Da oggi, Dio, non sei più solo Dio;
da oggi, uomo, non sei più solo uomo.
Il grembo di una donna
ha fatto nascere
qualche cosa di nuovo,
sulla terra e nel cielo.
E niente sarà più come prima.
(Adriana Zarri da “La scala di Giacobbe”)
Sto leggendo un libro che mi incuriosisce e appassiona, tanto da far fatica a fermarmi, ma ci sono cose che vanno fatte e a malincuore lo poso …fino al prossimo “spazio libero”.
Il libro si intitola Helgoland (che è l’isola da cui è partita tutta la ricerca sulla teoria dei quanti, per una intuizione di Heisenberg). È scritto da Carlo Rovelli, un illustre fisico, e parla della rivoluzione scientifica più importante, la fisica quantistica. No, non è che io mi senta una scienziata e soprattutto che a scuola la fisica con tutte le formule e formulette non mi piaceva, è solo che sono molto curiosa e quando sento parlare di qualcosa di nuovo, della costituzione della natura e dell’uomo, non posso fare a meno di cercare di capire…
Sono più o meno a metà del libro e per ora non ho capito molto: si tratta dei primi tentativi di capire le idee sconcertanti, alla spiegazione razionale non corrispondevano a quanto veniva osservato empiricamente.
Quello che mi consola è che illustri fisici come Einstein, Bohr, Jordan e altri, durante la crescita della sperimentazione arrivavano a costruire formule che dimostravano la loro esattezza ma nemmeno loro capivano: era così ma perché?
A Livorno c’è un luogo che è nel cuore di tutti i livornesi, uno dei primi luoghi che, venendo a vivere qui, mia figlia mi ha portato a vedere e ne sono rimasta incantata.
Un enorme negozio/vivaio ben rifornito tra assortimento di piante verdi o fiorite,
accessori, decorazione e arredamenti per giardini e terrazze…
prodotti per l’agricoltura e il giardinaggio, terricci e prodotti chimici, allestito in maniera originale e ben fatta, un tripudio di profumi, colori e forme che riempiono gli occhi ed il cuore, dalla pianta più piccola fino agli alberi da frutto per chi è così fortunato da possedere un piccolo pezzo di terra.
Poi mi ha portata nuovamente nei giorni di Natale… pensavo di trovare alberi e piante adatti al periodo natalizio…invece…
Quando si avvicina Natale il tutto si trasforma in un mondo magico, dove ti sembra di vivere nelle favole: è il mondo di Babbo Natale pieno di addobbi e animali e ti perdi a girare tra i vari allestimenti, come se camminassi nella neve viaggiando nel mondo con le varie tradizioni!
Orsi polari, pinguini, unicorni e molto altro…per poi passare a palline di ogni forma, colore e grandezza,
al reparto presepe
con allestimenti anche in movimento e ogni cosa necessaria per crearne uno a tuo piacimento e logicamente Babbo Natale in tutte le forme e grandezza,
la sua casa, le cassette per imbucare le letterine e infine anche la grande poltrona dove Babbo Natale “in persona” si fa fotografare con i bambini e ascolta le loro richieste!
Per i piccoli è la gioia di un mondo incantato, per i grandi la tenerezza di tornare bambini!
Nell’ultima parte un piccolo spazio con dolciumi e il mondo di Natale gonfiabile e un po’ di intrattenimento degli elfi.
…
Da qualche giorno tutto questo non c’è più: il fuoco – forse appiccato da mani invidiose e cattive – ha distrutto tutto lasciando Livorno nella costernazione più grande e i proprietari nell’assurdo dolore di vedere sparire in pochi minuti la loro attività portata avanti con capacità ed amore da quarant’anni.
Il nostro affetto intorno a loro e la speranza di tutti che possa ritornare presto a donarci il suo mondo di bellezza!
Dalla pagina di una amica su facebook:
Se il nostro corpo è un testo
la malattia è un refuso.
La medicina del futuro
è l’attenzione alla lingua.
Badate prima di tutto alle parole,
le parole fanno tempeste
nella carne, possono fare buchi,
possono fare tane, trame, tele
di ragno.
Il male e il bene sono fasi, frasi,
sono mete, metafore
che legano un corpo all’altro,
un giorno all’altro.
Non dire una parola
che non sia felice di essere detta,
non ascoltare una parola
che non sia necessaria
come l’acqua, inafferrabile
come il vento.
