Santi Innocenti

Molti anni fa, dopo che le bambine avevano già iniziato la scuola, iniziai a fare volontariato: mi sembrava fosse il minimo dare qualche ora del mio tempo libero agli altri, ma non sapevo dove. Una amica mi chiese di andare con lei al Cottolengo e, nonostante un po’ di titubanza, accettai.

Avevo sentito parlare di questa struttura con una serie di stereotipi e stigmi, come se fosse un luogo cupo, quasi un lazzaretto.

Invece, arrivata sulla collina del Poggetto, mi trovai davanti ad un bell’edificio, luminoso, grandi vetrate, corridoi ampi, camere accoglienti e una pulizia meticolosa.

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Fui accompagnata al reparto “Santi Innocenti” e mi è tornato in mente questo lungo periodo proprio oggi che la Chiesa ricorda i piccoli innocenti uccisi da Erode.

Lì ho conosciuto delle suore – per dirlo alla fiorentina – veramente ganze, che si occupavano giorno e notte, con amore e dedizione unica, delle “bimbe” a loro affidate, nonostante la fatica dovuta alle loro difficoltà mentali e fisiche.

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Ero veramente affezionata ad ognuna delle bimbe, alle loro storie, a volte veramente tristi, di abbandono e solitudine, ma erano entrate finalmente in una grande famiglia.

Potrei scrivere un libro per ognuna di loro: da Giuliana che mi applaudiva ogni volta che arrivavo e dovevo fermarmi a baciarla prima delle altre, ad Anna – che era una persona normale ma chiusa lì dentro per stare con la sorella dato che “non erano all’altezza della famiglia” o Lina che cantava di continuo le canzoni di Gianni Morandi…

Ma è di Maria che voglio raccontare, Maria che è stata per me una maestra di vita.

Maria non parlava, anche se seguiva attentamente ogni discorso che veniva fatto. L’unica sua occupazione dalla mattina alla sera era camminare, su e giù nel corridoio con passo lungo e veloce. Si fermava solo, e di malavoglia, per mangiare velocemente e ripartire.

Una mattina, mentre scendeva dal letto, scivolò e si ruppe il femore. Non era in condizioni di subire un intervento (parlo di una quarantina di anni fa, la medicina era diversa) e l’unica possibilità era che restasse immobile a letto per permettere all’osso di calcificarsi. Fu un attimo di panico… come era possibile far stare ferma Maria?

Invece, per più di un mese Maria restò immobile a letto. All’ultima visita il dottore dichiarò che l’osso si era calcificato per cui si poteva iniziare la riabilitazione, sperando che riuscisse ad alzarsi nuovamente in piedi.

Maria lo guardava con gli occhi spalancati: in men che non si dica scese dal letto e senza neppure le scarpe iniziò di nuovo il suo viaggio in su e giù per il corridoio, con un sorriso di trionfo stampato sul viso!

Con la sua voglia di vita aveva superato ogni paura, là dove noi avremmo impiegato chissà quanto tempo per riprendere il via!

Me ne sono ricordata parecchie volte, quando la paura mi tratteneva a prendere decisioni difficili… ma ho pensato a lei e tutto è diventato facile!

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Vigilia

Quando il sonno fa un po’ i capricci, per addormentarmi recito poesie.
Un trucco che mi aiutato tante volte a mantenere la calma.
Questa notte il vento mi ha riportato la mia prima poesia di Natale, scritta apposta per i miei quattro anni dalla mia mamma:

“E’ Natale, è Natale,
gli angioletti son discesi
hanno candide le ali
e il vestito tutto d’or!
O mammina mia diletta
O mio caro e buon papà
questa vostra figlioletta
tanti auguri oggi vi fa!”

Buona Vigilia!

