ormeggiata al porto Mediceo per “farsi ammirare” in attesa di imbarcare i cadetti del 1° anno (il 30 giugno) per iniziare l’addestramento in mare.

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Nessun appellativo è così adatto alla nave che quello di “Signora del mare” perché è veramente stupenda, anche da lontano fa restare a bocca aperta, splende al sole!

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Grazie alla gentilezza del ragazzo che all’ingresso del viale che conduceva alla nave ci ha visti vecchierelli e ci ha fatto avvicinare, anche se fuori orario, ho potuto godere in tutta pace la visione di tanta bellezza.

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Solo il sole che picchiava ferocemente sulle teste mi ha fatto “risvegliare”.

Questa notte, prima di addormentarmi, cercavo di immaginare come deve essere quando naviga a vele spiegate! Le foto non le rendono giustizia!

Quando ero alle elementari la maestra sorrideva sempre perché i miei temi finivano sempre con “e sono tornata a casa stanca ma felice” … beh, questa volta è un finale proprio adatto!

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2 agosto 1980

Ero in villeggiatura a Baia Felice, nel litorale Domiziano, non c’erano ancora i cellulari e c’era un unico telefono per tutti e per lo più era spesso guasto.

Per fortuna avevo con me la mia radiolina che mi permetteva di restare in contatto col mondo. L’accesi come al solito per sentire un po’ di musica mentre lavavo piatti e stoviglie – dato che l’acqua arrivava solo la mattina prestissimo – invece arrivò la notizia come un pugno nello stomaco.

Non posso dimenticare…

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IL PASSEROTTO

È dall’inizio del pomeriggio che sento cinguettare sul balcone ma così da seduta non riesco a vedere chi è. Deve essere il passerotto che viene spesso a becchettare sulle piante, con garbo, senza sciupare niente. Forse è la sua gentilezza che lo tiene lontano dal gruppo chiassoso che si litiga le briciole sull’altro balcone…

Oggi però c’è qualcosa di diverso, va e viene, continuamente…

Devo assolutamente guardare cosa fa, così mi alzo e lo aspetto nascosta dietro la tendina, armata della macchina fotografica perché sono sicura che c’è qualcosa di bello da conservare.

Eccolo che arriva e si posa sulla grande ciotola che aspetta la fine delle giornate di pioggia per riempirsi di primule colorate. Quel pochino di erbetta che copriva la terra si è trasformata in paglia…

Il passerotto arriva e comincia a strappare quei fili di paglia e quando in bocca ne ha un bel mazzettino riparte per tornare dopo poco a fare un altro raccolto.

Quattro ore son passate in questo via vai, con tanta pazienza il passerotto ha raccolto un bel mucchietto di paglia tenera… sta preparando il nido per accogliere i suoi piccoli!!!

Ho posato la macchina fotografica, non me la sento di disturbarlo: è troppo importante il suo lavoro ed è fatto con tanta fatica e tanto amore che posso solo restare lì a godere lo spettacolo, in silenzio e ferma!

E così l’unica foto è quella della ciotola con i suoi filini di paglia. Il passerotto immaginatelo voi, un piccolo, tenero uccellino con il suo carico di amore e di tenerezza!

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Il bucato

Quando, dopo una serie di giorni nuvolosi o addirittura piovosi spunta una giornata di sole, balconi e finestre alzano il gran pavese… panni tesi ad asciugare, a farsi profumare dal sole!

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Anche il mio bucato è già bello in ordine sui fili che ho la fortuna di avere fuori del balcone, dove il vento li sta facendo cantare…

Questi panni svolazzanti mi hanno fatto ricordare quando, bambina, accompagnavo mamma a fare il bucato.  La lavatrice entrò in casa quando noi sorelle eravamo già grandi, mettendo insieme i nostri primi stipendi, ma allora – quando finalmente era tornata l’acqua che durante la guerra e il primo dopoguerra dovevamo andare a prendere ad un nasone  (fontanella) vicino – o si lavavano i panni nella vasca da bagno con l’asse per insaponare, (a dire il vero c’era già qualche detersivo ma mamma era un po’ ostica alle novità così continuava ad usare il classico Sapone di Marsiglia) o si andava a fare il bucato in terrazza.