Ho trovato questo brano sul web, non so chi sia l’autore ma mi corrisponde in pieno…
“siamo mortali, amico mio…
e questa dovrebbe essere l’informazione che fa la differenza!
per quanto grandi ed innovative possano essere le nostre idee
per quanto dolorosi siano i nostri sacrifici
per quanto imbarazzanti possano essere i nostri errori….
tra 100…200 anni…
chi si ricorderà più di noi…
crea e sbaglia e soffri con leggerezza, amico mio…
siamo mortali…”
E finalmente, con la piccola libertà che ci è stata data, arriva un sabato di sole, una bella giornata calda … sarebbe sciocco non approfittarne!
A ma figlia Sabina e me piace girare senza fretta e, a volte, senza una meta precisa per conoscere i dintorni di Livorno: per noi è tutto nuovo!
Questa volta Sabina ha scelto un luogo di cui le è piaciuto il nome “Orciano Pisano”.
Scartiamo la scelta dell’autostrada e ci avviamo sulla strada statale, in questo modo scopriamo tanti paesini immersi nel verde della campagna.
Si può andare con calma, ancora non c’è molto traffico quindi si può viaggiare a passo ridotto…se poi c’è qualcuno che ha fretta che ci sorpassi pure, non ci offendiamo.
È bello godersi il paesaggio della campagna con i cipressi e le colline morbide, i piccoli corsi d’acqua e le distese dove il grano è stato appena tagliato e i grandi rotoli sono ancora sul campo.
Mi vengono in mente i covoni che vedevo da piccola…certo in questo caso l’avvento delle macchine ha alleggerito molto il lavoro dei contadini!
Il navigatore, per esempio, è quasi essenziale per trovare questi piccoli paesi che non sono ben indicati dai cartelli sulle strade; con un po’ di fatica, arriviamo in vista del cartello “Orciano Pisano” ma bisogna andare ancora avanti per trovare il piccolo Borgo.
Orciano è un comune con circa 600 abitanti, ma in questo momento sembra disabitato! È a 122 metri slm ma c’è un’arietta piacevolissima che ci fa credere di essere più in alto. Con molto piacere vedo che ha un Sindaco donna.
Non c’è molto da vedere, una piazza al centro del paese, la Chiesa Parrocchiale
e un Oratorio o Confraternita che però sono un po’ distanti dalle case, uno sulla destra e l’altro sulla sinistra della strada.
Mi colpiscono i cartelli indicatori delle vie che sembrano scritti a mano sulla ceramica, con una calligrafia infantile.
Sono passate le 13 e la fame si fa un po’ sentire. Nella piazza c’è un piccolo bar con i tavolini nel verde,
non è particolarmente fornito ma ci sono dei bei tramezzini: prendiamo anche una spuma bionda e ci accomodiamo all’aperto. Si sta così bene, circondate dal verde e da un magico silenzio che non viene voglia di muoversi! Qui l’onestà deve essere di casa perché mentre mangiamo il ragazzo che ci ha servito (unica persona presente nel bar) ci saluta e si avvia… dopo un po’ arriva un’altra persona e possiamo pagare.
Sulla strada incontriamo un cartello con la scritta “Lorenzana” all’inizio di una stradina che si inerpica piuttosto ripida, tiriamo avanti ma dopo una curva lo sguardo viene attratto da un paesino arroccato su un colle, circondato dal verde.
Che sia quella Lorenzana? Torniamo indietro e andiamo a vedere. Ci fermiamo ad un piccolo slargo da cui parte una bella salita che porta ad una grande Chiesa.
Comincio ad essere un po’ stanca, la sosta obbligata dal Coronavirus ha mandato in tilt le mie gambe che non hanno potuto usufruire della camminata giornaliera così, visto un muretto all’ombra, mi accontento di guardare la struttura dal basso mente Sabina va a vedere da vicino.
Mentre l’aspetto vado a leggere notizie sul paese.
Il paese di Lorenzana è un comune autonomo composto da Lorenzana, Crespina, Cenaia e Tripalle (i nomi di questi paesi sono eccezionali). È in provincia di Pisa ed è il capoluogo del comune italiano sparso di Crespina Lorenzana. In passato fu la meta privilegiata delle ricche famiglie di Livorno e Pisa che vi costruirono numerose ville, tra queste la villa Kiernek che ospitò Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Telemaco Signorini ed altri macchiaioli.
È incredibile come tanta storia sia racchiusa in paesi dal nome sconosciuto: bisogna andare a frugare nei meandri della storia per ritrovare delle radici così belle e profonde del nostro territorio.
Il cielo si sta oscurando e non promette niente di buono per cui rimontiamo in macchina e prendiamo la strada del ritorno per non farci cogliere dal temporale, ma questa volta scegliamo l’autostrada e la Variante Aurelia per Livorno.
Una bella passata di pioggia ma oramai siamo a casa!