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Considerazioni di una quasi ottantenne in una lunga giornata di pioggia

16 novembre

Guardo da dietro i vetri, dove si rincorrono le gocce d’acqua… dopo una pausa di qualche ora ha già ripreso a piovere. È dal 1° di novembre che si susseguono piogge più leggere (poche) e temporali violenti con il loro accompagnamento di lampi, tuoni e fulmini. Mi ricordo che da piccola contavo i secondi tra il lampo e il tuono per cercare di capire quanto il temporale fosse vicino: ora non c’è bisogno perché lampo e tuono sono quasi contemporanei…il temporale è proprio sulle nostre teste!

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I pensieri viaggiano lentamente, non ho più bisogno di correre né di affannarmi e questo è uno dei privilegi che rendono la vecchiaia un tempo particolare che può essere angosciante se si rincorre una gioventù “estetica” mentre è bellissimo accoglierla come un’amica che ha camminato con noi per tanto tempo, che ha condiviso gioie e dolori, vittorie e sconfitte, conquiste e perdite. Certo il viso ne porta i segni ma sono il diario della vita. Perché mai tutto questo dovrebbe essere cancellato, può davvero un lifting riportare indietro nel tempo?

Da un anno e poco più ho cambiato tutto: città, casa, amicizie…una bella avventura! Non mi ha spaventato più di tanto nonostante la fatica del trasloco, gli inevitabili addii: una grossa fetta dei miei libri… un addio necessario (non c’era più spazio a sufficienza per loro ma mi sono preoccupata di lasciarli in buone mani) ma anche voluto (se si deve dare dei tagli facciamoli per bene, così con me sono venuti solo quelli di cui non avrei potuto fare a meno e quelli che non avevo ancora letto – vista la mia incapacità di uscire da una libreria senza almeno due o tre libri – e altre cose che erano diventate “parte della famiglia”!

I cambiamenti sono però una bella spinta alla fantasia: creare nuovi ambienti che rendessero “casa” le nuove stanze, passare da un caos di scatoloni ad una sistemazione che fosse “mia” (avevo carta bianca per questo). Nonostante l’attenzione messa a dividere bene gli oggetti c’era sempre qualcosa che non si trovava e magari saltava fuori da un posto impensato.

Ora mi guardo intorno e l’ambiente mi piace, è confortevole e spazioso ed è pieno di luce. Certo c’è ancora da fare, qualcosa da aggiungere o da spostare ma sono soddisfatta del mio lavoro.

In sala c’è una bella poltroncina rossa, comoda e accogliente. Mi siedo con una tazza di tè caldo e il libro del momento, il mio amato Terzani. Cosa volere di più?

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Fashion in Flair

Quando andavo alle elementari, tanto tempo fa, l’inizio del tema del lunedì era sempre lo stesso: “Ieri sono andata con i miei genitori e le sorelline a…”

Dal momento che i vecchi tornano bambini… comincio ancora così: sabato scorso sono andata con le figlie a Lucca a vedere una mostra intitolata “Fashion in Flair!

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L’evento si svolgeva nella suggestiva Villa Bottini

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nei pressi della Porta San Gervasio

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una splendida villa cinquecentesca all’interno delle mura della città, una mostra di artigianato ad alto livello, con tutta la sua forza e creatività.

Tradizione e sperimentazione coprono tutti gli ambiti dei lavori: gioielli, oggetti di arredo, cosmetici, fragranze e pitture, è una festa di colori, profumi e allegria.

Nel grande giardino erano dislocati alcuni stand di abbigliamento, il bar e altri che riguardavano comunque il cibo e la sua cultura con la possibilità di fare una merenda “ecologica”…

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Il resto della mostra era all’interno della magnifica villa: un labirinto di sale dove c’era da guardare i banchi ma anche le pareti e i soffitti affrescati

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mentre, scendendo una scala altri banchi si trovavano nei locali che ospitavano probabilmente le cucine e le camere della “servitù “con i soffitti a botte, molto belli.