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All’ultimo piano del palazzo c’era la terrazza condominiale, una parte coperta con le grandi vasche ed una scoperta con i fili per tendere.

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Per me era un divertimento. Non eravamo mai soli per cui mentre mamma lavava chiacchierando con le altre signore io giocavo con gli altri bambini. Poi, al momento di mettere i panni sui fili seguivo mamma portando il cestino con le mollette… mi sentivo molto importante per questo incarico!

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Sul muro della terrazza c’era una scaletta da marinaio dove ci arrampicavamo – quando non ci vedevano – da cui si aveva una vista panoramica di Roma da levare il fiato!

Invece nonna mi raccontava che all’epoca sua le donne andavano al ruscello, (beh non lei ma la famosa Caterina che è stata la tata di tutti i bambini della famiglia: era praticamente cresciuta in casa di nonna ed ha seguito, amatissima, tutte le generazioni di figli, nipoti e bisnipoti)

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con il catino sulla testa, appoggiato sul cercine. Non ho mai capito come facessero a reggere quei grossi catini in equilibrio senza rompersi l’osso del collo.

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Quale fosse il posto l’acqua era fredda e le mani ne uscivano rosse e intirizzite, con gli immancabili geloni!

Ora con le lavatrici non ci si immagina la fatica che le donne facevano per tenere pulita la biancheria e non solo per quello!

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La contropartita era che non eravamo mai soli, c’era sempre compagnia, risate e canti!

Certamente abbiamo guadagnato in velocità e tecnica ma abbiamo perso la bella semplicità dei rapporti umani!

NEVE A FIRENZE

Stamani quando mi sono alzata, presto come al solito, la neve mostrava tutto il suo fascino: bianco il cielo, bianca la strada, bianchi alberi e prati, era ancora incontaminata.

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La neve è capace di coprire di veli bianchi tutte le cose e anche il suo scendere giù è leggero e pieno di poesia.

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Anche i rumori arrivavano ovattati, al passaggio le auto facevano solo un leggero scricchiolio, come se non volessero disturbare.

Poi verso le 10 tutto quel silenzio è stato rotto da risate, grida, voci allegre di bimbi.

Tra i grandi palazzi di fronte alla mia casa si erano radunati parecchi ragazzini che correvano, lanciavano grida gioiose, si tiravano pallate e ogni tanto facevano dei solenni scivoloni fra le risa di tutti.

Mi sono persa a guardarli, era bello… sembrava che il mondo avesse per un poco ritrovato la pace.

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Ora sta piovendo, la speranza è che non ghiacci questa notte, ma intanto tutta la bellezza della neve si sta sciogliendo in una poltiglia melmosa.

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Però…che meraviglia!

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AVVENTO

Affascinate, cieli, con la vostra purezza queste notti d’inverno
e siate perfetti!
Volate più vive nel buio di fuoco, silenziose meteore,
e sparite.

Tu, luna, sii lenta a tramontare,
questa è la tua pienezza!

Le quattro bianche strade se ne vanno in silenzio
verso i quattro lati dell’universo stellato.
Il tempo cade, come manna, agli angoli della terra invernale.

Noi siamo diventati più umili delle rocce,
più attenti delle pazienti colline.

Affascinate con la vostra purezza queste notti di Avvento,
o sante sfere,
mentre le menti, docili come bestie,
stanno vicine, al riparo, nel dolce fieno,
e gli intelletti sono più tranquilli delle greggi che
pascolano alla luce delle stelle.

Oh, versate, cieli il vostro buio e la vostra luce sulle nostre
solenni vallate:
e tu, viaggia come la Vergine gentile
verso il maestoso tramonto dei pianeti,
o bianca luna piena, silente come Betlemme!

 

(Thomas Merton)

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