La forza della vita

Il mio augurio di buon anno per tutti i miei amici!

Per darci la pazienza della speranza

Per ricordarci che la vita è sempre la più forte anche quando sembra sconfitta e che è capace di sorprendere…sempre

Allora do fiducia all’anno nuovo con queste foto che mi hanno commossa e mi hanno dato tanta gioia!

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Kim Phuk – Hiroshima 1945 –  il terrore e il dolore di una bimba

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Kim Phuk oggi con il figlio Stephen.

Il simbolo della guerra è diventata un sorriso di pace!

 

Mare…

Era cominciato con un “vi passo a prendere così si va a bere un caffè vista mare” …

Ma non si voleva una delle baracchine della Terrazza Mascagni da cui si vede sì il mare ma sono sul cemento… doveva essere un posto quasi sul mare…

Perciò ci avviamo verso l’Ardenza: la strada – praticamente il lungomare che porta verso Quercianella e via via verso le altre cittadine marinare della costa livornese – ha solo due corsie ed è trafficata come le vie di una grande città nell’ora di punta. Trovare parcheggio vicino alla spiaggetta che si vuole raggiungere è un’utopia e, se non si ha un colpo di fortuna rarissimo, si rischia di dover fare tanta strada sotto il sole cocente. All’andata questo non è poi un gran danno perché all’arrivo ci si tuffa nell’acqua e ci si rinfresca, ma al ritorno sono dolori!

Bene o male arriviamo nel posto dove va mia figlia Sabina quando esce dal lavoro. C’è una baracchina che si chiama La Vela con i tavoli sotto tendoni e alberi e dove arriva la brezza marina a rinfrescare;

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da lì c’è una breve discesa e ci si trova sul mare… anzi, per essere esatti, praticamente nel mare.

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Basta noleggiare un lettino e lo si può piazzare in una delle piccole vasche che gli scogli formano e stare “a baco” a prendere il sole e contemporaneamente fare il bagno!

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Quando c’è la bassa marea le vasche sono tantissime, con l’alta marea diminuiscono ma in compenso l’acqua è più fresca…

Ci sediamo ad un tavolino. La vista è bellissima, il mare azzurro e calmo ed il cielo quasi dello stesso colore, all’orizzonte navi e cargo alla fonda, un motoscafo, qualche bagnante che si lascia trasportare dal materassino… in fondo in fondo, dove il mare sembra finire, azzurrina e lieve la sagoma della Gorgona…

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E’ quasi l’una ed è passato sia il tempo del caffè che quello dell’aperitivo ma si sta così bene che restiamo a mangiare: polpo e verdure grigliate per Romano, cubi di tonno con avocado per Sabina e Caesar salad per me, piatti ottimi e freschi…

E’ ora di andare ed ho una richiesta: passare a vedere la mitica Amerigo Vespucci che in questi giorni è ormeggiata al porto Mediceo per “farsi ammirare” in attesa di imbarcare i cadetti del 1° anno (il 30 giugno) per iniziare l’addestramento in mare.

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Nessun appellativo è così adatto alla nave che quello di “Signora del mare” perché è veramente stupenda, anche da lontano fa restare a bocca aperta, splende al sole!

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Grazie alla gentilezza del ragazzo che all’ingresso del viale che conduceva alla nave ci ha visti vecchierelli e ci ha fatto avvicinare, anche se fuori orario, ho potuto godere in tutta pace la visione di tanta bellezza.

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Solo il sole che picchiava ferocemente sulle teste mi ha fatto “risvegliare”.

Questa notte, prima di addormentarmi, cercavo di immaginare come deve essere quando naviga a vele spiegate! Le foto non le rendono giustizia!

Quando ero alle elementari la maestra sorrideva sempre perché i miei temi finivano sempre con “e sono tornata a casa stanca ma felice” … beh, questa volta è un finale proprio adatto!

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2 giugno

Ho due ricordi vivissimi di questa giornata: il viso orgoglioso di mia madre che andava votare, per la prima volta nella storia della donna…

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le mattine lunghissime in via dei Fori Imperiali per la sfilata di cui mi interessava solo un momento: quando la strada si liberava ed arrivavano i bersaglieri con la fanfara a passo di corsa…

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Istituto Torrigiani

Sono quasi due mesi che non metto le mani sulla tastiera, abbandonando per un po’ questo blog.

Precisamente dal 25 aprile, un giorno che d’ora in avanti festeggerò non per l’avvenimento storico ma per la mia personale storia.