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Tanto pubblico da far girare la testa, per cui mi sono soffermata soprattutto su quello che amo di più: i fiori e la grande abilità delle mani.

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con dei curiosissimi frutti di una felce tropicale

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Ma soprattutto mi ha incantato il banco degli origami: la carta che si piega all’abilità delle mani diventando uccello, fiore, gioco…

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Era così tanto che non riuscivo più ad andare a vedere un evento che nonostante la stanchezza mi sono riempita gli occhi e il cuore!

Poi sulla via del ritorno …

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I nipoti, un amore ricambiato

1 ottobre

Ho aspettato un po’ a scrivere questo messaggio perché ho sperato fino all’ultimo che tu venissi a svegliarci da questo incubo dicendo “è tutto finito, non vi preoccupate”, ma purtroppo non è stato così ed io non ho ancora realizzato del tutto. Ma non sono qui a demoralizzarmi e a versare lacrime su lacrime perché ti porto sempre dentro di me e qui ho una lista di tutti i bei momenti che abbiamo passato insieme: i fiori che schizzavano al Poetto in Sardegna, le castagne che puntualmente mi preparavi e mi sbucciavi ogni anno, la NOSTRA gattina Pallina (perché fondamentalmente si fidava solo di noi), io che mi nascondevo per casa prima che tu rientrassi dai giardini per poi venirmi a cercare “ucci ucci sento odor di cristianucci”, “mano mano piazza, di qui ci passò una lepre pazza….”, il rumore dell’aereo che mi facevi sempre sentire con la cintura sulle orecchie, i pomeriggi ai giardini in cui mi guardavi salire in cima alla piramide per poi applaudirmi una volta arrivata su – e aggiungerei anche quando mi aiutavi a scendere perché ero troppo in alto ed avevo paura -, le scaglie di parmigiano che mangiavo solo ed esclusivamente se erano tagliate da te, i tuoi “ma come fai ad essere sempre più bella?” ogni volta che ti venivo a trovare, la tua passione per i kinder e tutti i dolcetti vari, te che mi chiedevi sempre pareri sui tuoi vestiti, il tuo piccolo orto in terrazza dove mi facevi assaggiare ogni cosa e quando mi dicevi di chiudere gli occhi e provare ad indovinare che cosa stessi mangiando. Potrei continuare per ore ma verrebbe una lista troppo lunga e non avrei spazio per i momenti vissuti negli ultimi mesi, te mangiavi pochissimo ma con me sei riuscito più volte a finire il latte con i biscotti a colazione; tutti i “kinder colazione più” che ti ho dato per farti mangiare qualcosina a pranzo e a cena quando riuscivi a malapena a finire due cucchiaini di stracchino ma cavolo, quei dolcetti potevi mangiarli fino allo sfinimento; quando non riconoscevi più nessuno (o almeno così sembrava) ma appena entravo in quella stanza di ospedale e venivo a salutarti mi regalavi dei sorrisi bellissimi e alla mia domanda “nonno ma ti ricordi chi sono io?” rispondevi: “Si, sei mia nipote Ilaria”. Non sono stati mesi facili questi ultimi, nè per te nè per noi, ma spero che tu dal mondo immaginario in cui ti trovavi, ti sia accorto che io non ti ho lasciato nemmeno per un minuto e sono sempre stata lì con te, fisicamente quando potevo e mentalmente ogni secondo che passava. Spero di poterti rivedere, magari vienimi a trovare qualche volta in un sogno… io ti aspetterò sempre lì.
Buon viaggio nonnino, anche se so per certo che sei già arrivato, che ti sei già ambientato e che hai ritrovato tutte le persone che ti avevano lasciato tempo prima e sicuramente starai già ridendo e scherzando con tutti loro. Chissà magari stai già dando un cappuccino e una brioches alla Lalla😂 Ti voglio un bene indescrivibile! (Ilaria)

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” Ad un certo punto lungo la strada,
Il mio cuore non era più solo.
Il tuo cuore ha tirato fuori il mio dall’oscurità!