(Giovanni Fattori : panorama livornese)
SPERANZA
Pablo Neruda
Ti saluto, Speranza, tu che vieni da lontano
inonda col tuo canto i tristi cuori.
Tu che dai nuove ali ai sogni vecchi.
Tu che riempi l’anima di bianche illusioni.
Ti saluto, Speranza, forgerai i sogni
in quelle deserte, disilluse vite
in cui fuggì la possibilità di un futuro sorridente,
ed in quelle che sanguinano le recenti ferite.
Al tuo soffio divino fuggiranno i dolori
quale timido stormo sprovvisto di nido,
ed un’aurora radiante coi suoi bei colori
annuncerà alle anime che l’amore è venuto.
Metto in pausa la mia pagina per “essere” profondamente in questi tre giorni che ci avvicinano alla Pasqua della notte del Sabato e a quella pasqua-liberazione che aspettiamo con ansia e che ci farà uscire nuovamente dalle case più consapevoli e attenti agli altri e al mondo…
In una piazza deserta, sotto un cielo gonfio di pioggia, una fragile figura bianca, dal volto segnato dalla sofferenza fisica e spirituale, ha pregato con noi e per noi tutti, senza distinzione perchè tutti siamo figli di Dio, tutti uguali ai suoi occhi.
“Siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo trovati su una stessa barca fragili e disorientati, ma allo stesso tempo importanti e necessari, chiamati a remare insieme e a confortarci a vicenda. Su questa barca ci siamo tutti. E ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo. Ma solo insieme. Nessuno si salva da solo”.
Grazie immenso Papa Francesco per le tue parole e per la tua benedizione!
Ho trovato questa poesia su facebook, ma ogni volta il nome dell’autrice o autore è diverso per cui preferisco lasciarla nell’anonimato, l’autore vero saprà comunque che è piaciuta a tantissime persone.
Io la trovo piena di speranza, una carezza in un periodo così difficile e mi fa piacere proporla qui sul blog.
Eccola:
Era l’11 marzo del 2020,
le strade erano vuote, i negozi chiusi,
la gente non usciva più.
Ma la primavera non sapeva nulla.
Ed i fiori continuavano a sbocciare
Ed il sole a splendere
E tornavano le rondini
E il cielo si colorava di rosa e di blu
La mattina si impastava il pane
E si infornavano i ciambelloni
Diventava buio sempre più tardi
E la mattina le luci entravano presto
Dalle finestre socchiuse
Era l’11 marzo 2020 i ragazzi studiavano
Connessi a Gsuite
E nel pomeriggio immancabile
L’appuntamento a tressette
Fu l’anno in cui si poteva uscire
Solo per fare la spesa
Dopo poco chiusero tutto
Anche gli uffici
L’esercito iniziava a presidiare le uscite e i confini
Perché non c’era più spazio per tutti negli ospedali
E la gente si ammalava
Ma la primavera non lo sapeva e le gemme continuavano ad uscire
Era l’11 marzo del 2020
Tutti furono messi in quarantena obbligatoria
I nonni le famiglie e anche i giovani
Allora la paura diventò reale
E le giornate sembravano tutte uguali
Ma la primavera non lo sapeva
E le rose tornarono a fiorire
Si riscoprì il piacere di mangiare tutti insieme
Di scrivere lasciando libera l’immaginazione
Di leggere volando con la fantasia
Ci fu chi imparò una nuova lingua
Chi si mise a studiare e chi riprese l’ultimo esame che mancava alla tesi
Chi capì di amare davvero
Separato dalla vita
Chi smise di scendere a patti con l’ignoranza
Chi chiuse l’ufficio e aprì un’osteria
Con solo otto coperti
Chi lasciò la fidanzata per urlare al mondo
L’amore per il suo migliore amico
Ci fu chi diventò dottore per aiutare
Chiunque un domani ne avesse avuto bisogno
Fu l’anno in cui si capì l’importanza della salute
E degli affetti veri
L’anno in cui il mondo sembrò fermarsi
E l’economia andare a picco
Ma la primavera non lo sapeva
E i fiori lasciarono il posto ai frutti
E poi arrivò il giorno della liberazione
Eravamo alla tv
E il primo ministro disse a reti unificate
Che l’emergenza era finita
E che il virus aveva perso
Che gli italiani tutti insieme avevano vinto
E allora uscimmo per strada
Con le lacrime agli occhi
Senza mascherine e guanti
Abbracciando il nostro vicino
Come fosse nostro fratello
E fu allora che arrivò l’estate
Perché la primavera non lo sapeva
Ed aveva continuato ad esserci
Nonostante tutto
Nonostante il virus
Nonostante la paura
Nonostante la morte
Perché la primavera non lo sapeva
Ed insegnò a tutti
La forza della vita.