Già, perché proprio il 25 aprile mi è stata regalata la seconda possibilità di vivere: da alcuni giorni non mi sentivo troppo bene ma davo la colpa alla grande stanchezza, invece quella mattina proprio non ne volevo sapere di svegliarmi nonostante mio marito mi chiamasse ripetutamente. La cosa non era normale per cui ha chiamato la figliola. Arrivata ha tentato di prendermi la pressione ma non era possibile. Caricata di corsa in macchina arrivo all’ospedale. Pressione 42 di massima…10 battiti. Di corsa in terapia intensiva: i reni erano partiti. E anche il cuore faticava tanto a battere.

Non vi sto a raccontare tutta la trafila, ricordo solo di aver sentito chiaramente il dottore dire alle figlie “se non si riprende in una mezz’ora non ce la fa”. Ora posso immaginare cosa avranno provato loro, quanta paura, per me invece, nonostante fossi cosciente, era una cosa di poco conto, come se non mi riguardasse.

Visto che dopo mezz’ora ero ancora lì, dolorante ma viva, il mio corpo ha deciso di combattere e riprendere il suo posto.

Una settimana tra terapia intensiva e reparto e poi mi trasferiscono all’Istituto Torrigiani per la riabilitazione, l’organismo aveva ripreso a funzionare ma non riuscivo a stare in piedi.

Lì mi hanno insegnato nuovamente a camminare, come a un bambino piccolo: prima in carrozzina, poi col deambulatore quando le gambe riuscivano a muoversi – anche se con fatica – e finalmente con le stampelle!

L’ultimo passo è stato il bastone e quello lo uso ancora quando esco, mi dà sicurezza, anche se ora che sono finalmente tornata a casa riesco a camminare da sola…

Di questa avventura voglio ricordare soprattutto le giornate passate al Torrigiani, la grande competenza dei dottori e l’assistenza gentile e attenta di infermiere e OSS, la loro disponibilità affettuosa e la simpatia e l’amicizia di tanti ospiti tutti con i loro problemi ma pronti a sorridere anche delle difficoltà…

L’Istituto Torrigiani si trova sulla collina di Fiesole, ed è diventata un presidio della Croce Rossa.

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La splendida villa è circondata da un parco grande e rigoglioso; dalla finestra della camera, quando ancora non potevo avvicinami, vedevo le chiome degli alberi, le colline e il cielo azzurro. La notte, d’accordo con la mia vicina di letto, lasciavamo una persiana aperta per godere la luna che si affacciava alla finestra, i colori dell’alba e il cielo che man mano si vestiva di luce.

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Quando ho cominciato a camminare mi sono fatta portare la macchinetta fotografica per conservare qualche ricordo di quella bellezza che sicuramente ha avuto la sua parte nel permettermi di restare serena.

dalla finestra della mensa si vedeva il prato

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Sono andata anche a sedermi nel giardino per respirare l’aria pulita e fresca.

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All’ingresso un magnifico albero, altissimo!

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Ma proprio dalla porta finestra della mia stanza, che dava su un piccolo ballatoio che univa le camere, ho visto uno spettacolo che mi ha levato il fiato: eccolo

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Oggi, 11 ottobre 2016.

Il Santo del giorno è San Giovanni XXIII – il mio Papa!

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Ci vorrebbe tanto, non solo un post, per raccontare la storia del “Papa buono”, una persona che in meno di cinque anni di pontificato è riuscito a dare nuovo slancio alla Chiesa.

Eletto come “papa di transizione” per la sua età, ha conquistato il cuore di tutti per la sua gentilezza, il suo calore umano e il suo buon umore.

Già la scelta del nome – un nome che era quello di un antipapa – aveva fatto capire che quella persona così semplice, ma gran diplomatico, non era un “vecchietto” facile da gestire ma avrebbe gettato scompiglio e procurato grandi sorprese.

Fu così infatti: dopo la sua elezione nell’ottobre del 1958 iniziarono le sue uscite dal Vaticano, l’Ospedale del Bambin Gesù

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il carcere di Regina Coeli

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e le domeniche nelle varie Parrocchie di Roma, sempre sorridente in mezzo al popolo, sempre con una parola e un sorriso…

Poi la grande sfida, il Concilio Ecumenico Vaticano II, e il discorso che tenne ai fedeli riuniti in Piazza San Pietro la sera dell’apertura, parole che nascevano dal cuore:

“tornando a casa, troverete i bambini, date loro una carezza e dite: questa è la carezza del papa. Troverete, forse, qualche lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una parola di conforto. Dite che il papa è con loro…”

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Il Papa morì alle 19:49 del 3 giugno 1963.

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Perché “il mio Papa?”