Come stelle che ballano nel cielo,
Il futuro ha iniziato a brillare di luce.
In qualche modo l’avevo perso di vista prima,
Quando ero concentrato interamente su me stesso.

A volte mi ricordo ancora.
Mi dispiace per me stesso e mi fa male.
Ma ora sono qualcuno che può proteggere qualcun altro.
Posso sopportare l’orgoglio e un giorno credo:
” Sono così felice di averti incontrato quel giorno!”

Da quel giorno, il mio cuore
E ‘ stato salvato da te ancora e ancora.
Con il tuo sorriso luminoso e il calore che porta.” (Matteo)

30/09

Volevo ringraziare tutti: dal primo all’ ultimo, per i messaggi che mi avete inviato.
Credetemi, anche se il contenuto è pressoché lo stesso (“Condoglianze”, “Mi dispiace tanto” ecc…), vederli mi scalda il cuore come non mai. 
Non ho moltissime memorie per quanto riguarda mio nonno: ricordo solo che ogni volta faceva il solletico a Me e Mia sorella e che qualche volta gli chiedevo i conti più disparati e complessi che, tempo 3 secondi, venivano risolti. (Ecco forse perché me la cavicchio coi conti).
Mio nonno era un tozzo di pane: sempre sorridente e, nonostante fosse malato di Parkinson, si godeva quel poco che gli rimaneva da vivere.
Peccato, però, che proprio quando si è trasferito…
Ma che ve lo dico a fare?
Vi sfaterò un mito: anche se non lo do a vedere, io schiatto dentro come non mai.
Per questo non andavo quasi mai all’ospedale, ma che deve pensare uno che vede suo nonno in quelle condizioni?
E mi distraevo, scappavo dal problema e mi divertivo.
Solo che alla fine tutto finisce, no? E’ inevitabile, ecco.
Ringrazio tutti, TUTTI voi: dal primo all’ultimo, chi vedo più spesso e chi vedo meno spesso, chi conosco meglio e chi conosco peggio.
Avete reso un ragazzo felice con poco.
Io proverò ad andare avanti, sperando che, in un qualunque momento, lui mi guardi dalla sua nuvola, magari con un bel bicchiere di succo in mano, magari sorridendo.
E’ il momento di guardare il futuro ed andare avanti.
Vi voglio bene. (Matteo)

Tu non volevi fare la gara e fu proprio il nonno l’unico che riuscì a convincerti! (Nonna)

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Malinconia (pensieri dei giorni tristi)

Da Fausta, Barbara e Sabina

18/09

Ieri pomeriggio, dopo giorni in cui ti vedevo solo ripiegato in triplice flessione con un’espressione di sofferenza disegnata immobile sul viso, entro in una quiete ovattata di un nuovo reparto dove termineremo insieme il viaggio e ti trovo magicamente disteso supino, le gambe allungate, l’espressione rilassata. Ti lascio riposare dopo essere stata bonariamente ripresa da una collega per aver disturbato il tuo riposo e aspetto accanto a te. Il regalo più bello quando ti svegli…..”babbo, sono qui, riesci a vedermi?” e mi appoggio la tua mano sul viso. Mi guardi per due minuti come per mettermi a fuoco e poi ti apri in un sorriso sdentato che più bello al mondo non può esistere. Ti voglio un bene immenso babbo (Barbara)

Parlarsi con gli sguardi e dirsi che c’è un filo che è eterno, più forte ancora di quanto lo erano le parole. Anche il minimo accenno di un sorriso o un incomprensibile borbottio sono un regalo…(Fausta)

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E dopo averci salutati tutti, in silenzio te ne sei andato. Finalmente libero da quel letto e da quella malattia bastarda….. addio babbino, ti ho voluto e ti voglio un mondo di bene (Sabina)

