Sabato scorso sono stata a vedere uno spettacolo – cosa che mi succede molto spesso dato il mio amore per il teatro. Di solito alla fine della stagione faccio un piccolo riepilogo degli spettacoli visti ma di questo voglio parlare in particolare perché è stato un incontro con un mondo completamente nuovo, quello di un testo solamente mimato.
Lo spettacolo si intitolava AVANIM – STONES (pietre)
“Durante la seconda guerra mondiale, mentre le forze naziste invadevano l’Europa, Adolph Hitler inviò in Svezia una squadra speciale allo scopo di localizzare e recuperare delle pietre in granito per costruire un monumento che celebrasse il trionfo del Terzo Reich.
Alla fine della guerra, dopo la sconfitta nazista, i blocchi di granito furono abbandonati.
Nel 1946, lo scultore ebreo Nathan Rapoport fu incaricato di creare un’opera in onore dei ribelli del Ghetto di Varsavia. Per realizzare la scultura si mise alla ricerca dei pezzi di granito più adatti. Li trovò infine in Svezia, gli stessi blocchi abbandonati dai nazisti…..lo stavano aspettando….
Le pietre destinate a glorificare il Terzo Reich commemorano adesso il terribile Olocausto degli ebrei in Europa.”
Con queste parole – in una scena buia in cui è illuminato solo un muro con il gruppo scultoreo che si trova ora all’ingresso del Ghetto di Varsavia e che mostra sei figure in granito grigio – si apre lo spettacolo Stones, portato in Italia dagli Orto-Da, gruppo teatrale israeliano formato da sei mimi attori specializzati nel teatro di strada.
Nella loro ricerca di nuovi linguaggi espressivi per il “teatro visivo” gli Orto-Da si sono ispirati a questa storia. Il loro linguaggio da una parte mantiene il legame con la tradizione (Orto come radice di Ortodosso) dall’altro esplora nuovi campi dello spettacolo teatrale (Da come Dada). Anche in ebraico il loro nome acquista valore in quanto Or significa “luce” e Toda significa “grazie”…
Mentre la musica di Exodus inizia la sua melodia le figure del monumento, all’inizio immobili, prendono vita: sono i corpi-statue degli attori, completamente rivestiti di argilla dalla testa ai piedi ed inizia il viaggio.
E’ un viaggio drammatico e poetico nell’allora e nell’oggi, che investe le coscienze e la memoria, a volte divertente, a volte sconcertante ma sempre toccante, umano.
Il sorriso si mescola con le lacrime, le immagini sono forti e nello stesso tempo cariche di poesia. Succede così che i simboli tragici dell’Olocausto si trasformino, che una doccia ristoratrice su cui volano bolle di sapone all’improvviso getti gas mortale, che le stelle di David danzino nel buio prima di fermarsi sul petto degli attori, o che la svastica formata da un nastro giallo si trasformi in un aquilone che prende il volo, oppure la recinzione di filo spinato possa diventare prima il gioco del tre (X e O) e poi un’arpa su cui suonare una delicata melodia.
Altre belle musiche accompagnano i vari momenti: i temi de “La vita è bella” e di “Shindler List”, Evenu Shalom, The Wall…Una delle cose che più mi ha colpito è il fatto che tutto questo avviene senza che mai gli attori escano dal riquadro della scultura!
Il finale – ancora una forte emozione – li vede di nuovo nel ghetto, ma mentre tengono nelle mani protese una colomba bianca che spicca il volo verso il cielo.
Uno spettacolo che lascia il segno nella mente e nel cuore…