Perché quelli sono stati i miei “anni giovani”, anni di studio e di presenza nel sociale e nella politica… anni in cui non c’era nei giovani quella assuefazione alla vita, quell’indifferenza che invece mi sembra caratterizzare molti dei giovani di oggi. Noi venivamo dalla guerra e conoscevamo molto bene la fatica del vivere, avevamo vissuto in prima persona la sofferenza che la guerra provoca e questa figura di Papa che aveva la parola Pax nel suo stemma ci faceva respirare un’aria nuova.

Sono stata in Piazza San Pietro con i miei amici ad ogni “fumata” aspettando con ansia e speranza il nome del nuovo pontefice…ed ero lì quando si sono spalancate le vetrate del balcone ed è apparsa questa figura che contrastava così fortemente con l’altra magra e ieratica di Pio XII.

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Ero a salutarlo insieme a tanti quando passava col treno diretto a Loreto per affidare alla Madonna il Concilio che sarebbe iniziato il giorno dopo.

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Ero in Piazza quando fece il suo magico discorso della luna all’apertura del Concilio.

“Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero. Qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera – osservatela in alto – a guardare a questo spettacolo.” 

Sono stata in Piazza col cuore addolorato a seguire giorno per giorno le notizie del suo aggravamento.

Ero in Piazza quando le finestre dello studio si chiusero e si spense la luce annunciando il suo ritorno alla Casa del Padre.

Ma più di tutto ero spesso in Via Veneto la mattina presto – lavoravo in una via traversa e mi piaceva arrivare presto per poter fare una passeggiata prima di entrare in ufficio – e tante volte ho incontrato una macchina scura da cui si affacciava un viso sorridente che sventolava la mano in segno di saluto…. Era il Papa che ogni volta che poteva sgattaiolava in incognito dal Vaticano con la complicità di mons. Capovilla per andare a godere il bel verde di Villa Borghese prima di iniziare la sua giornata di lavoro….

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Che dite…. Non è abbastanza per sentirlo particolarmente vicino?

 

 

Lunedì Santo….lunedì di Pasquetta

Uno dei luoghi di rito per la Pasquetta dei fiorentini era (ma penso che lo sia ancora) il Pratone di Vallombrosa.

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Il Pratone è grandissimo e può accogliere mezza Firenze senza che ci si dia noia….anzi, magari offrendo l’occasione ad amicizie nuove e per i bambini di formare bei gruppi e divertirsi tutta la giornata.

Noi, cognati, cognate, suocere e figli già formavamo un bel gruppo di 18 persone…

La sera prima, finiti i festeggiamenti pasquali, ci eravamo dedicati alla preparazione del picnic: immancabili la frittata di pasta

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la schiacciata con la mortadella

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le uova sode

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e varie pizze salate

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ovviamente con un buon Chianti e l’acqua….meglio dell’acqua fresca di montagna cosa c’è!!!!

La meravigliosa foresta di Vallombrosa copre un’area che va dai 500 ai 1400 metri circa ed era ricoperta inizialmente da faggi, castagni e cerri. Poi i monaci benedettini vallombrosani introdussero l’abete bianco creando una delle più belle abetine dell’Appennino Toscano.

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A proposito dei monaci la storia racconta che ai primi di marzo del 1036 il monaco benedettino Giovanni Gualberto (che poi fu dichiarato santo) stesse scappando da Firenze a causa dei suoi contrasti con il vescovo e si trovasse in un luogo chiamato allora Acquabella. Di notte lo sorprese una tempesta e lui decise di fermarsi sotto un vecchio faggio

0062VB(Il vecchio faggio di San Gualberto)

Quando si svegliò si stupì di avere i vestiti completamente asciutti: il vecchio faggio aveva rivestito i suoi rami di foglie e l’aveva riparato! Giovanni interpretò questo miracolo come segno che si dovesse fermare lì e infatti lì fondò la  Congregazione dei monaci benedettini Vallombrosani. Da quel piccolo insediamento nacque la bellissima Abbazia di Vallombrosa.

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Nel 1866 il territorio passò allo stato italiano che vi insediò il primo Istituto Forestale italiano per il rimboschimento. Alle vecchie piante furono aggiunte altre specie esotiche –  la più importante ed imponente è la Tuya gigantea.

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Ma …. ho perso di vista il perché di questo post….. “sfogliando” i ricordi mi è venuto in mente il più divertente dei picnic passati in quel prato: il giorno di Pasqua (doveva essere il 1978) era passato col sole quindi ci eravamo preparati per il picnic del giorno dopo…. Ma lunedì mattina diluviava!!! Sperando sempre che il tempo migliorasse siamo partiti in pompa magna! Arrivati al pratone la violenza dell’acqua non dava neppure la possibilità di scendere dalle macchine. Intenzionati a passare la giornata all’aperto rimanemmo imperterriti!!!! Non c’erano ancora i telefonini per cui scambiavamo chiacchiere e pensieri urlando dal finestrini per coprire il rumore della pioggia!!!!