Ciao Romano, tra una baruffa e l’altra ci siamo voluti un sacco di bene e questo è quello che conta per me! (Fausta)

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1 ottobre

Comincia ottobre senza te…

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Oggi era il giorno del distacco, il giorno più difficile per me, mia sorella e mia mamma. Per Ilaria e Matteo. Ringrazio con tutto il cuore chi con amore e rispetto non solo è venuto a salutare babbo ma anche per stare vicino a noi tre, a noi 5. Babbo era contento di essere qui a Livorno, diceva sempre che gli piaceva cenare tutti insieme. Era felice di vedere i suoi nipoti. Il peggioramento della malattia non gli ha dato molto tempo ma in questi mesi essere stati tutti insieme è stato un bel regalo. Per noi da ora in poi sarà tutto più difficile, più triste, più brutto ma siamo insieme e sappiamo che chi ci vuole bene ci starà vicino, il resto non conta. (Sabina)

Alla fine di questa lunga giornata mi suonano in mente le parole del vecchio Simeone nel suo Cantico: “Ora lascia, Signore, che il tuo servo vada in pace…”
Ci mancherai tanto, Romano, ma ti ringraziamo per essere stato per tanti anni in cammino con noi. 53 anni insieme non sono pochi!
E fai il bravo lassù, non fare troppi scherzi come tuo solito! (Fausta)

04/09

Tutto sembra uguale, ma tutto è diverso….(Sabina)

“Nascere non basta.
È per rinascere che siamo nati.
Ogni giorno.”
(Pablo Neruda)

E ti voglio ricordare così

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Mare…

Era cominciato con un “vi passo a prendere così si va a bere un caffè vista mare” …

Ma non si voleva una delle baracchine della Terrazza Mascagni da cui si vede sì il mare ma sono sul cemento… doveva essere un posto quasi sul mare…

Perciò ci avviamo verso l’Ardenza: la strada – praticamente il lungomare che porta verso Quercianella e via via verso le altre cittadine marinare della costa livornese – ha solo due corsie ed è trafficata come le vie di una grande città nell’ora di punta. Trovare parcheggio vicino alla spiaggetta che si vuole raggiungere è un’utopia e, se non si ha un colpo di fortuna rarissimo, si rischia di dover fare tanta strada sotto il sole cocente. All’andata questo non è poi un gran danno perché all’arrivo ci si tuffa nell’acqua e ci si rinfresca, ma al ritorno sono dolori!

Bene o male arriviamo nel posto dove va mia figlia Sabina quando esce dal lavoro. C’è una baracchina che si chiama La Vela con i tavoli sotto tendoni e alberi e dove arriva la brezza marina a rinfrescare;

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da lì c’è una breve discesa e ci si trova sul mare… anzi, per essere esatti, praticamente nel mare.

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Basta noleggiare un lettino e lo si può piazzare in una delle piccole vasche che gli scogli formano e stare “a baco” a prendere il sole e contemporaneamente fare il bagno!

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Quando c’è la bassa marea le vasche sono tantissime, con l’alta marea diminuiscono ma in compenso l’acqua è più fresca…

Ci sediamo ad un tavolino. La vista è bellissima, il mare azzurro e calmo ed il cielo quasi dello stesso colore, all’orizzonte navi e cargo alla fonda, un motoscafo, qualche bagnante che si lascia trasportare dal materassino… in fondo in fondo, dove il mare sembra finire, azzurrina e lieve la sagoma della Gorgona…

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E’ quasi l’una ed è passato sia il tempo del caffè che quello dell’aperitivo ma si sta così bene che restiamo a mangiare: polpo e verdure grigliate per Romano, cubi di tonno con avocado per Sabina e Caesar salad per me, piatti ottimi e freschi…

E’ ora di andare ed ho una richiesta: passare a vedere la mitica Amerigo Vespucci che in questi giorni è ormeggiata al porto Mediceo per “farsi ammirare” in attesa di imbarcare i cadetti del 1° anno (il 30 giugno) per iniziare l’addestramento in mare.

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Nessun appellativo è così adatto alla nave che quello di “Signora del mare” perché è veramente stupenda, anche da lontano fa restare a bocca aperta, splende al sole!

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Grazie alla gentilezza del ragazzo che all’ingresso del viale che conduceva alla nave ci ha visti vecchierelli e ci ha fatto avvicinare, anche se fuori orario, ho potuto godere in tutta pace la visione di tanta bellezza.

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Solo il sole che picchiava ferocemente sulle teste mi ha fatto “risvegliare”.

Questa notte, prima di addormentarmi, cercavo di immaginare come deve essere quando naviga a vele spiegate! Le foto non le rendono giustizia!

Quando ero alle elementari la maestra sorrideva sempre perché i miei temi finivano sempre con “e sono tornata a casa stanca ma felice” … beh, questa volta è un finale proprio adatto!

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Il bucato

Quando, dopo una serie di giorni nuvolosi o addirittura piovosi spunta una giornata di sole, balconi e finestre alzano il gran pavese… panni tesi ad asciugare, a farsi profumare dal sole!

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Anche il mio bucato è già bello in ordine sui fili che ho la fortuna di avere fuori del balcone, dove il vento li sta facendo cantare…

Questi panni svolazzanti mi hanno fatto ricordare quando, bambina, accompagnavo mamma a fare il bucato.  La lavatrice entrò in casa quando noi sorelle eravamo già grandi, mettendo insieme i nostri primi stipendi, ma allora – quando finalmente era tornata l’acqua che durante la guerra e il primo dopoguerra dovevamo andare a prendere ad un nasone  (fontanella) vicino – o si lavavano i panni nella vasca da bagno con l’asse per insaponare, (a dire il vero c’era già qualche detersivo ma mamma era un po’ ostica alle novità così continuava ad usare il classico Sapone di Marsiglia) o si andava a fare il bucato in terrazza.

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All’ultimo piano del palazzo c’era la terrazza condominiale, una parte coperta con le grandi vasche ed una scoperta con i fili per tendere.

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Per me era un divertimento. Non eravamo mai soli per cui mentre mamma lavava chiacchierando con le altre signore io giocavo con gli altri bambini. Poi, al momento di mettere i panni sui fili seguivo mamma portando il cestino con le mollette… mi sentivo molto importante per questo incarico!

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Sul muro della terrazza c’era una scaletta da marinaio dove ci arrampicavamo – quando non ci vedevano – da cui si aveva una vista panoramica di Roma da levare il fiato!

Invece nonna mi raccontava che all’epoca sua le donne andavano al ruscello, (beh non lei ma la famosa Caterina che è stata la tata di tutti i bambini della famiglia: era praticamente cresciuta in casa di nonna ed ha seguito, amatissima, tutte le generazioni di figli, nipoti e bisnipoti)

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con il catino sulla testa, appoggiato sul cercine. Non ho mai capito come facessero a reggere quei grossi catini in equilibrio senza rompersi l’osso del collo.

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Quale fosse il posto l’acqua era fredda e le mani ne uscivano rosse e intirizzite, con gli immancabili geloni!

Ora con le lavatrici non ci si immagina la fatica che le donne facevano per tenere pulita la biancheria e non solo per quello!

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La contropartita era che non eravamo mai soli, c’era sempre compagnia, risate e canti!

Certamente abbiamo guadagnato in velocità e tecnica ma abbiamo perso la bella semplicità dei rapporti umani!

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Capitano dei momenti in cui una foto, una parola, ti portano indietro nel tempo…

L’avete visto…mi succede spesso, sarà l’età o il fatto che il tempo per pensare  fortunatamente si è dilatato.

Così una poesia letta ieri mi ha rimesso davanti agli occhi la nostra canina Lalla.