Al momento di mangiare, tra le risate generali, si accostarono le macchine e si iniziò il passaggio delle cibarie (ognuno aveva preparato qualcosa che poi avrebbe messo in comune). Nonostante tutto riuscimmo a mangiare in allegria…anche se con i piatti un po’ “inumiditi”!

Il ritorno a Firenze avvenne ancora sotto la pioggia battente ….. Ma – per la verità – quella fu la Pasquetta più originale e divertente che io mi ricordi!!!!

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Quando nel 1970 sono venuta ad abitare in questa casa, dopo i tre anni vissuti a Siena, di fronte avevamo solo una grande fabbrica – capannoni bassi, poco rumore e nessun fumo inquinante e un bel “fazzoletto” di terra dove una contadina, la mitica Attilia, teneva polli e conigli e coltivava la terra vendendo poi i suoi freschissimi prodotti. C’erano dei bellissimi alberi che creavano un’isola ombrosa dove si restava volentieri a chiacchierare, ed una polla di acqua freschissima e buona (un gran dono dato che dopo l’alluvione l’acqua era ancora imbevibile). Dal mio balcone al 4° piano vedevo il Parco delle Cascine e più in là le verdi colline che circondano Firenze come una corona per questa splendida città, e splendidi tramonti ed il cielo che ancora lasciava vedere le stelle.

Per tanti anni ho goduto di questo privilegio, la strada si era allungata e nella parte nuova crescevano palazzi ma la fabbrica impediva che si costruisse di fronte al mio.

Una quindicina di anni fa le cose cambiarono. La fabbrica fu chiusa e il terreno dell’Attilia espropriato: presto si inselvatichì senza che nessuno facesse niente.

Solo i bambini della vicina scuola elementare, dove andavano anche le mie figlie, fecero un’azione di protesta perché il terreno fosse almeno ripulito permettendo loro di andarvi a giocare al sicuro dalle macchine. La rete intorno si riempì di disegni fatti dai bambini e di letterine all’amministrazione comunale….ma nulla.

Poi furono tagliati gli alberi e sorsero quattro mega palazzoni, quattro cubi di 1000 appartamenti l’uno, a mio parere (e non solo mio) particolarmente brutti. Rimase libero solo il vecchio campo, sempre più selvaggio e sporco ed anche pericoloso perché sarebbe bastata una scintilla per scatenare un incendio.

Solo all’inizio di questa primavera una mattina si videro i giardinieri del Comune al lavoro: tagliarono tutta l’erba, misero quattro panchine, recintarono tutto e sul cancellino che si apriva sulla strada attaccarono un cartello che fu per tutti una piacevole sorpresa.

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Ben presto arrivarono i primi ospiti, i cani dei palazzi intorno con i loro padroni a godere di quello spazio libero e sicuro e questa estate sono stati per me il passatempo pomeridiano mentre mi riposavo sul balcone….

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Non c’è niente che aiuti a fare amicizia quanto portare a spasso un cane – lo so per esperienza avendone avuti tanti – e i padroni si ritrovavano sulle panchine a chiacchierare mentre i loro amici a quattro zampe si divertivano….

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Ma la stessa cosa vale anche per i cani che hanno fatto amicizia ed è fantastico vedere come si salutano festosi ogni volta che uno di loro arriva…. Gli corrono incontro abbaiando e si mettono intorno al cancellino per fargli festa, poi corse e salti. Anche fra loro ho visto che si formano delle amicizie più profonde, si stendono sull’erba al sole, vicini come se si raccontassero qualcosa….

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Sono molto istruttivi….non litigano o se qualche volta lo fanno dopo pochi minuti sono di nuovo a giocare insieme mentre conosco buona parte dei loro padroni e so bene che ci sono invidie e gelosie anche se davanti ci sono solo sorrisi!

Ovviamente ci sono i soliti benpensanti che hanno trovato da ridire perché i cani abbaiano ma sono lì solo in orari lontani dal “riposino” pomeridiano e non so a chi possano dare noia, visto che oltre a tutto la strada rimane pulita….

Ora, con tutte queste piogge, nessuno si ferma… spesso i cani vengono mandati da soli nel campo pregno di acqua per i loro bisogni…e che siano veloci!

Sia loro che anche io aspettiamo che arrivino di  nuovo i giorni di sole!