Lalla arrivò in casa nostra negli anni 80, piccolissima, più o meno 15 giorni…

Eravamo in vacanza a Baia Felice, sul litorale Domizio. Da poco era sparito il nostro cane, un setter bianco-arancio con tanto di pedigree e campione di bellezza. L’aveva voluto mio marito cacciatore (allora) che se ne era innamorato. Un giorno il cane si era perso nel bosco e non era tornato (cosa che faceva sempre pur allontanandosi per qualche tempo). Lo cercammo dappertutto ma inutilmente…

Fu un dolore immenso per mio marito e per me e le figliole perché gli eravamo tutti molto affezionati, e quando in una passeggiata sul mare vedemmo una canina giovanissima ma molto simile al nostro Jack ci fermammo a parlare col il proprietario che ci disse che doveva farla figliare per cui, se volevamo, ci avrebbe avvisati e avremmo potuto prendere uno dei cuccioli.

Quando mesi dopo arrivò la telefonata mio marito e il fratello partirono subito. Ma arrivati laggiù trovarono una meticcia nera e marrone, minuscola, che ovviamente fu regalata con tante scuse in verità poco plausibili.

Nonostante tutto fu messa in una scatola da scarpe, anche se sia mio marito che il fratello fossero sicuri che sarebbe morta per la strada tanto sembrava debole…

Ma una volta arrivata a casa cominciò a fare le feste a tutti, divorò una ciotola di latte e si addormentò tranquilla. La mattina dopo era vispa come un grillo!

Per un po’ di giorni bevve latte ma poi passò – nonostante fosse tanto piccina – alla carne. Il suo appetito crebbe con la taglia e solo perché a caccia faceva chilometri non diventò un bidoncino… invece rimase sempre snella.

Lalla restò con noi per 15 anni, un personaggio dalla simpatia e intelligenza unica, che faceva innamorare tutti e in casa era come una figlia per noi e una sorellina per le bambine. Ci regalò tanto amore e ne ebbe tanto da noi ed è per questo che le parole di questa poesia di Anonimo mi hanno tanto toccato.

Eccola:

Di volta in volta, le persone mi dicono,
“ma va, è solo un cane” o
“sono un sacco di soldi solo per un cane”.
Loro non capiscono le distanze percorse,
il tempo speso, o le spese necessarie
“solo per un cane”.

Alcuni dei miei momenti più orgogliosi
sono avvenuti con “solamente un cane”.
Ho passato molte ore con “solo un cane”

come mia unica compagnia,
ma non mi sono mai sentito trascurato.

Alcuni dei miei momenti più tristi
sono stati sorretti da “solamente un cane”,
e in quei giorni di buio,
il dolce tocco di “solamente un cane”
mi ha dato conforto e ragione per superare la giornata.

Se anche tu pensi che sia “solo un cane”,
allora probabilmente non capirai frasi come
“solo un amico”, “solo un’alba”, o “solo una promessa”.
“Solo un cane” porta nella mia vita
la vera essenza d’amicizia, fiducia, e gioia pura e sfrenata.

“Solo un cane” tira fuori la compassione e la pazienza
che mi rende una persona migliore.

A causa di “solo un cane” mi rialzerò presto,
farò lunghe passeggiate e guarderò al futuro con desiderio.

Quindi per me e per la gente come me,
non è “solo un cane”,
ma l’espressione di tutte le speranze ed i sogni del futuro,
gli adorabili ricordi del passato, e la pura gioia del momento.

“Solamente un cane” porta alla luce ciò che c’è di buono in me
e devia i miei pensieri lontano da me
e dalle preoccupazioni della giornata.

Spero che un giorno tutti potranno capire
che non è “solo un cane” ma la cosa
che mi dà umanità e mi mantiene “solo un uomo”

Quindi la prossima volta che senti questa frase
“solamente un cane”, sorridi,
perché loro “solamente non capiscono”.

Anonimo

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