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Splendore nel cielo…

Le albe ed i tramonti sono per me, da sempre, due momenti magici! Forse perché riesco a goderli in tutta tranquillità…il tran tran della giornata non è ancora iniziato

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o è appena finito,

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niente corse ma momenti di quiete in cui posso riprendere in mano il libro che mi aspettava sul comodino o… aprire gli occhi e spalancare il balcone (anche se fa freddo…vale sempre la pena) per bearmi della bellezza che mi viene regalata.

Proprio questa mattina è successo uno di quei “miracoli” che lasciano senza fiato e senza parole…

Verso le 6, quando la luce della città è ancora smorzata e il sole deve ancora riempire della sua luce il cielo mi sono trovata davanti ad uno spicchio di cielo pieno di stelle.

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Da casa ne vedo si e no due o tre nelle notti particolarmente limpide…il resto è buio, sopraffatto dalla luminosità che viene dalle mille luci della città. Questa mattina invece, in un cielo già di un azzurro brillante avevo davanti a me tanti occhi splendenti…. Giove, il più grande e brillante, il Procione, Bellatrix, Betelgeuse, Rigel e la cintura di Orione, le tre stelline in fila che segnalano la costellazione appunto di Orione.

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Intorno ce ne erano altre che a occhio nudo non ho potuto distinguere ma era già tanto affascinante quello che vedevo da non farmi sentire neppure l’aria fredda che stamani ha segnato un cambio di clima.

Ma se il cambio è questa aria fredda  e lo splendido sole di oggi direi che ci abbiamo guadagnato, in fin dei conti siamo già verso la fine di ottobre!

Queste sono le occasioni in cui vorrei avere un telescopio perché penso a come sarebbe stato bello poter vedere la grande nebulosa M42… così sono andata a rivedere una foto che avevo fatto nel 2007, quando potevo passare la notte ai telescopi di Skylive….

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È solo in bianco e nero perché non c’era ancora la possibilità di elaborarle e farle diventare fantastiche!

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E’ durato poco….una mezz’ora dopo il sole aveva già preso possesso del cielo e di quello spettacolo era rimasto solo un Giove sbiadito che è scomparso presto anche lui.

Però stamani anche il cuore si è riempito di stelle!

Quanta musica puoi creare?

Ho trovato questo breve racconto pieno di saggezza nella pagina di una amica di facebook.

Lo trovo molto bello e mi piace condividerne il pensiero:

Immagina questo.
Una violinista sta eseguendo un pezzo difficile di fronte ad una vasta platea.
Improvvisamente c’è un forte schiocco che si propaga attraverso l’auditorium.
Il pubblico si rende immediatamente conto che una corda si è rotta e aspetta che il concerto sia sospeso sino a quando un’altra corda, o un nuovo strumento, sia portato alla suonatrice.
In vece la violinista si ricompone, chiude gli occhi e poi invita il direttore d’orchestra a riprendere il concerto.
L’orchestra riprende da dove aveva interrotto e la violinista suona con tre corde.

Mentalmente ha calcolato il nuovo posizionamento delle dita per compensare la corda mancante.
Un brano che poche persone riescono a suonare bene con quattro corde, questa violinista riesce a suonare bene con tre, nonostante la corda rotta.
Quando termina, un solenne silenzio invade la stanza e subito il pubblico si alza in piedi e applaude con calore.
La violinista sorride e si asciuga il sudore dalla fronte. Quando nella grande sala torna il silenzio, lei spiega perchè ha continuato a suonare nonostante la corda rotta.
“Sapete” dice ancora senza fiato “qualche volta è compito dell’artista scoprire quanta musica puoi ancora fare con quello che ti è rimasto”.
Noi sappiamo che cosa significa vero?
Forse noi abbiamo vissuto la maggior parte della nostra Vita e ce ne è rimasta solo una piccola fetta.
Possiamo ancora creare musica?
Forse la malattia ci ha privato della nostra capacità di lavorare.
Possiamo ancora creare musica?
Forse una perdita finanziaria ci ha impoverito.
Possiamo ancora creare musica?
O forse una relazione importante è finita e ci sentiamo soli al mondo.
Possiamo fare ancora musica?
Verrà il momento in cui tutti vivremo una mancanza.
Come la violinista avremo il coraggio di scoprire quanta musica potremo ancora fare con quello che ci è rimasto?
Quanto bene potremo ancora fare?
Quanta gioia potremo ancora condividere con gli altri?
Perchè io sono convinto, più che mai, che il mondo ha bisogno della musica che solo tu puoi fare.
ALLORA, QUANTA MUSICA PUOI FARE TU CON QUELLO CHE TI E’ RIMASTO?

(KH Marolìa)

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